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Brajkovic, un Elvis stonato

Brajkovic, un Elvis stonato
lunedì 17 novembre 2008, 00:012008
di Germano D'Ambrosio

Probabilmente non sarebbe mai riuscito ad impedire la retrocessione di quello sfortunato Verona, ma il goffo Elvis Brajkovic, difensore croato utilizzato anche come centrocampista d'interdizione, ci mise del suo. Un debutto sfavillante contro il Milan, poi soltanto figuracce e tanta panchina. Vatti a fidare di Rino Foschi...

Elvis Brajkovic nasce a Rijeka - o Fiume, che dir si voglia - il 23 giugno 1969, da genitori presumibilmente appassionati di rock'n'roll americano (è l'anno di Suspicius Mind). Inizia a giocare a calcio proprio nel club della sua città, l'NK Rijeka, che lo fa debuttare in prima squadra nella stagione 1991/92, a pochi mesi dall'importante cessione di Matjaz Florijancic alla Cremonese. Il nostro Elvis, poderoso centrale di difesa (1.88 di altezza), parte piuttosto bene e in poco tempo si assicura un posto da titolare garantito. Nel 1994, dopo due anni giocati ad alti livelli, viene chiamato anche in Nazionale da coach Miroslav Blazevic: il suo esordio, datato 20 aprile, coincide con una delle sconfitte più sonore mai rimediate dalla formazione biancorossa, che perde 4-1 contro la modesta Slovacchia, in amichevole. A tuttoggi la Croazia non ha mai buscato quattro gol da nessun'altra compagine. Nell'estate del '94 - dopo aver accumulato 86 presenze e 2 gol con il Rijeka - Elvis decide di misurarsi con un campionato di alto livello, e sceglie la Bundesliga: si accasa precisamente al Monaco 1860, club appena risalito a fatica dalla seconda divisione. Ancora una volta, il difensore toppa all'esordio. Il 18 febbraio 1995 il tecnico Werner Lorant lo manda in campo per la prima volta da titolare in casa contro il Borussia Dortmund, ma i bavaresi vengono travolti per 5-1 dalle furie giallonere. La rosa a disposizione tuttavia è abbastanza risicata, e dunque in assenza di valide alternative il croato non può che essere impiegato con buona continuità. Il Monaco 1860 a fine stagione si salva per il rotto della cuffia, e decide così di rinforzarsi per l'anno successivo; i nuovi acquisti Strogies e Yanyali finiscono per togliere spazio proprio a Brajkovic, il quale tuttavia riesce a collezionare ben 19 presenze in campionato. La difesa - ben protetta dall'altro neo-arrivato Jens Jeremies - subisce comunque pochi gol e permette ai bavaresi di concludere con un ottavo posto di tutto rispetto. Intanto le apparizioni di Elvis in Nazionale proseguono: il 28 febbraio 1996 segna il suo primo gol in occasione dell'amichevole contro la Polonia (2-1), proprio della sua Rijeka, e si ripete circa due mesi dopo - il 10 aprile - contro l'Ungheria (4-1). Resteranno le uniche due marcature (entrambe di testa, peraltro) della sua carriera in Nazionale. E' una Croazia ben allestita, quella del '96, che però non riesce ad andare più in là degli ottavi di finale nel Campionato Europeo estivo; alla spedizione in Inghilterra partecipa anche Brajkovic, che tuttavia non viene mai impiegato. Diverse le facce conosciute, per gli appassionati di calcio italiani, in quella squadra: si va da Mario Stanic a Davor Vugrinec, ma tutti sono oscurati dalla stella di Davor Suker, allora in grande spolvero. Sarà forse per l'aria di casa respirata durante Euro 96, o magari per mancanza di alternative - scaduto il contratto con il Monaco 1860 fallisce un provino con il Manchester City - ma fatto sta che al termine del torneo Elvis decide di tornare in patria, e di nuovo all'NK Rijeka. Vi resta per sei mesi, giusto il tempo di scendere in campo 10 volte in campionato. Dopodiché arriva la grande occasione: l'Italia, e un club dall'illustre passato come l'Hellas Verona. I dirigenti scaligeri si erano già innamorati del giocatore due anni prima, durante il match Italia-Croazia giocato a Palermo: il tecnico Ivic lo aveva schierato in coppia con Jarni, annullando così gli attacchi di Baggio e Casiraghi. Nel gennaio del '97 il presidente Eros Mazzi - confortato dalle buone "recensioni" di Zvonimir Boban - decide di portarlo finalmente a Verona: dopo una breve trattativa con il procuratore Nale Naletilic (padre di Marko, l'agente di Kuzmanovic e Simic), il club veneto riesce ad acquistare il giocatore in prestito con diritto di riscatto. La cifra a cui fissare tale riscatto - deliberano le parti - verrà stabilita in seguito, con calma. Ma l'avventura italiana del giocatore sarà talmente rapida che non ci sarà il tempo materiale per riparlarne.

