Speciale Bari con Vino, Defendi, Alberti e Doronzo
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"Una famiglia, un gruppo vero". Una stagione da ricordare, che potrebbe essere racchiusa così, nelle parole del team manager Claudio Vino . Il Bari ha stupito tutti, probabilmente nessuno - neppure in squadra e in società - si aspettava una stagione così. Sorprendente, bella, emozionante. Mille problemi. Il fallimento, la rinascita. E una cavalcata incredibile. Emozioni e sensazioni difficilmente ripetibili. In campo e fuori. Con il futuro che sembra più radioso che mai con la nuova proprietà, sotto la regia di Gianluca Paparesta, che tra lo scetticismo di tutti - anche interno al club - ha stupito e mosso passi concreti risollevando la società dalle macerie. E adesso Bari può sognare.
Calcio2000 ripercorre in esclusiva le tappe della stagione insieme ai protagonisti: l'allenatore Roberto Alberti, il capitano Defendi, il team manager Claudio Vino - figura di raccordo tra squadra e società - e il segretario Piero Doronzo, diciotto anni al servizio del Bari. E una storia ancora tutta da scrivere.
"La stagione è stata straordinaria, c'è stata grande alchimia tra città, tifosi e squadra", dice Alberti, trascinatore del Bari insieme a Zavettieri, altra guida fondamentale nella stagione dei galletti. "La società è fallita - ricorda l'allenatore biancorosso - ma è successo qualcosa di straordinario, che rimarrà nella storia non solo del Bari. Il calcio offre anche queste opportunità".
Alberti riavvolge l'album dei ricordi. Quali sono stati i momenti decisivi? "Per la salvezza la partita decisiva è stata quella contro il Lanciano, lì abbiamo capito che ci saremmo potuti salvare. Il sogno invece lo abbiamo cominciato a coltivare dopo la vittoria di Varese: lì siamo ripartiti. Ma ci è servita anche la sconfitta di Modena, per compattarci. E anche il mercato di gennaio, con gli arrivi di Lores, Delvecchio, Nadarevic, Zanon e Cani ha fatto scattare la scintilla". Un'impresa resa possibile anche dal supporto della dirigenza, malgrado l'assenza di una proprietà. "Ma Angelozzi e il segretario Doronzo - prosegue Alberti - non ci hanno fatto mai mancare nulla, i ragazzi poi sono stati straordinari. E non dimentichiamoci dei curatori fallimentari, ci hanno permesso di stare tranquilli. Con loro c'è stata grande sintonia fin da subito".
Piena sintonia anche con il capitano, Defendi. "Per come è cominciato l'anno - dice il centrocampista - ci siamo presi una rivincita: il ritiro, l'allenatore (Gautieri, ndr) che non si presenta, mille problematiche. Siamo stati fantastici, è stata una grande stagione. Il momento chiave? Il fallimento ha fatto scattare la scintilla, si è rivista la gente allo stadio. Un tifo come il nostro aiuta tantissimo. Poi il direttore Angelozzi e il segretario Doronzo sono stati fantastici, per loro siamo come figli. Hanno fatto di tutto per farci stare bene, nonostante tutto. E anche i curatori fallimentari hanno contribuito molto per non farci mancare nulla. Siamo una famiglia, ci siamo aiutati a vicenda nei momenti più difficili". E il futuro porta il nome di Gianluca Paparesta: "Lo abbiamo conosciuto poco. Mi auguro che la proprietà abbia voglia di fare qualcosa di importante e di grande a Bari". Defendi però ci tiene a fare una dedica particolare per la stagione del Bari: "Per i magazzinieri e per le signore delle pulizie, tutte persone che anche quando non prendevano stipendi si presentavano al posto di lavoro e ci davano l'abbigliamento pulito per farci allenare. Questa stagione è stata soprattutto la loro vittoria".
E sorride anche Claudio Vino, team manager. "Con Angelozzi e Doronzo la società è stata presente, il mio ruolo è stato quello di coordinare la programmazione: le problematiche che subentrano nei ragazzi giorno dopo giorno, la gestione delle trasferte. Ma con questo gruppo tutto è stato più semplice, non è una frase fatta. Siamo diventati una famiglia, davvero. I ragazzi sono stati estremamente positivi, è la verità. Le difficoltà iniziali ci hanno stimolato e aiutato". La parola poi a Piero Doronzo, il segretario e deus ex machina della società.
