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Allegri ha i campioni, Montella ha la squadra. Il Milan e la nemesi dei rigori. La Juventus senza cabina di regia. Suso, un Bruno Conti in salsa spagnola

Allegri ha i campioni, Montella ha la squadra. Il Milan e la nemesi dei rigori. La Juventus senza cabina di regia. Suso, un Bruno Conti in salsa spagnolaTUTTO mercato WEB
sabato 24 dicembre 2016, 09:142016
di Mauro Suma

Da che calcio è calcio, questo è uno sport che si ribella al mercato. E' una materia, quella del pallone, che non ammette l'ultima parola. Pronunci i nomi di Higuain e Pjanic e sembra che gli avversari si sbriciolino da soli. No, il calcio non è questo. Puoi comprare a destra e a manca, a poppa e a prua, ma se poi manca un certo tipo di spirito e la giusta coesione, i contratti dell'estate possono anche fallire la prova del nove. Nella partita secca, certo, non sul lungo periodo, ma quando la partita secca è importante e pesante come quella di Doha, sono conti molto salati quelli che non tornano alla Juventus. Dall'altra parte, un allenatore reduce da una parentesi nervosa e anomala come quella della Sampdoria, destinatario di un mercato spernacchiato da tutti, ha saputo mettere le mani nella pasta come si deve. Vincenzo Montella non ha in squadra i campioni che ha Allegri, ma ha costruito un campione che Allegri non ha: il gioco. Il gruppo. La squadra. Allegri ha uno zoccolo duro italiano di grandi uomini, addizionati dalle scelte di mercato. Ma Montella, questa volta senza l'alibi del gol di Pjanic, ha affrontato per la seconda volta in due mesi da pari a pari la squadra inarrivabile e inavvicinabile. L'ha affrontata con il suo gruppo di uomini finalmente sereni e liberi da tante scorie, cui ha dato meccanismi e fiducia. E ha vinto ancora, due su due. La prima con l'episodio favorevole, la seconda senza. Solo con tanto tanto merito.

I rigori sbagliati contro Crotone e Roma, il palo e i salvataggi sulla linea contro l'Atalanta. L'aereo che non parte. Sembrava il solito Milan del circolo vizioso, dei social che sfottono, di una terra di mezzo senza vie d'uscita e senza luci in fondo al tunnel. Ecco invece che in una sola serata, il Milan mette tutti d'accordo, tutti in fila, tutti giù per terra. A Roma, l'errore due punto zero di Niang aveva chiarito che non era stata la pressione di Lapadula ad indurlo in errore contro il Crotone, mentre nella serie finale con la Juventus lo stesso Lapadula ha evidenziato di non essere uno specialista dei calci di rigore. Al di fuori di questo avvitamento negativo, hanno segnato tutti. Dal lucidissimo Bonaventura allo straordinario Suso, dall'inevitabile Kucka al predestinato Pasalic. Nella serie dei rigori di Doha, ci sono tre giocatori che hanno sbattuto in cantina una spianata strepitosa di luoghi comuni: Suso era il solito parametro zero, Kucka era l'amico di Preziosi, Pasalic invece aveva l'onore di essere il nuovo Van Ginkel. Tutte balle, poverine e anodine.

Quando, dopo i due tempi regolamentari, Marchisio parlava sul campo di Doha con gli occhi della vera Juve ad un Higuain poco convinto e poco coinvolto, si è intuito quello che stava per accadere. Al Pipita arrivavano pochi palloni, ma dall'anima della Juventus gli arrivava forte e chiaro un segnale: sei tu che devi muoverti in maniera diversa. Ci sono momenti in cui, quando non gioca allo Juventus Stadium, quella bianconera sembra una squadra scollegata, fatta di compartimenti stagni. Con vasi potenti e celebrati, ma tutt'altro che comunicanti. La società ha spostato lo scrigno della qualità dal centrocampo all'attacco. La forza nel mezzo è diventata, nella rosa, la potenza della trazione anteriore. Poi però sul campo succede che i muscoli da soli non vanno lontano. E' un centrocampo che lotta, che si inserisce, ma che pensa tremendamente poco quello juventino di oggi, che non dispone della valigetta con i codici e i tempi di gioco delle partite. E quando il gioco si fa complicato e cerebrale, lontano da quello Stadium che nasconde tanti problemi, lo si vede a occhio nudo.

Quanto mancava al Milan e al calcio italiano. Un'ala tecnica, di spunto, che ingaggia duelli a non finire. Fino a che il suo diretto marcatore non osa nemmeno portargli il contrasto. E all'ennesimo scatto, sembra che dica: ancora?! Ma ne hai ancora?! Sì, Suso ha avuto scatti, spunti, affondi, cross e assist per 105 minuti. E al suo calo nel secondo tempo supplementare, è venuta fuori la Juventus sul finale. Ma Suso è tutta la stagione che segna, crea, costruisce, determina e decide. Suso, il parametro zero. Quello che arriva a Milanello e l'allenatore di turno sembra dire, ma pensa te, ma chi mi hanno mandato?! Sì, lui Suso, quello che in una amichevole di Marzo con dieci spettatori al Mapei di Reggio Emilia folgore il presidente Berlusconi in amichevole contro la Reggiana. Non sappiamo se la sua partita di ieri sia paragonabile a quella di un Bruno Conti o di un Donadoni, ma nella serata dell'impresa milanista è bello pensare che possa essere proprio così. Il problema di Suso in fondo sono le quattro lettere del suo cognome. Fossero sette o otto come quelle di qualche dirimpettaio milanese, allora sai che titoli sui giornali. Ma Suso è un ragazzo che non ci bada. Lui prende la palla, saluta la compagnia e punta la porta. Il resto è roba da social.