"Non pensate che sia arrivato un giocatore capace di fare la differenza, perché in giro di questi giocatori oggi ce ne sono pochi". E' schietto come sempre, il presidente Mazzi, nel presentare ufficialmente alla stampa - è il 13 gennaio 1997 - il neo-acquisto Elvis Brajkovic. "Speriamo almeno che sia in grado di aiutare la squadra a uscire dalle sabbie mobili", aggiunge, riferendosi alla pericolosa situazione di classifica degli scaligeri. Ma il ds Rino Foschi intanto gongola, credendo in cuor suo di aver compiuto un autentico colpo di mercato senza sborsare una lira. Tatticamente intelligente, tecnicamente valido, determinato e grintoso, dotato di grande esperienza: così viene tratteggiato il profilo del giocatore ai tifosi, i quali infatti corrono ad accaparrarsi la sua maglia numero 32. Del resto Naletilic non è certo l'ultimo dei procuratori: ha appena portato Mario Stanic al Parma, e in Emilia il croato sta facendo faville. "Giocare in Italia è il massimo, e non fa nulla se il Verona è in coda - spiega lo stesso Brajkovic, in un italiano sorprendentemente buono -. A Fiume si vede la tv italiana, e ho seguito con interesse questa squadra. E' in progresso, speriamo bene. La mia dote migliore? Certamente di testa mi faccio rispettare...". Il tecnico Gigi Cagni, alle prese con una difesa che fa acqua da tutte le parti (31 reti subite nel girone d'andata, nonostante il giovane e bravo Guardalben), commenta: "Quello di Brajkovic è un investimento che la società ha fatto anche per il futuro, ma adesso dovrà rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro". Del resto il giocatore non scende in campo in gara ufficiale dal 18 dicembre: "Da allora mi sono allenato per conto mio - spiega lui -, e ho bisogno di un po' di tempo per tornare al meglio". Cagni gli concede due settimane di assestamento, dopodiché lo fa partire addirittura da titolare contro il Milan di Sacchi, il 26 gennaio. "Mi rendo conto che tutti s'aspettano da me una prestazione di rilievo ma questo non mi preoccupa - confida Elvis alla vigilia del big-match -. So che cosa posso dare e cosa devo fare per rendermi utile. L'essere della partita contro un avversario tra i più titolati del mondo, in un momento delicatissimo per il Verona, mi stimolerà al massimo. Non ho la presunzione di essere in grado di risolvere tutti i problemi della squadra, ma son convinto di poter offrire un concreto contributo". E infatti, contrariamente ai precedenti episodi della sua carriera, il croato non stecca all'esordio ma anzi gioca benissimo. Il Verona riesce nell'impresa di battere il Milan per 3-1; schierato come libero, Elvis è un muro davanti al quale Baggio e Dugarry non possono che arrendersi. Lo stesso Cagni è incredulo, tanto da dichiarare il giorno dopo: "Brajkovic ha giocato bene facilitato dalla prestazione dei suoi compagni. E' vero che mi ha fatto subito una bella impressione per la serenità con cui ha esordito. Bisogna vedere se è una sua dote o se era incoscienza...". I tifosi del Verona cominciano a credere nell'obiettivo salvezza e nelle doti di questo gigantesco nuovo difensore, che però tradisce subito le loro aspettative appena sette giorni dopo. Contro il Bologna gli scaligeri perdono 6-1, con il croato che non riesce minimamente a contenere Kenneth Anderson: il destino della goleada subita all'esordio, insomma, era solo rinviato di una settimana. Cagni insiste ancora su di lui contro Fiorentina, Cagliari e Reggiana, ma senza cavarne fuori nulla: contro i sardi si fa saltare ripetutamente e con estrema facilità da Dario Silva. Da marzo in poi, il croato deve accontentarsi della panchina o di qualche minuscolo spezzone di gara. Non che il Verona ne guadagni in quanto a risultati, anzi: quando Brajkovic ritorna in campo - il 25 maggio all'Olimpico contro la Lazio - i veneti sono già aritmeticamente retrocessi in B. Lui, con un incredibile svarione al quarto minuto che consente a Rambaudi di segnare indisturbato, fa comunque intendere che un suo impiego più massiccio avrebbe soltanto affrettato il verdetto. Chiude in bellezza, giocando una buona gara contro il Parma nell'ultimo e inutile incontro della stagione, tanto che a detta di alcuni il club emiliano inizia anche a pensare a lui in chiave mercato. Ma in realtà, in mezzo al clima di contestazione generale, Elvis se la svigna alla chetichella dall'Italia e torna in Croazia, firmando per l'Hajduk Spalato. Altro che progetto a lungo termine...

