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"Matri rimane, via Marchetti e Larrivey. Arriva Bisoli, punto all'Europa". Ecco il Cellino-pensieroTUTTO mercato WEB
© foto di Giacomo Morini
martedì 18 maggio 2010, 13:23Primo piano
di Redazione TuttoCagliari.net
per Tuttocagliari.net
fonte Ivan Paone per L'Unione Sarda

"Matri rimane, via Marchetti e Larrivey. Arriva Bisoli, punto all'Europa". Ecco il Cellino-pensiero

Con un'intervista all'Unione Sarda Massimo Cellino rompe il silenzio autoimpostosi dopo l'esonero del tecnico e anticipa i prossimi scenari del club. "Lopez? Valuteremo. Parola, Lupatelli e Barone saluteranno. Preso Pinardi"

Presidente, iniziamo dalla fine. Il Cagliari ha chiuso il campionato a quota quarantaquattro punti, in quintultima posizione insieme a Chievo e Udinese, davanti a Livorno, Siena, Atalanta, retrocesse in B, e Bologna. Contento?
«Speravo di fare di più. Il mio programma, varato due stagioni fa, in coincidenza con l'arrivo di Allegri, prevedeva di lottare per un posto in Europa League. Abbiamo subito un intoppo. Il sedici maggio, con Cagliari-Bologna, si è chiuso il primo round. Il primo luglio inizierà il secondo».

Questo significa che l'obiettivo della prossima stagione sarà più ambizioso della semplice, se si può definire così, salvezza?
«Esatto. Quindi dico subito, prima che inizi il solito ritornello, che non cambio la squadra e la rinforzo».

Nel concreto, quante cessioni ha in animo di fare?
«Dentro di me, non vorrei vendere nessuno, perché sento di aver costruito questa squadra pezzo per pezzo e il pensiero che ci sia chi vorrebbe portarmene via qualcuno, mi dà fastidio. Diciamo che Marchetti ha già il sostituto naturale, Agazzi, e che potrebbe essere l'unica cessione».

Matri?
«Resta al cento per cento. Lo dico a chiare lettere, in maniera che resti scritto indelebilmente: non vendo Matri».

E il Milan, il Napoli, la Fiorentina?
«Non sono problemi che mi riguardano. Ho rifiutato due giorni fa quattordici milioni da una squadra importante. Ho in mente un progetto tecnico ambizioso e non si può realizzare vendendo i giocatori migliori».

Ci sarà inevitabilmente qualche partenza.
«Lupatelli, Parola e Barone sono in scadenza di contratto».

Lo è anche Lopez, che intende fare?
«Questo è un capitolo delicatissimo, mi permetta di avere un po' di prudenza. Diego è come se fosse mio figlio, dobbiamo capire se è ancora in grado di giocare a certi livelli. Si farà agli inizi di luglio e poi si prenderà una decisione».

A chi toccherà decidere, a lei, al dg Marroccu o al nuovo allenatore?
«A due persone: a me e a Massimo Cellino. Non è cosa che possa delegare a qualcuno, tanto meno all'allenatore».

Parliamo dell'attacco, particolarmente ampio e, quindi, bisognoso di una ridefinizione. Che cosa pensa di fare?
«Non rinuncio ai tredici gol di Matri e agli otto di Jeda, che ha vissuto una stagione difficile ma che ha qualità indiscutibili. Gli ridaremo entusiasmo e brillantezza e tornerà molto utile. Nenè ne ha segnato altrettanti, nonostante fosse alla sua prima stagione in serie A e abbia giocato a singhiozzo. Non può che migliorare. Al reparto abbiamo aggiunto Pinardi, che può agire da trequartista o da seconda punta. Su Ragatzu sono pronto a scommettere».

Stando così le cose, il sacrificato dovrebbe essere Larrivey.
«Vedremo. A volte i giocatori hanno bisogno di cambiare aria per scrollarsi di dosso la negatività».

C'è poi la questione delle comproprietà: Ariaudo con la Juventus, Astori con il Milan, Dessena con il Parma, Lazzari con l'Atalanta. Qual è la sua previsione?
«Temo qualche difficoltà solo per Dessena».

Ma Astori non è destinato al Milan?
«Astori resterà al Cagliari, l'accordo c'è, si tratta solo di definire la cifra del riscatto. Galliani vorrebbe 4,5 milioni di euro, io spero di scendere a 3,8. Le voci che il Milan lo vorrebbe sono, appunto, solo voci. Questa è la realtà».

Siamo al capitolo allenatore. Sarà Pierpaolo Bisoli?
«Non posso rispondere a questa domanda. Ci sono campionati in corso e, addirittura, la Lega non ci ha ancora messo a disposizione i moduli per mettere sotto contratto gli allenatori per la stagione 2010-11. Non sarebbe serio che annunciassi un allenatore senza avergli fatto firmare prima il contratto».



Ci dia almeno qualche indicazione.
«Giovane, determinato e capace».

