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Zoff: "Con Scirea c'era stata un'amicizia profonda"

Zoff: "Con Scirea c'era stata un'amicizia profonda"TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
martedì 7 ottobre 2014, 09:352014
di Chiara Biondini
fonte RADIOCALCIO
"La grandezza di Enzo Bearzot era nell'uomo"

Dino Zoff è considerato uno dei più grandi portieri nella storia del calcio. E' stato anche un allenatore e un dirigente calcistico. Campione europeo nel 1968, campione mondiale nel 1982 e vice-campione mondiale nel 1970 con la Nazionale italiana, che ha anche allenato dal 1998 al 2000. TuttoMercatoWeb pubblica l'intervista realizzata da RADIOCALCIO, la nuova web radio sulla passione della vita da oggi in rete.

Cosa le ha dato e cosa le ha tolto il calcio?
"Il calcio non mi ha tolto assolutamente nulla, mi ha dato tutto, soprattutto come individuo. Io credo che come tutti gli sport, il calcio sia importante per il miglioramento della persona. Le sue regole, il rispetto dell'avversario, l'imparare a vincere e a perdere sono valori importanti. Il calcio mi ha migliorato tanto".

Cos'è la Juventus?
"La Juventus nel nostro Paese è la squadra più seguita, ha più tifosi, si contano migliaia di club Juventus. Altre squadre, come Milan e Inter, hanno vinto di più in campo internazionale, ma la Juventus può essere considerata il calcio italiano".

Esiste una filosofia, uno stile Juventus?
"I tempi cambiano, si sono avvicendati tanti dirigenti alla Juve. La società è anche caduta in situazioni poco piacevoli. Certo, ai miei tempi, le regole erano molto semplici, sembrava di andare a lavorare alla Fiat. A fine anno ti dicevano 'hai fatto bene o hai fatto male', secondo la posizione in classifica raggiunta. C'era molta concretezza e realismo, contava solo il risultato, non è che per tre, quattro partite eri incensato o meno".

Calciopoli?
"Nella storia del calcio ci sono cose belle, altre meno. Calciopoli è stata senza dubbio la pagina nera del calcio italiano. Inizialmente stentavo a crederci, da noi come si sa si tende sempre ad esagerare. E' stato invece un fenomeno profondo che ha coinvolto purtroppo tanta gente".

L'Avvocato Agnelli? Che ricordi? Conversavate tanto.
"L'Avvocato aveva una figura carismatica. Era lui ovviamente che sceglieva l'argomento delle conversazioni. Era di una sportività straordinaria, sapeva tutto di calcio, anche di quello internazionale. Da me, che prima di arrivare alla Juve avevo giocato 19 partite in Nazionale e conoscevo diversi attaccanti europei, voleva essere documentato sui calciatori che giocavano all'estero. Si parlava di questo, non di altro. Ricordo però quando mi disse che non sarei stato riconfermato alla Juventus l'anno dopo. Avevano cambiato politica e non mi avrebbero più fatto il contratto. 'Mi va benissimo, ci mancherebbe', risposi, 'ognuno fa le scelte in cui crede'".

Gaetano Scirea. Quando apprese della tragedia?
"Con Gaetano c'era stata un'amicizia profonda. Era un uomo straordinario sotto tutti gli aspetti, anche calcistici, ha vinto più di tutti in Italia. Ricordo la sua classe, lo stile in campo e fuori, derivava dalla sua serenità. Una persona d'esempio. Quello che è accaduto è stato tragico sotto tutti gli aspetti, era inaspettato. Apprendemmo molto tardi la notizia, tornavamo da una trasferta e pensavamo non potesse essere vero...è stato davvero uno choc".

A proposito di grandi uomini, che ricordo di Bearzot?
"La grandezza di Enzo Bearzot era nell'uomo. E' stato straordinariamente forte, onesto, vero, pieno di coraggio. Solo lui poteva portarci a vincere i Mondiali. Non aveva paura di niente. Bearzot è stata una persona di cui ci sarebbe tanto bisogno oggi in Italia, ma purtroppo non ce ne sono come lui".

In quei mondiali foste obbligati al silenzio stampa con i giornalisti?
"Il silenzio stampa fu inevitabile. Indubbiamente non giocammo bene le prime partite, ma eravamo già partiti con mille critiche. Bearzot e noi giocatori insultati a tutti i livelli. Come succede da noi, qualche giornalista vuol essere sempre più simpatico e spiritoso degli altri e le offese aumentavano sempre di più. Siccome c'era la conferenza stampa ogni mattina, finivamo per ritrovarci sempre a doverci difendere da tutto. Ad un certo punto abbiam detto: 'guardate vediamo come vanno i risultati e poi farete e direte quello che vi sembrerà più giusto. Noi dobbiamo pensare a giocare, se dobbiamo fare la guerra in campo e con voi, scegliamo il campo, poi si vedrà cosa succede'".

