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Che bello il calcio, peccato...Carlo Tavecchio, il passionario nerazzurro. Che ruolo ebbe la politica nell'estate 2006?

Che bello il calcio, peccato...Carlo Tavecchio, il passionario nerazzurro. Che ruolo ebbe la politica nell'estate 2006?TUTTO mercato WEB
sabato 9 luglio 2011, 00:002011
di Mauro Suma
Nato a Milano il 10 Maggio 1965; Giornalista Professionista dal 1994. Dopo le esperienze professionali di carta stampata (La Notte e Il Giorno) e televisive (Telelombardia, Telenova, Eurosport), dirige Milan Channel dal 16 Dicembre 1999.

E' bello e confortante continuare a leggere, soprattutto adesso, in estate, ma in fondo come ogni mese, il calcio su questo Sito. Il mercato, i sogni dell'estate, i colpi, i brividi, il futuro. Le sfumature delle varie trattative seguite e scolpite in maniera capillare, intensa, appassionata. Che bello. E che rimpianto. Un rimpianto che cresce e che non si smorza. Già: sarà ancora calcio dopo il 18 Luglio? Se quello Scudetto continuasse a non essere tricolore e rimanesse invece quelle tre righe di quel comunicato stampa di fine Luglio 2006, a molti, moltissimi, tifosi non verrà voglia di dire al calcio e al Club più leguleio e cavilloso del mondo, beh adesso giocate voi? Da soli, prego, accomodatevi. Non passa notte senza che ai tifosi di Fiorentina, Lazio, Milan e Reggina tornino alla mente gli incubi di quell'estate in cui hanno rischiato di vedere le proprie squadre spazzate via dalla tumultuosa geografia del calcio e delle emozioni. Ed è proprio in queste notti che scorrono davanti agli occhi parole assenti quell'estate, misteriosamente e dannatamente assenti: "L'Inter adesso ha poco da insegnare a chiunque. La vera pietra dello scandalo è questa. L'Inter era come le altre. Meno della Juve di Moggi, ma come molte altre". Firmato, Mario Sconcerti, Corriere della Sera, Milano, Italia, Martedì 5 Luglio 2011.
Non so se Mario Sconcerti, scrivendo da Milano, la città di proprietà di Moratti, abbia l'obbligo morale di scrivere da amico dell'Inter. Non so se fa parte anche lui di quella gente lì. Quella gente lì, Stefano Palazzi, magistrato, procuratore federale della Figc, una istituzione del nostro calcio. Una istituzione da rispettare, se si vuole continuare ad avere come punto di riferimento una casa comune del calcio e non si ha invece come obiettivo quello di continuare a dettare legge da soli. E a giocare da soli. Come era bravo, bello, buono, giusto e intelligente Palazzi nel 2006. Dopo il suo impianto accusatorio contro le altre squadre, spuntarono le spille: "Io sono interista". Dopo le sue richieste di pena, la C per la Juventus e la B per il Milan, il buon Marco Materazzi volle andare in Gazzetta, in via Solferino, nel centro di Milano, dove i milanesi perbene vanno a Messa e tifano l'Inter, a farsi fotografare proprio di fronte alla prima pagina della rosea del 4 Luglio 2006 che le riportava a caratteri cubitali in prima pagina.

