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Liolidis, il 13° Apostolos

Liolidis, il 13° Apostolos
lunedì 28 luglio 2008, 00:002008
di Germano D'Ambrosio

Apostolos Liolidis. Con un nome così, in Italia, o sei un fenomeno o diventi lo zimbello della tua tifoseria. Inutile dire quale delle due strade abbia imboccato il nostro attaccante, piombato all'Atalanta nel 2002 e finito poi all'Alzano, accompagnando il piccolo club lombardo nella sua discesa verso gli inferi del calcio. Ma entriamo nel dettaglio...

Apostolos Liolidis nasce il 13 agosto 1977 a Salonicco. Dopo un po' di fisiologica gavetta nelle formazioni giovanili, esordisce all'età di 18 anni con la prima squadra dell'Aris Salonicco, stagione 1995/96. Poche presenze, in quell'annata, ma una media gol (relativamente) straordinaria: tre partite, due gol. L'anno dopo - anche a causa di un repulisti generale - Apostolos è addirittura la seconda punta titolare, e così sarà nei cinque anni successivi. Anni caratterizzati, a dir la verità, da ben pochi successi: il club giallonero non va mai oltre il settimo posto in classifica, e nella stagione 1997/98 (non a caso, una delle migliori di Liolidis) è addirittura in serie B. Il ragazzo segna, sì, ma senza raggiungere mai livelli straordinari: chiuderà, alla fine, con 39 gol in 139 partite. Eppure è sempre lì, a guidare da protagonista il reparto offensivo, intoccabile in fase di campagna trasferimenti. Debutta, dopo una militanza piuttosto consistente con l'Under 21, anche in Nazionale maggiore: prima presenza ufficiale e subito primo gol, il 20 agosto 1999, contro El Salvador (3-0 il risultato finale). Insomma, non proprio un fulmine di guerra ma decisamente un buon attaccante, uno che fa il mestiere di punta con dignità. Anni controversi, dicevo, quelli con l'Aris Salonicco: lo spogliatoio, nel corso delle varie stagioni, si riempie di meteore. Il difensore Kostantinos Loumpoutis (ve lo ricordate al Perugia e al Siena?) e il portiere Theofanis Katergiannakis (una comparsata al Cagliari) seguono Apostolos passo dopo passo nella sua militanza, ma il ragazzo si trova a fare i conti anche con Ilija Ivic, che sbarca dal Torino nel gennaio del 2000; pochi mesi dopo arriverà anche Zizi Roberts dal Milan. E chissà cosa devono avergli raccontato della loro esperienza italiana, l'ex granata e l'ex rossonero, dal momento che a partire da quel momento il nostro Apostolos comincia a caldeggiare sempre più l'ipotesi di cambiare aria, magari per approdare in serie A. Del resto, con l'esplosione di Angelos Charisteas, il posto da titolare non è più assicurato. E' l'estate del 2002 quando entra in scena il procuratore iraniano Said Jahjee, che già aveva portato qualche anno prima Traianos Dellas dall'Aris al Perugia (nonché Zisis Vryzas, dal PAOK). Ben inserito negli ambienti italiani, Jahjee riesce nell'affare del secolo: portare sia Loumpoutis che Liolidis nel nostro campionato, in un colpo solo (Katergiannakis li seguirà l'anno successivo). Il primo, fallito un test con il Cagliari, si ritrova al Perugia; il secondo, invece, effettua un provino di qualche giorno proprio con gli umbri, ma viene scartato. Lo prende allora l'Atalanta, peraltro a parametro zero, dato che il giocatore aveva ottenuto lo svincolo dall'Aris (dopo sette anni di fedele militanza). Il greco - il primo nella storia del club bergamasco - firma un contratto di un anno, estendibile per altri due, il 29 giugno 2002. Nelle stesse ore, la dirigenza del club atalantino rinuncia per pochi spiccioli a Junichi Inamoto, il centrocampista giapponese dell'Arsenal che di lì a poco avrebbe fatto le fortune di Fulham e Galatasaray. Una giornata da ricordare, per i tifosi della Dea.

