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Bengtsson, "Trainspotting" a San Siro

Bengtsson, "Trainspotting" a San Siro
lunedì 28 gennaio 2008, 00:002008
di Alessio Calfapietra

"L'Internazionale comunica di aver definito l'acquisto dall'Orebro FK di Martin Bengtsson, svedese, classe 1986, nazionale under 18, centrocampista centrale con caratteristiche da regista, uno dei talenti emergenti del calcio dell'Europa del nord". Esattamente quattro anni fa, l'Inter magnificava l'ingaggio di un giovane che per giunta aveva strappato agli appetiti di altri importanti club europei. Capita molto di rado che una squadra definisca apertamente un proprio acquisto con termini così trionfalistici. Di solito vengono usate frasi asettiche: soggetto, verbo e complemento oggetto, accompagnati dai rituali sorrisi alle telecamere e qualche numero. Ma in casi eccezionali l'incontinenza verbale è ben accetta, del resto a Milano stava per arrivare un grandissimo prospetto che avrebbe arricchito la primavera di Bernazzani e ben presto la prima squadra. Martin sapeva bene a cosa andava incontro: "Ho visto tantissime gare di serie A in televisione. So quasi tutto del vostro calcio e, naturalmente, anche dell'Inter". Perfetto. Sapeva quasi tutto ed in più era un fenomeno. Un fenomeno anche di duttilità: "Sono un centrocampista centrale, ma posso giocare anche sul centro destra o sul centro sinistra". L'Inter non aveva sbagliato a predisporre incensi e peana, visto che il suo nuovo talento all'esordio contro l'Udinese "ha subito messo in evidenza una notevole tecnica di base e una buona visione di gioco". Da parte sua, il buon Martin dimostrava l'umiltà tipica dei campioni: "Il ruolo? A me va bene dappertutto". La prima gara al Viareggio, poi, si apre con un goal di Bengtsson che "dimostra ancora una volta il suo talento depositando in rete con il piatto destro una corta respinta della difesa su traversone basso di Eliakwu". Lo svedese propizia inoltre la rete del 3-0 con un azione da "applausi a scena aperta".

Un trionfo: se la gara contro l'Udinese era terminata con cinque reti di scarto, quella contro il New York United addirittura con otto. Tutto grazie a Bengtsson, il marziano con la maglia nerazzurra che dai fiordi scandinavi aveva scrutato con attenzione l'intero panorama del calcio italiano, ma che iniziava a mostrare già da allora qualche limite fisico, perché dopo oltre un mese dal suo arrivo risultava costretto a giocare sempre qualche manciata di minuti, per un totale di cinque presenze in campionato ed un paio nella Coppa Carnevale. Anche se l'Inter primavera macina risultati e goal (119 al termine della stagione), i riferimenti a Bengtsson si fanno sempre più sfumati sino a scomparire del tutto. A dire il vero, è lo stesso Bengtsson a sparire dai tabellini per un paio di mesi, salvo ritrovarsi in campo, sempre per metà gara, nell'ultima partita del torneo regolamentare, vinta ovviamente 5-1. A spulciare meticolosamente gli archivi, Bengtsson viene nominato in data otto maggio unicamente in quanto "non al massimo" della forma fisica. Perché l'emulo di Gren, Nordahl e Liedholm è scomparso dalle statistiche? Bengtsson figura nella rosa della primavera dell'anno seguente, almeno sino al mese di settembre. E poi? Il raggio di luna che aveva illuminato il Duomo si spegne misteriosamente e nessuno ha la minima idea di dove sia finito. Fino a quando Bengtsson si rifà vivo nel 2007, ma non con una giocata nella sua nuova squadra, un lampo, un ruolino prorompente. Bensì con un libro, "Nell'ombra di San Siro", dove Martin racconta la sua esperienza da incubo nella città meneghina: droga, alcohol, sesso e un tentativo di suicidio tagliandosi le vene in doccia e susseguente ricovero in una clinica psichiatrica. Non potendo sentire la versione interista, prendiamo tali affermazioni con beneficio d'inventario e rispettiamo in ogni caso il dramma di un ragazzo che vuole avvertire i giovani colleghi dai rischi che possono correre. La reprimenda che Bengtsson indirizza al suo ex mondo è terribile: "Non voglio aver più nulla a che fare con il calcio, è un capitolo chiuso della mia vita: non lo guarderò mai più, neanche in tv". Infatti Martin è passato dai riflettori dei campi di calcio a quelli al neon degli studi televisivi: ora fa tutt'altro mestiere alla Titan Television e, ne siamo certi, sente la stessa nostalgia per il calcio di quella che proviamo noi per le sue doti con il pallone.