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Claudio Nassi: "Allenatori? Una classifica opinabile"

Claudio Nassi: "Allenatori? Una classifica opinabile"TUTTO mercato WEB
sabato 21 gennaio 2017, 10:072017
di Redazione TMW
fonte Claudionassi.com

Da qualche giorno sul sito internet dell'UEFA ci sono i dieci allenatori più influenti in Europa dalla nascita dell'organizzazione, che data 1954. Passo ad elencarli: Brian Clough, Johan Cruyff, Vicente Del Bosque, Alex Ferguson, Helenio Herrera, Udo Lattek, Valery Lobanovsky, Rinus Michels, José Mourinho e Arrigo Sacchi. Al di là del fatto che troppe classifiche sono opinabili, torno a ripetere che quello dell'allenatore è il mestiere più difficile del mondo e che chi avesse tutte le doti richieste per il ruolo, come diceva un mio maestro, potrebbe fare il Presidente degli USA. Tuttavia non riesco a spiegarmi perché percepiscano ingaggi fuori da ogni logica. Ho chiesto lumi a un presidente di antico pelo, uomo di calcio, e la risposta è stata precisa e, al tempo stesso, disarmante: "La prima dote che debbono avere è l'ubbidienza. Quando li sceglievo studiavo i comportamenti e se capivano di calcio, ma prima di tutto dovevano ubbidire. Quindi si pagano bene perché devono ubbidire".

Se penso che Alfredo Di Stefano ripeteva: "Non conta l'allenatore, conta il talento" e se ricordo che, prima di fare una sostituzione, Michels consultava Cruyff, suo capitano, trovo conferme che il ruolo va ripensato. Cruyff amava raccontare che nel Barcellona, per finirla con Romario che insisteva per andare al Carnevale di Rio, gli disse: "Se domenica fai due gol ti lascio partire". Dopo 20' ne aveva segnati tre. Corse alla panchina e chiese di uscire. Quando il mister gli chiese il motivo, rispose: "Altrimenti perdo l'aereo". Questo era Romario, uno dei più grandi attaccanti di sempre. Ebbene, lo stesso brasiliano al Valencia, se non vado errato, con Ranieri in panca, pluridecorato al Leicester, vide interrompere il rapporto con il club per le sue visite al night. Eppure poteva decidere in qualsiasi momento e non a caso è il secondo calciatore al mondo, dopo Pelé, ad aver segnato più di 1.000 gol. Chi lo capiva, Cruyff o Ranieri? E Van Basten non ha detto che di dieci allenatori che ha avuto uno gli ha insegnato qualcosa, tre non hanno lasciato il segno e sei hanno rischiato di rovinarlo?

Potrei continuare analizzando anche qualcuno dei premiati o facendo le pulci a chi non fa parte dell'elenco ma va per la maggiore, e più di uno si metterebbe a ridere. Per essere ancor più chiaro penso al basket e a Phil Jackson, Presidente dei New York Knicks e coach più vincente dell'NBA con undici anelli. Dove li ha vinti? Sei con i Chicago Bulls di Jordan e Pippen e cinque con i Los Angeles Lakers di Bryant e O'Neal. Se finora a New York non ha ottenuto gli stessi risultati, ci si dovrebbe chiedere se i più influenti siedano in panchina o scendano in campo. Questo anche se non dimentico una frase di John Wooden, il santone di UCLA e il coach più vincente dell'NCAA: "Nessuno vince senza materiale, ma non tutti riescono a vincere con il materiale". Come non dimentico quanto mi disse Gustavo Giagnoni, a cui invio i più cari auguri in un momento difficile, sulla tribunetta di Coverciano: "Quando le cose vanno bene l'allenatore può contare un 20%, quando vanno male anche il 90".