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...con Imborgia

...con Imborgia TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
giovedì 19 marzo 2015, 00:002015
di Alessio Alaimo
"Parma, fatte spese che non si potevano. Leonardi e Ghirardi avevano azzerato i ruoli, comandava tutto l'ad. Varese, come se non ci fossi stato: tutta la verità sul mio addio..."

Antonino Imborgia è uno che non le manda mai a dire. Sincero, schietto, come lo vedi. Ex responsabile del mercato del Parma e anche ex vice presidente del Varese, da dove è andato via troppo presto per lasciare il segno. Imborgia parla per la prima volta del suo addio al Varese e lo fa in esclusiva per TuttoMercatoWeb.

Intanto a Parma continua il caos: è stato arrestato Manenti.
"L'arresto di Manenti non riguarda gli aspetti del campionato. La situazione del Parma e questi avvenimenti devono servire per un cambiamento. È capitato al Parma, ma potrebbe capitare anche da un'altra parte. Bisogna cambiare le norme, trovare una normativa che consenta ulteriori controlli, perché a nessuno è vietato di regalare le proprie azioni o di fare un'operazione ad un euro. Ghirardi poteva fare il presidente del Parma, il fatto che all'epoca lo abbia preso vuol dire che poteva farlo. Il Parma in quel momento era attenzionato in modo importante. Ma una norma che vieta a Manenti o a chi per lui di comprare una società ad un euro non esiste. Il problema è a monte".

Cioè?
"Mi dispiace dirlo, ma ci sono troppe squadre, tanti giocatori. Il problema non è Manenti, ma che non è inserito nei i controlli fatti dalla Federazione una norma che impedisca a Manenti o chi per lui di comprare il Parma. Come non c'entrava niente Taci: da dieci anni sento dire che compra un squadra, poi non la compra. Ci sarà un motivo per cui questi accordi che fa non vengono rispettati? Su Manenti mi sono fatto un'idea".

Cioè?
"È un mitomane che pur di farsi riprendere in tv è arrivato a questo. Ma mi sembra che sia in buona compagnia. Se una società come il Parma cambia cinque presidenti in pochi mesi qualcosa non va. E quel qualcosa, approfittiamone, cambiamolo. E sono sicuro che lo cambieranno. Peccato che sia capitato al Parma".

Ma perché è stato permesso di tesserare duecento calciatori?
"Anche qui non ci sono normative che vietano il numero di tesseramento di giocatori. In Italia c'è la norma sulla limitazione degli extracomunitari che in Italia è stata superata abbondantemente, non abbiamo invece una norma sui calciatori di formazione italiana e neppure una che limita il numero di tesserati. In un'altro posto se la Lega di competenza vede che una società mette sotto contratto oltre duecento calciatori chiede il motivo, ti controlla. Però c'è la limitazione sugli extracomunitari...".

Lei, dall'interno, come l'ha vissuta?
"Sono stato dentro al Parma fino al 21 dicembre 2013. Questa cosa l'ho vissuta, ma i ruoli erano stati azzerati. Qualcuno di quei duecento calciatori l'ho preso anche io: per esempio Vicente, perché c'era un'idea di fare una squadra forte al Nova Gorica. Ho preso anche Misuraca, Favalli dalla Cremonese in un cambio con Brighenti, ma altri non ne ricordo. Ho vissuto questa situazone con sorpresa, ma quando uno fa quello che faccio io e c'è un capo, se il capo decide una strategia la segui. Ma sono andato via quando non c'era un confronto sulle strategie, le strategie le faceva il capo - che era Leonardi - e gli altri dovevano adeguarsi. Leonardi decideva tutto: l'aspetto sportivo, quello gestionale, le trasferte, le magliette, l'albergo".

Leonardi intanto s'è dimesso. Sembra quasi che sia scappato.
"Il Pietro Leonardi che ho conosciuto, quello di Savoia, della Juve, dell'Empoli e dell'Udinese, è un altro. Una persona diversa. Con quel Pietro Leonardi vivevo un rapporto di stima reciproca e l'ho ritrovato così anche nel 2011 a Parma. Poi - non conosco i motivi, non sta a me dirlo - nella stagione 2012/2013 ci sono stati dei cambiamenti: modi diversi di gestire, di approcciarsi. Non so però i motivi, non li conosco e non mi sento neanche di cercare di capirli. Era cambiato, ma era cambiato anche il presidente. Era cambiato il Parma".

