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Il mio "grazie" a questa Juve. Milan, pochi nomi per il dopo Inzaghi; auguri Pippo. Garrone e Facchetti jr. due inviti per voi

Il mio "grazie" a questa Juve. Milan, pochi nomi per il dopo Inzaghi; auguri Pippo. Garrone e Facchetti jr. due inviti per voi
venerdì 12 novembre 2010, 00:002010
di Luciano Moggi
Nato a Monticiano il 10 luglio 1937, è stato dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus. Nel suo palmares ci sono: 8 scudetti, 1 Champions League, 1 Coppa Uefa, 1 Coppa Intercontinentale, 2 Coppa Italia e 5 Supercoppe.

Questa volta, nel mio consueto appuntamento su Tuttomercatoweb, non posso che partire con i ringraziamenti più sentiti, alle parole che la Juventus, per bocca del suo avvocato Zaccone, ha deciso di spendere nei miei confronti e in quelli di Giraudo, ritirando la querela che ci fu contestata nel pieno della gogna mediatica alla quale fummo sottoposti. "I timori che vi fossero state irregolarità si sono dimostrati infondati". Sono felice che sia stata fatta finalmente luce sul nostro operato. E' la dimostrazione di quanto fosse forte quella Juve e di come lavorava un gruppo di Dirigenti che dalle 8 alle 22 era in sede a Torino.
Detto questo, vorrei scrivere e parlare di calcio. Quello che, da sempre, preferisco fare.
Sono di solito le emozioni della Champions League a fomentare gli entusiasmi degli appassionati di calcio nelle notti magiche dei mercoledì, tuttavia è innegabile come l'ultimo turno infrasettimanale di campionato sia stato tutt'altro che monotono, assolutamente fuori dalla linea di noia e prevedibilità che i nostri ultimi tornei avevano invece solcato. A destare scalpore, non è però stato un cambio al vertice atteso ed inevitabile, al quale ci dedicheremo più avanti; quanto piuttosto la conferma delle difficoltà quasi insormontabili, che stanno letteralmente affossando una squadra che fino a pochi mesi fa non faceva che spadroneggiare in lungo e in largo tanto in Italia quanto in Europa. È scontato il riferimento all'Inter, o almeno a quanto ancora rimane della corazzata del triplete. Al di là delle frizioni che vanno oltre il piano strettamente tecnico, da puro appassionato di calcio non posso che rimanere sconcertato dallo scempio che i vertici dirigenziali nerazzurri sono riusciti a fare di una macchina, a tratti, perfetta come quella assemblata da Mourinho dodici mesi fa. Il problema, a mio personalissimo parere, è alla base; e porta il nome spagnoleggiante e le sembianze paffute di Rafa Benitez. Inadeguato il suo modo di porsi: pacioso e rilassato, totalmente in contrapposizione con l'ambiente frenetico che ha sempre contraddistinto la realtà nerazzurra. A ciò va aggiunta una preparazione a livello tattico e professionale, tutta da dimostrare. Sono troppi, infatti, gli anni in cui il mister spagnolo è riuscito a vivere di rendita su una Champions League conquistata più con un inatteso colpo di fortuna, che con delle solide basi di preparazione alle spalle. Alzi la mano chi, pensando all'epica finale di Istanbul, la identifica più con un capolavoro tattico di Benitez che con un vero e proprio suicidio di massa rossonero, generato dall'assurda sicurezza di avere già l'Europa in mano. I milioni di euro fatti sperperare nei suoi sei anni di gestione alla ex dirigenza dei Reds, non fa che infliggere il colpo di grazia ad un quadro generale già di per sé tutt'altro che idilliaco. Ho avuto modo di espormi negli ultimi giorni, ricordando come la mia scelta sarebbe ricaduta su Fabio Capello. In molti hanno controbattuto con l'impossibilità del tecnico di lasciare il suo incarico con l'F.A. Eventualità tutta da confermare, ma che in ogni caso avrebbe spinto la mia scelta verso altri profili, diversi rispetto a quello di Benitez. Arsene Wenger, che in estate rischiò la rottura con l'Arsenal, avrebbe rappresentato una soluzione ottimale. Discorso totalmente diverso, è quello riguardante il Milan. I rossoneri, come leggete in questo nostro spazio almeno da qualche mese, hanno conquistato una vetta che ritengo abbiano la possibilità di mantenere per parecchio tempo ancora. Allegri sembra aver finalmente capito l'assoluta necessità della sua squadra di dipendere da Ibrahimovic, ed il gioco milanista, assolutamente "Zlatancentrico" nelle ultime settimane, ne sta traendo gli inevitabili benefici del caso. Mi è anche piaciuta molto la gestione che il tecnico milanista ha riservato alle spiegazioni delle continue panchine di Ronaldinho.