Cinque anni dopo, Palazzi è passato di moda. Le sue linee di diritto non fanno più testo. Palazzi non ha niente a che vedere con la verità, sostiene delle tesi ma mica decide lui. Palazzi? Ma chi è Palazzi? E' più o meno quello che sostiene il Consigliere federista più federista di tutti. Carlo Tavecchio, bonario slang lombardo, milanese (provincia o centro? Massì per lui fa lo stesso), Vice-presidente federale, quello per cui purtroppo o per fortuna il Milan cinque anni fa è stato condannato, quello che adesso nessuno si permetta di giudicare l'Inter senza contradditorio. Senza contradditorio?! Ma lo sa il Vicepresidente federista, un pasionario vero, che la altrettanto vera punizione, in questi cinque anni, per la Juventus, più dei due Scudetti revocati, più della retrocessione in Serie B, più dei 17 punti di penalizzazione, la vera punizione è stata quello Scudetto all'Inter?! Se non lo sa, lo sappia. E sappia anche che quella gravissima, tremenda, umiliante, punizione accessoria non l'ha decisa né il Procuratore Federale (il giudice istruttore del calcio), né la Caf (Commissione d'appello Federale, primo grado di giudizio), né la CF (Corte Federale, ultimo grado di giudizio del calcio, dopo il quale c'è solo la Camera Arbitrale del Coni), ma un Commissario straordinario con un comunicato stampa. E sappia anche che uniformare lo Scudetto 2006 a quello 2005, rendendolo vacante, non sarà mai una punizione per l'Inter, sarà solo e sempre un premio in meno per un Club che quell'estate doveva essere sotto processo per responsabilità oggettiva e diretta, per articolo 1 e 6 per il Presidente e per articolo 1 per il Proprietario. Scrive Sconcerti: "Facchetti è troppo onesto per fare quello che cerca cose. Ma lo fa. L'errore di questa storia è che si è cercato di mettere Facchetti sulla stessa linea di Moggi". Vero, Giacinto, il grande Giacinto (era un innamorato in maniera soave della sua squadra, e io sono fra quelli innamorati di lui e dei suoi derby, di Corso, di Suarez, di Anquilletti, di Rosato, di Lodetti), non aveva né la penetrazione, né l'efficacia di altri sistemi. Ma la giustizia sportiva, che non amo, è la giustizia sportiva. Non ammette legittima difesa e ti pedina parola per parola quando parli con un tesserato Aia. Tu parli per non subire danni, per evitare ingiustizie alla tua squadra, per non venire colpito sotto la cintura. Tutto nobilissimo, ma parli. E la giustizia sportiva te lo contesta a chiare lettere, come è accaduto agli altri. E sia chiaro, nessuno in questi giorni ha parlato male di Facchetti. Nessuno. Non ci sono scorciatoie alla memoria, è finito il tempo della propaganda e degli scudi protettivi, non è possibile non fare i conti con il contenuti e con il merito della istruttoria del Procuratore Federale Palazzi.

Che giorni, questi giorni. Resteranno per sempre nella memoria collettiva: 1) l'editoriale di Andrea Monti, direttore della Gazzetta dello Sport: "Dopo la durissima relazione del procuratore Palazzi, il titolo del 2006 è di fatto revocato dalla storia"; 2) il comunicato del Comitato di redazione della Gazzetta dello Sport: "Chiediamo alla Federcalcio che il tesserato Massimo Moratti venga richiamato ai suoi doveri di lealtà sportiva e alla Federazione Nazionale della Stampa che sia difesa la libertà di espressione". 3) l'editoriale di Alessandro Vocalelli, direttore del Corriere dello Sport: "Viene da chiedersi, sempre di più, come mai di quelle telefonate non vi fu traccia nel 2006?".
Ecco. Gli inquirenti che, oggi, nel 2011, ricoprono importanti incarichi politici e che nel 2006 decisero di non sentire e di non vedere le telefonate dell'Inter preferendo mandare invece quelle del Milan sotto la lente d'ingrandimento del dottor Francesco Saverio Borrelli, non ritengono di dare qualche spiegazione? Anche il pm Narducci che nel 2006 fece dire al suo procuratore capo Lepore che il Milan era un grumo di potere e che cinque anni dopo parla semplicemente di Milan parte lesa, non ha niente da dire? La politica dei partiti ha orientato quattro anni di calcio, mandando da una parte le intercettazioni politicamente scorrette e dall'altra gli Scudetti dal 2007 al 2010? Perché è ovvio ed evidente che chi quell'estate aveva la mente e le scrivanie liberi dalle carte dei processi, ha potuto accumulare un vantaggio, una rendita di posizione, che negli anni ha sortito risultati molto importanti.