Cioè?
"Tante cose che facevamo secondo me non potevano essere fatte: l'aria dedicata alla fisioterapia rifatta, gli spogliatoi cambiati, la foresteria per il settore giovanile, un pallone per la copertura del campo sintetico quando nevicava... Se una cosa non si può fare, dici che non si può e basta. Lo staff chiedeva, cercava un miglioramento della struttura, non è mica colpa di Donadoni bensì di chi approvava tutto. Se non si poteva fare, bastava dirlo. Se glielo avessero detto, lo staff avrebbe capito. Ma per esempio perché prendere un charter per andare a Udine? Per fare certe cose devi avere i soldi, altrimenti dì che non puoi. Alla luce degli avvenimenti, ho trovato qualcosa di anomalo. Su quel tipo di gestione non ero d'accordo. Se fatturi quarantamilioni non puoi spenderne di più, non funziona così".

Perché lei ha lasciato il Parma?
"Perché avevano azzerato tutti ruoli, non ero d'accordo con determinate scelte. Il Parma non ha l'obbligo di battere l'Inter, il Milan e la Juve o di andare in Europa League. Ci puoi anche arrivare a fare queste cose, ma bisogna capire il modo. Non condividevo queste cose, quando ho capito che i ruoli erano stati azzerati: niente scouting (da quattro-cinque, si è arrivati ad una sola persona), il settore giovanile veniva fatto benissimo ma per le potenzialità doveva essere fatto in maniera importante. E gli stipendi ai calciatori... i giocatori del Parma sono tutti forti, con una carriera importante alle spalle. Ma quando un giocatore raggiunge uno step importante deve andare via. Se il Biabiany o Paletta di turno raggiunge un livello, deve essere venduto. E non è stato fatto. Al di là delle strategie, come detto, erano stati azzerati i ruoli e tutto quello che dicevi non era tenuto in considerazione. Le cose venivano decise e poi comunicate, non ricordo in tre anni una riunione con lo scouting. Mai fatta. Non ricordo una riunione - anzi forse una il primo anno - con il settore giovanile. Non ricordo una riunione dove lo staff della prima squadra si confrontava con il settore giovanile per valutare i calciatori per la stagione seguente. Tutte cose che devono essere fatte. Sono andato via perché nessuno di tutte le persone al fianco di Leonardi veniva considerato. Arrivava il presidente, loro due si chiudevano e decidevano, qualche volta con Donadoni. Da quelle riunioni tra Leonardi e il presidente o Leonardi e Donadoni venivano fuori le stragie, che poi comunicavano. Questo non è il mio modo di lavorare. E io nel mio piccolo, tra i miei successi ed insuccessi, ho sempre cercato di valorizzare le persone che avevo vicino a me".

Dopo Parma è andato al Varese. E poteva andare al Padova prima del fallimento.
"Dovevo andare al Padova e non al Varese, ho sbagliato".

Ma il Padova è fallito...
"Magari non falliva. A Padova c'era il presidente che conoscevo, così come l'allenatore e il suo staff. E conoscevo anche il team manager. Mi sarei inserito in un tessuto ricettivo. Sono andato al Varese e ho sbagliato perché non si può andare in un posto in corsa dove non conosci nessuno, neanche un giocatore di quel gruppo e l'allenatore e il suo staff. E non conosci la realtà del posto. Il Padova mi era stato raccontato dalle persone che ci lavoravano, a Varese non conoscevo nessuno e le idee non sono state condivise. Ma questo non significa che la maniera di lavorare di Varese e delle persone che sono lì è sbagliata. È un modo diverso di fare calcio. Probabilmente per il Varese, per le persone che c'erano, per la mentalità, non ero la persona giusta. Ho sbagliato ad andare al Varese".

Si è parlato di alcune polemiche tra lei e Bettinelli.
"Mai avute polemiche con lui. Non c'è stata nessuna polemica, non ne faccio mai in pubblico. Quello che dovevo dire a Bettinelli l'ho sempre detto. Quando devo parlare di lui lo faccio in maniera serena, Bettinelli ha il suo modo di allenare che io rispetto: gli ho esposto alcuni miei concetti, che in tutte le occasioni ha condiviso. Ma c'è una cosa che mi preme dire...".

