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Juve, la lezione di Max e Gigi a un passo dall'inferno. Napoli e il caso Higuain: la squalifica che può costare l'addio (ma De Laurentiis...). Milan: sei sessioni di mercato e un ritiro senza senso. Inter la differenza clamorosa tra club e squadra

Juve, la lezione di Max e Gigi a un passo dall'inferno. Napoli e il caso Higuain: la squalifica che può costare l'addio (ma De Laurentiis...). Milan: sei sessioni di mercato e un ritiro senza senso. Inter la differenza clamorosa tra club e squadra TUTTO mercato WEB
© foto di Alessio Alaimo
martedì 5 aprile 2016, 00:002016
di Fabrizio Biasin
Nato a Milano il 3/7/1978, laureato in Scienze ambientali presso l'Università dell'Insubria di Como, da ottobre 2008 è Capo Servizio Sport presso il quotidiano "Libero". Opinionista Rai, TeleLombardia e Sportitalia

Siccome in serie A ne sono successe di tutti i colori mi sembra giusto partire dal campionato Pulcini.
Questo è un pezzo contro i genitori da campo, pessima categoria.
Direte "no dai, i genitori no". I genitori sì, orcamiseria.
Sabato sono stato a una partita di bimbi, giocava mio nipote, Mattia, 10 anni. Confesso di essere uno zio di merda, quasi mai presente.
Zii assenti, altra pessima categoria.
Mio padre: "Andiamo a vedere il Matti?". Io: "Sì, ma è buono?". Lui: "Ha tutti dieci in pagella". Io: "Ho capito, è una sega". Lui: "Sono primi in classifica". Io: "Quanti gol ha fatto?". Lui: "Ha tutti dieci in pagella". Io: "Per caso gli piace il colore rosa e l'album Amici Cucciolotti?". Lui: "Anche tu eri una sega". Io: "Evidentemente io sono figlio d'arte, Mattia è un nipote d'arte e tu hai comprato i geni al discount".
Andiamo al campo. Con due macchine. Siamo entrambi molto permalosi.
Al campetto incrociamo Mattia che si riscalda, finge di non conoscerci. Mio padre: "Si vergogna, non vuole essere salutato".
Nipoti che disconoscono i parenti, altra pessima categoria.
Ore 16, sulle tribune una cinquantina tra genitori e simpatizzanti. Non male.
Mio padre: "Vado a bere un caffè corretto grappa al bar del campetto". Io: "Ma non hanno la macchina del caffè, ho controllato". Lui: "Vado a bere una grappa, fatti i cazzi tuoi".
Ne approfitto per urlare "Oh Mattia!", certo che il piccino si vergogni del nonno, non dello zio. Il piccino si gira e pone l'indice sulle labbra come a dire "muto zio". La gente mi osserva come a dire "chi cazzo sei?". Mi vergogno molto, ma fingo di avere cose da scrivere sul cellulare.
Prima cosa che scopro: le partite dei pulcini durano tre tempi ognuno dei quali vale una mini partita a sé. Per portare a casa i tre punti devi vincere un tempo più del tuo avversario. Mi sembra un regolamento del cazzo ma mi adeguo.
Si comincia. Sette contro sette, campo gibboso, i bimbi provano a tenere la posizione, tendenzialmente cercano di ascoltare quello che dice l'allenatore, ma presto mi accorgo che la cosa è impossibile. Sulle tribune è un trionfo di Enzi Bearzot, Marcelli Lippi, Mourinhi, Fabi Capello. "Franchino! Vieni in fascia! Ascolta ammè!" urla un genitore. Il bimbo non sa che fare, anche perché è il portiere. Un altro, presunto bomber, è l'idolo della torcida: "Pierone tira! Pierone fai gol! Pierone non passarla!". Pierone è alto almeno dieci centimetri più degli altri e si vede che è avido di Buondì Motta. A dieci anni, 10 centimetri e 15 chili in più fanno la differenza su ogni cosa. Su "Pierone non passarla!" mi volto. Vorrei esibirmi in un "cazzo dite?", ma mi accorgo che padri e zii sono molto più grossi di me e hanno sguardi avvelenati. Ergo, mi faccio i cazzi miei.