Il brasiliano non è apparso tra i titolari, e Allegri ,spiegandolo, non si è nascosto dietro paraventi di comodo, ha parlato chiaramente di scelte tecniche. Una prova di coraggio e di chiarezza su un giocatore di grandissimo talento, ma anche di difficile collocazione, tasto che abbiamo toccato tante volte discutendo di compattezza di squadra e di equilibrio tattico. Certo, gli infortuni sono una piaga che sta mietendo vittime anche dalle parti di Milanello, tuttavia le avversarie dirette stanno decisamente peggio, e le annate giuste, sono tali anche e soprattutto per questo. Voglio fare gli auguri di buona guarigione al mio vecchio attaccante, Pippo Inzaghi. Una tegola che non ci voleva ma credetemi, conoscendo Inzaghi, sono sicuro, che grazie alla sua qualità di vita, tornerà ancora una volta. Nomi per sostituirlo non ce ne sono. Se prendi un attaccante di prospettiva non è per sostituire Pippo ma per investire; se cerchi uno che non faccia rimpiangere Inzaghi non lo trovi: quindi, inutile perdere tempo. Rossoneri assolutamente confermati come miei favoriti per la corsa alla vittoria del titolo nazionale, anche se fossi in loro, presterei attenzione alla rincorsa della Roma. I giallorossi hanno preso fiducia dopo la vittoria del derby, e sono destinati ad affrontare un momento positivo che penso possa protrarsi fino al punto di incoronarli come prima rivale del Milan. Anche più di quanto possa esserlo l'Inter. Chi invece rischia di non rientrare nemmeno per sbaglio in questa corsa, è la Juventus. Il pari di Brescia non è piaciuto a Delneri, le cui difficoltà nel decidere gli undici da mandare in campo assomigliano in maniera sempre più inquietante, a problemi di quadratura del cerchio dovuti alla penuria oppressiva di uomini disponibili. C'è qualcosa da ritoccare, ed il mercato di gennaio potrebbe rappresentare la migliore delle possibilità: almeno due acquisti sono più indispensabili che consigliabili. Non posso, poi, evitare una risposta al presidente della Sampdoria, Riccardo Garrone, che si è dilettato nel rispolverare l'ormai obsoleto termine Moggiopoli per definire lo scandalo di quattro anni fa. Sarò malizioso, ma come diceva qualcuno, il pensiero sorge spontaneo: "Vuoi vedere che aveva ragione Cassano?".
Ne avrei fatto volentieri a meno, perché di certo comprendo l'amore di un figlio per il proprio padre, tuttavia mi sorprende che alcune verità proprio non gli vengano in mente. Rispondendo alla "Stampa" sui rapporti tra lui e Moratti, assente alla consegna del premio intitolato alla memoria del padre, Gianfelice Facchetti ha fatto riferimento al "gioco" (lui lo chiama "sporco") che di recente avrebbe preso piede "per manomettere la memoria di Giacinto Facchetti, con ogni mezzo, a volte con la complicità degli organi di informazione". Intanto mi fa specie quella "complicità degli organi di informazione" , che non vedo per niente, ma il punto è un altro. Un conto è il rispetto della memoria, tutt'altro conto è la ricerca della verità. Se essa è tale che quella memoria non può non essere richiamata, non se ne può fare a meno. E allora inviterei Facchetti jr ad ascoltare con animo sgombro da pregiudizi, le telefonate che il padre faceva, e che ora sono agli atti del processo. La verità è sotto gli occhi di tutti. A meno che Gianfelice Facchetti non ci voglia dire che, per continuare a onorare la memoria, quella verità che sta emergendo, debba essere occultata.