Accantonato definitivamente il feeling con la Nazionale croata, Brajkovic si butta a capofitto nell'avventura con l'Hajduk, dove gioca al fianco di un giovanissimo Igor Tudor. In due stagioni da titolare (34 presenze e 3 gol) rimane però a secco di trofei, e così decide di accettare la sostanziosa offerta da parte dei messicani del Santos Laguna, nell'estate del 1999. Pur senza conoscere una parola di spagnolo, il difensore diventa subito uno dei leader della squadra; l'anno successivo resta in Messico ma si trasferisce all'Atlante di Cancun, allenato dal connazionale Zlatko Petricevic, dove le cose vanno addirittura meglio. Ingolosito dall'ottimo stato di forma, nel 2000 decide di provare anche una suggestiva esperienza in Israele, con il modesto ma ambizioso Hapoel Petah Tikva. Poi, a 32 anni suonati, pensa sia meglio riporre il passaporto in un cassetto: torna all'NK Rijeka, e inizia il graduale distacco dal calcio giocato. L'anno successivo trova un modesto ingaggio con il Pomorac, club che fa capo ad un sobborgo di Rijeka, appena promosso in serie A per la prima volta nella sua storia. Ma i ritmi della massima serie iniziano a diventare troppo frenetici per lui: scende allora il terza divisione per giocare prima con il Velebit Benkovac, poi con il Sibenik, e infine con il Primorac Biograd. Qui Elvis milita tuttora, ricoprendo anche il ruolo di direttore sportivo del club. Nonostante i 39 anni regge ancora discretamente il ritmo dei novanta minuti, anche se questa potrebbe essere davvero la sua ultima stagione. "Guardando la mia carriera, posso ritenermi decisamente soddisfatto - ha affermato di recente in un'intervista -. Ho fatto parte di molte buone squadre, peccato solo di non aver avuto maggiori opportunità nel periodo in cui ero al top della forma, cioè tra il '94 e il '96". E di fronte a tanto sorridere, nell'analizzare una carriera priva di trofei e avara di soddisfazioni nel grande calcio, torna in mente il dubbio di Cagni: serenità o incoscienza?