La partita come nelle migliori tradizioni dei Pulcini è un concentrato di palloni calciati a caso, bimbi che corrono nei pressi della sfera tipo formiche nel formicaio, campanili spaziali. Sacchi non sarebbe contento, ma i bambini se ne fottono e si divertono come matti. Il problema è tutto in tribuna: genitori di opposte tifoserie cominciano a punzecchiarsi con frasi tipo "ma questi da dove vengono? Ma se ne stiano a casa loro". Frasi di discriminazione territoriale immotivate se si pensa che i due paesi distano 4 km in linea d'aria. Mio nipote nel frattempo avrà toccato sì e no tre palloni, ma tutti molto ordinati devo dire. A un certo punto, pressato da un avversario, fa una cosa che nessuno dei presenti in campo aveva fatto fino a quel momento: un passaggio all'indietro. Mi permetto di urlare "Bravo Mattia!", ma la massa non condivide. "Ma non passarla indietro! Non è rugby! Ma pensa questo qua!". Mi incazzo. Giro la testa pronto a dire "Guardi che lei non capisce una fava", ma il soggetto ha un tatuaggio tribale che prende parte del collo e la stazza di uno avvezzo ai Buondì Motta: è il padre di Pierone. Ergo, mi faccio i cazzi miei. La partita è tesa: 0-0 sia il primo che il secondo tempo. Tutto dipende dal terzo. C'è una tensione bestiale. Cerco mio padre con lo sguardo, ma con questa storia del doppio intervallo va a nozze e lo ritrovo lontano, in zona grappa.
Il terzo tempo è un delirio totale: i 50 sugli spalti decidono che non è il caso di mandarsi affanculo tra loro e - guidati da un'altra categoria pericolosissima, le mamme - decidono di coalizzarsi contro il povero diavolo dell'arbitro. L'arbitro nei Pulcini non lo manda la federazione, né indossa una divisa. Ha semplicemente un fischietto e una tuta comprata al Cisalfa. È in definitiva un volontario che andrebbe premiato con delle targhe al merito sportivo per quanto è vessato dal primo all'ultimo secondo. Mamma 1: "Arbitro cieco! È rimessa!". L'arbitro finge di non sentire. Mamma 2: "Arbitro! Vediamo di tirar fuori questi cartellini che cazzo!". Probabilmente neanche ce li ha. Mamma 3: "Arbitro casalingo! Vergognati! Era punella dal limite!". Su "Arbitro casalingo" il giovane (avrà avuto 28 anni al massimo) si gira: "Ma signora, non vede che i bambini decidono tra di loro se il fallo c'è o meno? Sono più maturi di voi...". Mamma 3 ha due piercing al naso, una minigonna inguinale con calza a rete e un cane al guinzaglio: è chiaramente la mamma di Pierone. "Più maturi di me? Cazzo dici pistolino? - esclama - Ti aspetto fuori!". Dagli spalti partono addirittura alcuni applausi bipartisan in segno di solidarietà alla "contessa". L'arbitro si sposta sul lato del campo più lontano alla folla, aspetta che passino i due minuti di recupero e fischia la fine: 0-0 anche il terzo tempo. Uno dagli spalti: "Arbitro devi andare a vedere Amici della De Filippi? C'erano almeno altri due minuti da recuperare! Pirla!". Risate generali.
Poi Mattia mi vede, si avvicina, mi dice: "Oh, grazie che sei venuto a vedermi". Gli voglio un po' bene. E poi: "Mi porti a casa tu o il nonno?". Io: "Il nonno, io torno a Milano. Anzi, fammi andare a vedere dov'è...". E lui: "Dove vuoi che sia, è alle grappe. Però almeno lui non urla mai". Capisco che il piccolo Matti è tutto suo zio e gli metto una mano sulla capoccia. E lui: "Zio...". Io: "Dimmi Matti". Lui: "Ok la mano sulla capoccia, ma non mi salutare mai prima della partita. Mai". Fine.
Forte della mia esperienza sul campo dei piccini, il giorno dopo mi preparo alla giornata di calcio totale: Udinese-Napoli, derby di Roma, Atalanta-Milan, posticipo Inter-Toro. Una pacchia.
