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esclusiva

A. Gaucci: "La mia vita nel pallone"

ESCLUSIVA TMW - A. Gaucci: "La mia vita nel pallone"TUTTO mercato WEB
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport
martedì 31 maggio 2011, 14:392011
di Claudio Sottile
Alessandro Gaucci, Direttore Sportivo classe '73, figlio di Luciano, ex Presidente del Perugia. Nel suo curriculum ricordiamo le esperienze dirigenziali con Perugia, Sambenedettese e Genoa.

Il calcio toglie e il calcio da. Lo sa bene Alessandro Gaucci, e lo spiega ai microfoni di TMW in ESCLUSIVA. Dalle videocassette ai dvd, il mondo cambia, il mondo resta uguale: quello del pallone, quello di Alessandro Gaucci.

Alessandro, com'è guardare il calcio dall'esterno?
"Non ho mai smesso di stare nel calcio. Tutti i giorni collaboro con tante società, sia in Italia sia all'estero. Da quando ho smesso a Perugia ho subito ripreso a Genova come responsabile dell'area tecnica, poi mi sono messo a cercare giocatori in tutto il mondo, a fare consulenze con tante squadre. Sono sempre all'interno del calcio".

Sei un fine intenditore di calcio sudamericano, quali nomi ancora sconosciuti consigli agli addetti ai lavori?
"Ho visto tanti giocatori interessanti, oltre Lamela (18), Ganso (20), Neymar (19) che ormai sono scontati per il grande pubblico. Mi piace il centrocampista Paulinho (22) del Corinthians, Carlos Bacca (24) del Barranquilla, un attaccante visto in Colombia che mi è piaciuto molto, così come l'ala sinistra Sherman Cárdenas (21) che gioca nella stessa squadra. Poi c'è Ribas (23), che segnalo dallo scorso inverno, capocannoniere della seconda divisone francese col Digione. Ce ne sono altri in Spagna, però adesso se mi metto a dirli tutti smetto di fare il mio lavoro (ride). Guardo tanti dvd ogni settimana".

Leggendo tue interviste di qualche anno fa, recriminavi per essere stato ad un soffio dal portare Demichelis (30) e Cesar (36) al Perugia, prima che esplodessero. Altri colpi rimasti in canna?
"Un nome su tutti: Pastore (21). Due anni fa, come intermediario, lo stavo portando in una squadra italiana, poi è successo che il procuratore aveva già l'accordo col Palermo ed è andato là. Poi mi ricordo una grande intuizione dell'Udinese. Qualche anno fa ero con i dirigenti del River Plate, con i quali avevo un grande rapporto, che volevano prendere la metà di Alexis Sanchez (22), dopo che il ragazzo aveva fatto un anno con loro in prestito. Offrivano fino a cinque milioni e mezzo di euro per metà giocatore, lasciandolo lì un altro anno a giocare. Con l'allora DS friulano, Pietro Leonardi, ne parlammo, ma Gino Pozzo disse no, si tenne tutto il calciatore e ora vediamo com'è andata. Grande merito a lui, che ha dimostrato di essere un grande intenditore di calcio e politiche calcistiche. Quanto a Demichelis, ancora rido con il procuratore Cysterpiller. Non sapeva che Demichelis fosse suo. Gli dissi che m'interessava ma non sapeva che lo avesse in procura. Ancora mi ringrazia per aver averglielo fatto notare, prima che Rumenigge lo scoprisse e lo portasse in Germania per dodici milioni di euro".

Ai tempi del Perugia pescavate proficuamente anche nelle serie dilettantistiche italiane, è ancora possibile?
"Secondo me è molto più difficile. Qualche volta quest'anno ho visto partite di C1 e C2 e ho trovato poca roba, solo il Foggia aveva qualche buon giocatore. Il livello si è abbassato con il discorso dei giovani obbligatori. Questa regola contribuisce a rovinare i campionati, i giovani devono giocare se sono di livello. Tu obblighi le squadre a mettere giovani non pronti e ne risente tutta la media del campionato. Magari si riesce a trovare qualcosa nei Dilettanti, perché li prendono più soldi rispetto alla C, e qualcuno che è bravo scende di categoria per guadagnare di più. È quasi impossibile ormai trovare qualcuno in Lega Pro che possa fare il salto di categoria in A".

