Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendari
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliariempolifiorentinafrosinonegenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliromasalernitanasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenalatinalivornonocerinapalermoparmaperugiapescarapordenonepotenzaregginasampdoriaternanaturrisvenezia
Altri canali serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta

Quarantacinque volte Baggio, l'essenza del calcio

Quarantacinque volte Baggio, l'essenza del calcioTUTTO mercato WEB
© foto di Andrea Pasquinucci
sabato 18 febbraio 2012, 00:502012
di Alessio Alaimo

Dribbling, gol e quel savoir faire sul terreno di gioco che univa tutti. Indipendentemente dalla fede, dall'amore per la propria squadra. Roberto Baggio era unico anche perché riusciva ad unire tutti. Interisti, milanisti o juventini. Quando giocava la squadra del Codino, gli occhi erano tutti per lui. Gli applausi pure. La partita passava sempre in secondo piano.

Ha smesso di giocare da otto anni. Ma le sue magie sono ancora negli occhi di tutti. L'Italia, il calcio, non ha ancora trovato il nuovo Baggio. Il calciatore in grado di far innamorare, gioire, applaudire tutti. Quel pomeriggio del 16 maggio 2004 sa ancora di coltellata al cuore di tanti tifosi. Tifosi di calcio, non dell'Inter o del Milan.

Quel pomeriggio di primavera Roberto Baggio dava l'addio al calcio, tra le sue lacrime e uno stadio intero, San Siro, pronto a tributargli un applauso grande quanto le sue prodezze che hanno fatto sognare l'Italia intera. Il rapporto controverso con gli allenatori, troppo presi dal proprio io per accettare la grandezza di un uomo, un calciatore, che con la sua semplicità rendeva unico il clima attorno ad ogni partita che lo vedeva protagonista, gli hanno fatto raccogliere meno di quanto meritasse realmente. Al punto che per tornare a divertire e divertirsi, il numero dieci per eccellenza, ha dovuto concludere la propria carriera in provincia. Dall'unico allenatore che non ha mai sofferto la presenza del campione. Quel Carlo Mazzone a cui Gino Corioni, presidente del Brescia, nel 2000 decise di regalare un talento con doti magiche. La trattativa, condotta dal numero uno delle Rondinelle e da Gianluca Nani, insieme al manager Vittorio Petrone, durò ben quattro giorni. L'ex ds del Brescia e l'agente del Codino non uscirono da casa finché non trovarono un accordo. La fumata fu bianca e il Pallone d'Oro del '93 diventò una rondinella. L'Italia poté godersi Baggio ancora per quattro anni. Poi l'addio, perché tutto finisce. L'età avanza anche per chi rende tutto magico. Per chi è l'essenza del calcio ed è messo sopra ogni cosa attinente allo sport. Un po' come Maradona per napoletani ed argentini. E poco importa se nel 1994 sbagliò il rigore alla finale dei Mondiali. L'Italia intera lo perdonò un minuto dopo. Perché Baggio è Baggio. In barba ai pensieri dei vari Sacchi e Lippi, che probabilmente, il Divin Codino, non lo hanno mai visto davvero di buon occhio.

Oggi Roberto Baggio spegne quarantacinque candeline. Dopo un periodo in cui ha voluto estraniarsi dal calcio, ha preso in mano il settore tecnico di Coverciano. Anche se in futuro, il suo posto, probabilmente sarà su una panchina. Il presidente dell'Inter, Massimo Moratti è sempre suggestionato dal Codino. Un giorno la suggestione potrebbe diventare realtà. Intanto è giusto augurare buon compleanno a chi ha reso magici oltre vent'anni di calcio.
Come recita una nota canzone, da quando Baggio non gioca più non è più domenica. Vederlo in panchina riaccenderebbe quella luce che s'è spenta in tanti tifosi quel pomeriggio di maggio 2004. Al di là della bandiera.