Doronzo, una stagione importante: dal fallimento al sogno. Come è andata?
"Si è creata un'alchimia che difficilmente si ripeterà. A memoria non ricordo una cosa del genere: una squadra abbandonata, fallita, che riscopre il sostegno dei tifosi. Un sostegno imprescindibile. La squadra è stata brava a trascinare i tifosi e viceversa. I curatori fallimentari hanno fatto anche i presidenti. Tutte le componenti hanno permesso di ottenere un grande risultato: aver riavvicinato una città alla squadra del cuore".
Che contributo avete dato lei e Angelozzi nei mesi del fallimento?
"Angelozzi e Vinella in tante occasioni hanno anticipato dei soldi, ma al di là di questo abbiamo cercato di dare tranquillità. Si correva il rischio di precipitare in maniera vertiginosa. Ma i ragazzi sapevano che li avremmo difesi e sostenuti in qualsiasi circostanza. Non gli abbiamo mai fatto pesare le difficoltà: per ogni cosa c'eravamo sempre".
Ma perché il Bari è fallito?
"Davvero, non lo so. Il Bari aveva il bilancio come fiore all'occhiello: c'era ricchezza. Poi un lento declino, il distacco della tifoseria, la retrocessione. E quando retrocedi ti porti dietro i contratti di Serie A. Abbiamo fatto un miracolo con Conte, ma sono convinto che dopo il primo anno di Ventura - e l'addio di Perinetti - sarebbe stato meglio risanare la società, anche a costo di retrocedere. Bisognava risanare, ma questa cosa era di competenza della proprietà. Serviva dire: "Abbiamo dei debiti, con i contributi risaniamo la società e facciamo un campionato che se ci va bene ci salviamo e ripuliamo. Altrimenti, se retrocediamo, il bilancio è comunque salvo". Quando hai una società pulita e retrocedi puoi subito ritentare di vincere il campionato l'anno dopo. Una volta Vincenzo Matarrese mi disse: "Piero, avevi ragione". Una frase che non dimenticherò mai".
Ha lavorato con quattro direttori sportivi: chi quello a cui è più legato?
"A tutti. Con Regalia c'era un rapporto più di rispetto perché era molto più grande di me. Con Perinetti sono stati tre anni bellissimi in cui abbiamo vinto, a Fausto Pari sono legato anche se gli anni sono stati difficili e Angelozzi lo conosco da trent'anni: con Guido sono stati quattro anni bellissimi, intensi, con sofferenze. Vincere sempre sarebbe bello, ma le sofferenze aiutano".
Qualcuno a Bari, in maniera azzardata, ha dato la colpa dei problemi economici alla gestione Perinetti.
"Queste cose però dipendono da chi le mette in giro. Se a me dicono che devo arrivare a Milano con il motorino faccio di necessità virtù. Ma se mi dicono altre cose... Giorgio con noi ha vinto il campionato e i risultati parlano per lui. Il resto non conta".
Che rapporto ha con i Matarrese oggi?
"Non ci sentiamo più dal fallimento".
Il momento più brutto, per lei, il fallimento della società.
"Quando i libri vanno in tribunale non puoi dimenticarlo: finisce una storia, un'era. Quella è stata una pagina nera. Ma la notte di Venezia - era la stagione 2003/2004 - ho pianto, quando siamo retrocessi dalla B alla C. Per fortuna poi c'è stato il ripescaggio".
Il Bari ha una proprietà (i Matarrese) e nessuno va allo stadio, fallisce e i tifosi si avvicinano alla squadra. Strano, no?
"Quando lavori per una società devi sempre sposare la causa. Ricordo che quando sono arrivato a Bari c'era già contestazione, anche se le cose andavano bene. Un po' come quando moglie e marito non vanno d'accordo..."
I Matarrese torneranno ad interessarsi del Bari, da tifosi?
"Non lo so..."
E dal futuro cosa si aspetta?
"Spero che il Bari possa mantenere l'entusiasmo: una delle vittorie più belle. La società è in mani solide, questa è la cosa più importante".
Cosa ricorderà sempre della stagione?
"Che siamo morti e rinati tutti insieme".
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