La riforma della Lega Pro rialzerà il livello qualitativo?
"Io me lo auguro, la Lega Pro è crollata qualitativamente. Ci sono tante cose nel nostro calcio che non vanno bene. Quando vado all'estero per tre - quattro mesi l'anno noto che il nostro modo di organizzare il calcio è molto peggiorato. Questo ha fatto si che tutto il sistema ne risenta. Con la regola di limitare gli extracomunitari non salvaguardi i nostri calciatori italiani. I regolamenti ci permetterebbero di far giocare undici greci, e neanche un italiano, visto che l'Italia fa parte dell'UE. Varrebbe la pena mettere un limite di italiani in campo, e fare in modo che tutte le squadre possano comunque prendere calciatori da tutto il mondo, magari sconosciuti ma che possono diventare importanti. Aumentando la concorrenza aumenta anche il livello. Più hai possibilità di un mercato ampio più i prezzi si abbassano, quando devi comprare in un mercato ristretto i prezzi si alzano".

Come giudichi nel complesso il movimento calcistico italiano?
"Il mondo del calcio italiano lo vedo circoscritto e chiuso. Sempre in mano a poche persone, sempre gli stessi, gestiscono tutto loro. Lo evinco anche dal fatto che a parte la Roma, gli stranieri non investono qui. All'estero ci sono arabi, indiani, sauditi, hanno investito tanto in altri campionati. Sceicchi, miliardari, qui non vengono e c'è da chiedersi perché. Tanto influisce la differenza nell'accogliere i risultati sportivi rispetto all'estero. Pensiamo al Deportivo La Coruña, retrocesso contro una squadra tranquilla, abbiamo visto tutto lo stadio piangere ed applaudire. Immagina lo stesso in Italia, sarebbe fantascientifico. C'è il senso dello sport, nello sport è prevista la sconfitta, bisogna saperla accettare. In una stagione può andar male a chiunque, ma in Italia si passa alle minacce, ad atti di vandalismo, a teppismo, cose lontane dal calcio".

Che ricordi hai della tua esperienza umbra?
"Ho ricordi sicuramente bellissimi, tranne uno. Sono stati gli anni più belli della mia vita. Imprese epiche, abbiamo segnato un nuovo modo di fare calcio. Quando abbiamo preso giocatori da settantaquattro posti del mondo diversi, o dall'Eccellenza e li facevamo debuttare in A, tutti ci prendevano per matti, ma quando hanno notato che era un modo per far rendere una società al meglio si sono ricreduti. Chi sta facendo questo ora è l'Udinese, alla quale faccio i complimenti, perché i Pozzo sanno fare davvero bene calcio in Italia".

L'hai detto tu stesso, avevate comprato calciatori da tutto il mondo. La frontiera ancora inespressa sulla quale puntare nel 2011?
"Il calcio del futuro rimane l'Africa, dove possono sempre nascere talenti. Oltre al Brasile dove peschi comunque bene. L'Africa ha quantità e forza fisica, il Brasile la qualità. Sono i due paesi dove ci sarà costantemente il nuovo campione ogni anno".

Hai rimpianti?
"Rimpianti mai. Tutto quello che ho fatto era da fare, credendo, pensando di prendere la decisione giusta".

Con l'addio dei Sensi, quello paventato dai Semeraro, e la retrocessione dei Matarrese in B, vengono a mancare in Serie A le famiglie storiche del calcio italiano, rappresentate solamente dagli Agnelli, dai Berlusconi, dai Moratti e dai Pozzo. È un segno dei tempi?
"È un male per il calcio, perché penso che questa gente abbia dato un contributo al calcio nel momento più bello del nostro movimento. Venendo a mancar questa gente penso che tante cose siano peggiorate".