Che vuol dire alzare la Coppa del Mondo al cielo?
"La Coppa del Mondo è il massimo in assoluto, quanto di più grande possa esserci nella tua professione. E' senza dubbio la felicità più forte che possa esserci in ambito sportivo. Per me poi, capitano della Nazionale a 40 anni, davvero grande!".

Altra storia l'Europeo 2000 da Commissario Tecnico e la polemica con l'allora premier Silvio Berlusconi.
"Ma no...è semplicemente finita in un certo modo per certe considerazioni fatte più sull'uomo che sull'allenatore. Credo andasse fatto quello che ho fatto, poi se fosse giusto o sbagliato non lo so".

Qual è il grande club internazionale che ha più ammirato, di cui, come dire, ricorda il profumo?
"Sai il sapore e il profumo di una grande squadra contro cui hai giocato, in genere ti ha dato dei dispiaceri e quindi la ricordi sì, ma non con questo profumo che dici tu. Io ricordo il grande Ajax con cui abbiamo perso a Belgrado una finale di Coppa dei Campioni nel '74, quella era una compagine straordinaria. Poi la grandissima Germania, contro cui abbiamo vinto un mondiale. Qui sicuramente possiamo parlare di profumo...".

I più forti di sempre contro cui ha giocato?
"Maradona, assoluto fuoriclasse stratosferico, artista vero. Ho poi giocato contro Pelé, quando era nella sua fase calante. Posso parlarti di Cruyff, Beckenbauer, Gerd Muller o colleghi come Lev Yashin, Gordon Banks, per arrivare a Sepp Maier e Albertosi".

La parata più bella?
"La parata più bella, diventa ancora più bella quando è determinante e importante. Quella che tutti mi ricordano è quella degli ultimi minuti col Brasile ai Mondiali vinti in Spagna nel 1982. Colpo di testa di Oscar, ho fermato la palla sulla linea, con un po' di patema d'animo perché i brasiliani esultavano per il goal, io non trovavo l'arbitro, insomma tre quattro secondi terribili. E' una parata impressa nei ricordi di tutti quelli che hanno visto quella partita".

Qualche dispiacere. I goal di Haan, Dirceu e Magath e le polemiche scaturite.
"Guarda, questi sono i media. Mentre ti posso dire che sicuramente Haan fece goal da lontano e forse in forma migliore il suo tiro sarebbe stato parabile, se poi vai vedere il goal che ha fatto Magath o quello realizzato da Dieceu, beh sono stati fatti da un metro fuori l'area. Un metro, non trentacinque come quello di Haan. Poi c'è un'altra considerazione. Allora mi avevano fatto passare per cieco, adesso sono considerati eurogoal fatti dagli attaccanti. Non capisco, ma purtroppo è così. Ho ricevuto delle critiche anche pesanti, parlarono di mancanza di diottrie. Questo per dirti che non sono teneri quando vogliono i giornalisti".

Ma qual è il goal che non avrebbe mai voluto prendere?
"Innanzi tutto non avrei voluto prendere nessuno dei goal subiti. Non sono umile, non ero umile nel mio lavoro, ero arrogante e super critico con me stesso. Mi assumevo sempre la mia responsabilità. Avevo però una mia filosofia personale, utile e concreta. Mi dicevo se in quel momento ho fatto questo, si vede che non ero nelle condizioni di fare altro. E' facile dire dopo potevo non potevo farlo. Quello che è certo è che in quel momento non l'ho fatto e dunque non ero nelle condizioni di farlo. Sono molto concreto, non vado in cerca di scuse. Anche perché sono cresciuto in una famaiglia in cui le scuse non erano ammesse".

Del calcio di oggi, c'è qualcosa che non le piace?
"C'è un'esasperazione mediatica notevolissima al giorno d'oggi. Non ti può scappare neanche una parolaccia in campo, che ti riprendono subito. C'è quindi bisogno di una maggiore responsabilità. Forse cambierei queste esagerazioni di comportamento dei giocatori dopo un goal. Vedi delle volte queste sceneggiate, calciatori che si rotolano atterra per un piccolo intervento. Questo non mi è mai piaciuto".

Il calcio italiano rappresenta la fase che attraversa il nostro Paese?
"Il calcio rappresenta il paese come tante altre attività e professioni. Purtroppo un po' di confusione c'è, siamo un paese strano. Ogni tanto qualcuno dice che dobbiamo tirare tutti da una stessa parte. Ma nessuno sa qual è questa parte e ognuno tira dalla propria".