Prego.
"Non ho mai parlato e lo faccio adesso per la prima volta: Bettinelli dopo la fine del mercato è andato in sala stampa a dire che la squadra s'era rinforzata nonostante la partenza di Lupoli - e tutti sanno come è andata - e lo penso anche io, poi è stato fatto passare il pensiero che la squadra s'era indebolita. Certo che s'è indebolita: si sono fatti male Neto Pereira, Lores Varela, Rossi e Forte. I primi tre si sono fatti male nell'ultima partita di Bettinelli, con cui non condividevo alcune idee. C'è sempre stato un confronto, spesso ha condiviso alcune idee. Sembra quasi che io fossi contro Bettinelli: l'ho mandato via perché ero convinto che bisognava cambiare, ma non sono stato né il primo e né l'ultimo a mandare via un tecnico. Ma questo non è mai stato motivo di odio o rancore, puoi mandare via un allenatore e poi magari te lo ritrovi. Ho sbagliato io ad andare a Varese. Il precedente presidente e amministratore delegato per vicende che non riguardano il Varese sono stati arrestati e questo non ha aiutato l'immagine del club; l'azionista di maggioranza del club per motivi personali non se l'è più sentita di portare avanti un discorso all'interno della società e queste cose le ho imparte dopo. Se avessi saputo che l'immagine del club era così segnata e che Laurenza era a fine corsa, probabilmente avrei fatto altre scelte. Volevo Sforzini, gli avevo offerto più soldi dell'Entella, ma non è voluto venire. Sansovini sarebbe venuto ma era condizionato dal discorso Pescara. Ad entrambi avevamo offerto contratti pluriennali, ma le decisioni sono state condizionate dalle vicende del club".

È vero che i giocatori hanno chiesto l'esonero di Dionigi e il ritorno di Bettinelli e dicevano che non gradivano i metodi di lavoro del nuovo allenatore?
"Nessun giocatore direttamente a me ha detto che non voleva i ritiri e che voleva Bettinelli. Può darsi che queste cose siano state fatte presenti ad altre persone. Al Varese c'erano anche altre persone a gestire le situazioni. Sicuramente nessuno verrebbe da me a chiedere il cambio di un allenatore, perché non lo permetterei. Se qualche calciatore ha detto di non amare i ritiri o le riunioni dove si facevano vedere i filmati non lo so, perché dopo la partita contro il Bologna ho preso la macchina e me ne sono tornato a casa. Non ho più parlato più con nessuno del Varese, tranne una volta con l'azionista di maggioranza e con il direttore generale dove spiegavo che non c'erano le condizioni per continuare. Se qualcuno fosse venuto da me chiedendo l'allontamento di Dionigi avrebbe perso tempo, non si può cambiare un allenatore dopo quattro allenamenti e due partite".

Direttore, comunque c'è sempre tempo per ripartire.
"Ho commesso un errore enorme ad andare a Varese. Ci sono stato due mesi e mezzo, facciamo che non ci sono proprio stato: in così poco tempo non puoi lasciare amici o ricordi professionali. Per tifosi, stampa e allenatore non ci sono mai passato, lo stesso vale per me. Ho commesso un errore importante, devo stare tranquillo e meno penso meglio è. Altrimenti rischio di commettere un'altra sciocchezza. Devo continuare a fare quello che ho sempre fatto: mantenere viva la passione, tenere accesa la fiammella e guardare partite per farmi trovare più preparato visto che qualcuno che dice mi sono fatto trovare impreparato e poi guarda caso sono gli stessi che dicono che avevo fatto un buon mercato. Ora mi vedo con figli e nipoti, farò qualche viaggio a Palermo dove i miei fratelli sono rimasti soli. Farò la persona normale. Ma con grande dispiacere, perché sono andato a Varese convinto di andare in un posto dove avrei avuto tempo. E invece mi sono reso conto che non avevo tempo. Gli altri avevano avuto sette mesi di tempo, io sette giorni. E questo non si può fare. E voglio chiudere quest'intervista dedicando un pensiero ai tifosi del Varese...".

Prego.
"Parlo dei tifosi che mi hanno aiutato a capire dicendomi delle cose nei tempi e modi giusti. Parlo dei tifosi che erano sempre presenti agli allenamenti, cercando di starmi vicino e supportarmi. Erano pochi, quattro o cinque, ma sono state le uniche persone leali che ho conosciuto. Perché per il resto, ho conosciuto persone da cui non ho saputo mai la verità".

A chi si riferisce?
"Mi riferisco più a qualche persona che era in società piuttosto che all'allenatore e ai calciatori. L'allenatore e i calciatori fanno una professione e con loro abbiamo avuto troppo poco tempo. Con Bettinelli e i calciatori non ho nulla: l'allenatore deve fare l'allenatore e i giocatori devono fare i giocatori, se qualcuno ha permesso qualcosa se ne assume la responsabilità. Chi vuole prendersi questo schiaffo se lo prenda. Chi deve capire capisce...".