Cosa pensi del nuovo Perugia, fresco del ritorno tra i professionisti dopo il fallimento?
"Il Perugia non ho mai avuto modo di vederlo, perché l'Interregionale ha scarsa visibilità televisiva. Sono felice per Perugia, perché non era una categoria appropriata per una piazza abituata alla A e che aveva anche assaporato l'Uefa. Una città che ha visto tanti campioni, compresi tre campioni del mondo. Sono felice che abbiano riconquistato una serie professionistica, sperando che arrivino sempre più in alto. Poi il capitano è Goretti (35), che ha fatto tutto il settore giovanile con noi, e ha debuttato con Novellino allenatore. Un bravissimo ragazzo, ricordo ancora quando lo vendemmo al Napoli".

Intanto un ex tuo calciatore, Max Allegri, all'esordio sulla panchina rossonera s'è cucito lo Scudetto.
"Allegri s'è consacrato allenatore importante. Ha sempre avuto qualità come persona, è intelligente, già a Perugia era allenatore in campo. In quegli anni non ho avuto un buon rapporto con lui, ma ho sempre pensato che potesse fare grandi cose da allenatore".

Un altro tuo ex calciatore, Saadi Gheddafi, è protagonista delle cronache internazionali. Che rapporto avevate?
"Saadi lo ricordo sempre con affetto. Per me è stata un'esperienza unica conoscerlo. È una persona affabile, unica, è stato un grande amico. Tutto quello che sta succedendo mi sta facendo male. Ho provato più volte a contattarlo ma con tutto quello che accade non ci sono riuscito. Un domani, se magari lui possa leggere questa intervista, spero possa cercarmi. Io gli auguro tutto il bene, ha dimostrato di essere un vero uomo al di là del calciatore. Dal punto di vista umano è davvero una grandissima persona".

A dicembre eri vicino ad entrare nell'organigramma del Cordoba, squadra militante nella seconda serie spagnola, finita nel mirino di Pulvirenti. E poi?
"Per Cordoba non c'entra la trattativa, era tutto fatto, poi è uscita la notizia prima di firmare il contratto. Sono intervenute delle problematiche con il Catania, che ha avuto pressioni dai tifosi che non volevano che Pulvirenti s'impegnasse in un'altra società, e gli interessati hanno preferito desistere da questo progetto".

Quanta voglia hai di rientrare con un ruolo attivo all'interno di una società calcistica?
"Tanta sicuramente sì, soprattutto all'estero, perché in Italia non mi piace l'approccio dei tifosi allo stadio, non sopporto che non si possono avere stadi di proprietà, imponendo, di fatto, alla società di non avere un proprio patrimonio, tutte cose che all'estero si possono fare meglio. Qui c'è difficoltà nel portare la gente allo stadio, gli impianti sono militarizzati, sono aspetti che non fanno certo pubblicità al nostro mondo. Me lo auguro di rientrare, il lavoro di consulente è bello, mi piace, ma non mi dà la stessa adrenalina e passione che mi dà il gestire in prima persona una squadra di calcio. Fatta l'operazione finisce lì, mi manca lo stress da risultato. Certo fare il dirigente in maniera seria toglie spazio alla vita privata, ma lo farei".

Voi, peraltro, eravate pronti a costruire il vostro stadio a Perugia.
"Eravamo i primi in Italia ad averlo fatto, avevamo tutte le concessioni, anche se con molti ritardi rispetto alle promesse avute. Il ritardo forse è stata una causa di quello che è successo poi, se fosse arrivato tutto prima il Perugia ora sarebbe dov'era all'epoca".

Il calciatore del quale conservi il ricordo più bello?
"Ce ne sono tanti. Emiliano Testini (34) che spesso mi chiama e mi fa un gran piacere, è una bravissima persona. Di Loreto che spesso sento, Materazzi (37), Gattuso (33), tutta gente alla quale sono legato. Non voglio dimenticare Kalac, Sculli (30) che portai a Genova dalla Juve in un momento particolare della sua carriera, Sean Sogliano, Giovanni Tedesco".

A proposito, Kalac come se la passa senza calcio?
"Kalac sta in Australia a godersi i suoi cavalli, se l'è meritato. S'è comprato qualche cavallo da corsa e s'è dedicato quel tipo di vita. Beato lui (ride)".

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