E che sta vincendo il campionato di serie B.
«Ha per caso visto l'altro giorno Lecce-Cesena? Uno spettacolo: al Lecce bastava un punto per andare in serie A, per il Cesena, un pareggio in trasferta sul campo della capolista indiscussa del torneo sarebbe stato prezioso. Bene, il Cesena, davanti a quarantamila tifosi leccesi pronti a festeggiare, è andato a vincere 2-1 in rimonta. Così mi piace».

Non è che ricorda il nome dell'allenatore del Cesena?
«Bisoli».

Ah, ecco. Certo che sta compiendo un mezzo miracolo.
«Ho avuto qualche informazione. Il Cesena non paga gli stipendi a calciatori e allenatori da dicembre, il presidente è in vacanza da settimane alle Seychelles e la squadra è andata da Cesena a Lecce, settecentocinquanta chilometri, in pullman, pagato personalmente da Bisoli. Nonostante questa situazione, il Cesena è terzo in classifica».

A proposito di allenatori, la storia di Allegri alla Juventus era una favoletta. Allora, dica, perché lo ha esonerato?
«La squadra stava volando e si è presentata al recupero di Udine del 24 febbraio. Finito il primo tempo, vinceva per 1-0 e aveva agganciato la Juventus al quarto posto. Allegri ha sbagliato a non effettuare due cambi nell'intervallo. Avrebbe dovuto inserire Lazzari e Matri, che erano in panchina, dando così un segnale forte alla squadra: si vince e si corre per l'Europa che conta. Allegri ha avuto “il braccino”. Abbiamo perso 2-1 e ci è crollato il mondo addosso. Avrei dovuto esonerare Allegri in quel preciso istante ma non ho avuto le palle per farlo. Ho sbagliato, non sono stato un buon presidente».

Perché non lo ha fatto?

«Perché mi sono fatto condizionare dalla popolarità di Allegri. Ci siamo trovati tutti di fronte a una situazione nuova per noi: competere per l'Europa, stare tra i grandi. Non abbiamo avuto gli strumenti per muoverci con sicurezza in uno scenario simile. Ma è tutta esperienza che ci tornerà utile per la prossima stagione. Una cosa è certa: non ripeterò certi errori. Voglio farle un esempio. Si parla ancora, a distanza di sedici anni, della famosa semifinale di Coppa Uefa Inter-Cagliari».

Il 12 aprile '94, di cui si dice che sia stata “regalata” ai nerazzurri.

«Proprio quella, una assurdità che ancora circola. Lei pensa che, dopo quella esperienza, gestiremmo una semifinale del genere nello stesso modo?

Cosa farebbe di diverso?
«Intanto, chiederei il controllo antidoping che all'epoca, in campo europeo, non era previsto se non su richiesta. E non aggiungo altro. Questo per dire che dagli errori si impara più che dalle cose fatte bene».

Sprizza ottimismo, nonostante le quattordici partite senza vittorie con cui la sua squadra ha chiuso il campionato.
«Dico una cosa che non ho confessato neanche a mia moglie né ai miei collaboratori: se fossimo retrocessi, la società sarebbe sparita. Invece, abbiamo subito un ko ma siamo rimasti in gara e adesso sono pronto a spaccare il mondo».

E siamo al famoso (o fantomatico?) progetto di ampio respiro che traspare spesso dai suoi discorsi senza, però, emergere mai chiaramente. Può dire di che cosa si tratta?
«No. Posso solo dire che siamo all'anno X, ho deciso che il Cagliari deve fare il salto di qualità e perciò farò tutti i passi necessari per far crescere la squadra e la società».

Sta parlando dello stadio?
Non solo. L'annuncio è previsto entro il trenta settembre, solo dopo che il progetto sarà messo a punto nei minimi particolari con tutti gli enti interessati. Non posso svelare nulla perché non sarebbe serio. Mi creda, non posso andare oltre».

Coinvolgerà i tifosi?
«Naturalmente e dico ai nostri affezionati spettatori e, soprattutto, ai nostri abbonati, che non resteranno delusi e che saranno coinvolti con modalità mai sperimentate prima nel mondo del calcio».

Perlomeno ci può dire se crede ancora nel progetto di ristrutturazione del Sant'Elia.

«Una cosa è certa: il Sant'Elia non sarà ristrutturato. Non da me, almeno».

Sembra una nuova puntata della telenovela stadio.
«Per me è la parola fine. La Cagliari Calcio non - ripeto - non parteciperà alla ristrutturazione né alla ricostruzione del Sant'Elia».

Significa che costruirà uno stadio nuovo? E se sì, dove?
«La risposta alla prima domanda è sì. Alla seconda: sono fatti miei».

Beh, non è che possa nascondere uno stadio. Ci vorrebbe David Copperfield, sa, quel mago americano che ha fatto “sparire” la Statua della Libertà.
«Allora, diciamo che mi sto guardando intorno e che prima o poi saprete».

Quando?
«Entro il trenta settembre, quando inizierà l'anno X del Cagliari».