Sempre a caccia di curiosità più che di dati tecnici, i giornalisti italiani "inquadrano" Liolidis per la sua esultanza: l'aeroplanino, come Montella. E giù paragoni. Pochi si soffermano sul fatto che nella sua ultima stagione all'Aris l'attaccante abbia registrato solo 5 marcature in 23 partite. Nella conferenza stampa di presentazione del 4 luglio, il giocatore dichiara: "Non ho rinnovato il contratto con l'Aris perché ho avuto problemi con l'allenatore. Avevo diverse offerte, quando il mio procuratore mi ha proposto l'Italia ho chiamato il mio amico Dellas e anche Vryzas, poi ho accettato. Dell'Atalanta ho visto tante cassette, mi sembra che abbia un'organizzazione di gioco davvero buona". Quattro giorni dopo la squadra nerazzurra, guidata da Giovanni Vavassori - il quale ammette candidamente di non aver mai sentito parlare di Liolidis prima d'allora -, parte per il ritiro di Salice Terme. Insieme ad Apostolos, per l'attacco ci sono a disposizione Gianni Comandini, Fausto Rossini, Inacio Pià e Luca Saudati, che di lì a poco andrà all'Empoli; parte per il ritiro anche un certo Rolando Bianchi, di anni diciannove, un giovane che si farà. Il greco nelle amichevoli prestagionali fa vedere cose discrete, anche se Vavassori ai primi di settembre commenta così la campagna acquisti estiva: "Guardo le altre squadre e vedo che si sono rinforzate tutte. Tranne la mia". Liolidis esordisce in gara ufficiale il 26 settembre 2002, contro la Samp nei sedicesimi di Coppa Italia: gioca una mezz'oretta scarsa, sostituendo Rossini nel secondo tempo. Al ritorno, il 24 ottobre, parte dal primo minuto, ma sfodera una prestazione disastrosa, seppure condita da un assist per il gol di Comandini. Alla fine, la Sampdoria passa agli ottavi e al termine della gara Vavassori sancisce: "Liolidis non è pronto per giocare in Italia". E' una sentenza della cassazione. Da quel momento Apostolos non vedrà mai più il campo, se non per qualche spezzone contro l'Udinese (30 settembre) e contro il Chievo (l'11 novembre), per un totale di 23 minuti. A gennaio l'Atalanta prova a piazzarlo sul mercato, e lo propone alla Salernitana nell'operazione Vignaroli: ma lo scaltro Aliberti chiede ai lombardi Inacio Pià, anziché il greco, come contropartita. Non riuscendo a trovare acquirenti in Italia, nelle ultime ore del mercato il giocatore va ad un passo dalla rescissione del contratto per accasarsi addirittura in Cina, allo Chongqing Li Pen. Si trasferisce in Oriente per una settimana di prova, prima di rompere definitivamente con l'Atalanta: ma una volta giunto tra i "musi gialli", secondo una leggenda in voga tra i giornalisti bergamaschi, si accorge con sgomento che la legge cinese non consente l'installazione di impianti satellitari. Incredulo per la mancanza della pay-tv, il giocatore fa subito ritorno in Italia, dove nel frattempo l'Atalanta ha trovato una vittima sacrificale: è l'Alzano Virescit, nell'ultima sua stagione di serie C1 (nonché di professionismo). La punta greca si trasferisce dunque - in prestito - di pochissimi chilometri, insieme ad alcuni giovani del vivaio orobico. "E' un colpo importante", esulta il presidente dell'Alzano Leonardo Piccinini. In effetti, all'esordio Liolidis regala giocate straordinarie, e addirittura una doppietta (il 9 febbraio, contro il Cesena). L'attaccante sembra divertirsi come un matto in coppia con Massimo De Martin: gioca bene, sforna assist e segna (doppietta contro il Treviso, gol pesanti contro Cittadella e Padova). Ma non basta. L'Alzano a fine stagione retrocede in C2, e poche settimane dopo scompare totalmente dal calcio, a causa di gravi problemi finanziari. Apostolos ha portato certamente gol e fantasia, ma non certo fortuna.

La carriera di Liolidis ricomincia in patria, al Panionios, dove approda nell'estate del 2003, dopo aver lasciato l'Atalanta a parametro zero. Qui però è chiuso dal bomber Mantzios, e allora a gennaio decide per un poco coraggioso ritorno all'Aris Salonicco, dove quantomeno la tifoseria è dalla sua parte. Anche in questo caso, poche presenze e pochi gol; l'anno successivo a causa di un infortunio Apostolos accumula la miseria di 3 presenze. A soli 28 anni, sembra quasi un ex giocatore. La stagione 2005/06 la trascorre con il Niki Volos, piccolo club della Tessaglia che milita in seconda divisione. Seguono tre stagioni con il GS Ilioupoli, in serie C, e per molti è il preludio del canto del cigno. E siamo al presente: qualche giorno fa ha firmato per il Kalamata, club nel quale giocherà nella stagione 2008/09: sempre Terza divisione, e per giunta lontano centinaia di chilometri dalla nativa Salonicco. "L'aeroplanino è precipitato", direbbero i soliti giornalisti italiani. Troppo facile come giochino, ma troppo azzeccato per non impiegarlo per la chiusura di questo impietoso ritratto.