Il Napoli perde a Udine con tutti i casini che conoscete e da buon "social addicted che se la tira" faccio partire il primo tweet: "Se in presenza di difficoltà tecnico e leader sono i primi a cedere con i nervi, combattere con la corazzata Juve diventa impossibile".
Mi capita spesso di ripudiare un tweet a 24 ore di distanza, tra me e me penso "cazzo ho scritto?". Non in questo caso. I fatti di Udine hanno decisamente fatto crollare alcune personalissime certezze che covavo da tempo sul conto di mister Sarri. Ho sempre pensato che avesse tutto sotto controllo, che il suo "rompere le balle" su questioni francamente di secondo piano - vedi orari delle partite o i fatturati - fosse propedeutico a infastidire la Juve sfruttando il puro cazzeggio dialettico (certe cose in presenza di due squadre che lottano punto a punto ci sono sempre state e mi meraviglio di chi si è meravigliato o addirittura indignato). Fatto sta che l'ottimo tecnico dei partenopei è franato sullo stesso terreno che aveva sapientemente coltivato: i suoi giocatori sono crollati psicologicamente di fronte al primo vero intoppo della stagione, quasi convinti che davvero i concetti di Sarri avessero un solido presupposto e non fossero soltanto un modo per creare subbuglio in casa d'altri.
Il comportamento di Higuain è giustificabile solo se analizzato dal punto di vista umano (un attaccante da 30 gol che vede sfuggire lo scudetto può legittimamente sbroccare), ma non se consideriamo che da lui ci si aspetta che sappia condurre i compagni nei mari placidi, come nelle tempeste. Il paragone non piacerà, ma in casa Juve ai tempi del disastro post-Sassuolo e in presenza di una classifica oscena, presero parola mister Allegri e capitan Buffon: fermi, decisi, soprattutto saldi con i nervi. Si dirà, troppo comodo con una società alle spalle come quella bianconera. Vero, infatti è proprio da lì che Napoli e il Napoli devono ripartire. La stagione in corso molto probabilmente non porterà lo scudetto, ma deve essere un punto di partenza per consolidarsi e ripartire nell'anno della Champions, con la consapevolezza di essere ormai una società all'altezza, una realtà, non un club che deve cibarsi delle sfortune altrui.
De Laurentiis a gennaio ha lesinato, ma sarebbe ingeneroso additarlo come responsabile dell'attuale -6 dalla vetta. Il prossimo sarà il mercato dei pochi ma consistenti colpi in entrata. C'è chi spergiura che la mazzata a Higuain (probabili quattro giornate) porterà all'addio del bomber argentino dall'Italia. Personalmente non ne sono così convinto e in ogni caso mai De Laurentiis mollerà sui famosi - e legittimi - 94 milioni. Anche se il presente ha un sapore amaro, il futuro a Napoli è dolce, abbiate fede.

Terminata la partita del Friuli mi son buttato su Atalanta-Milan. A giochi fatti ho nuovamente cinguettato tipo pavone: "Dal 2013 al Milan 41 giocatori tra acquisti e prestiti per circa 145 mln spesi. 33 cessioni e solo 4 plusvalenze. Ma è colpa del mister".

Anche in questo caso mi son risvegliato con un dubbio: ho scritto cose esatte? Davvero Mihajlovic è l'ultimo dei responsabili? Beh, io credo proprio di sì.

In casa Milan vige come sempre il "chi perde tace". Ma chi l'ha detto? Per carità, ieri Galliani ha esposto la sua versione delle cose, ma siamo alle solite frasi di circostanza, troppo poco per chi pretende risposte e chiarimenti. È iniziato questo ritiro spirituale che ha tutte le caratteristiche della "tardiva presa di coscienza". Il problema del ritiro rossonero è che chiusi all'interno dello spogliatoio ci sono tutta una serie di giocatori da sesto posto che per il sesto posto stanno lottando. Si può punire un gruppo che sta rendendo per quel che vale? Sì, perché è legittimo pretendere di più, ma allora in quel ritiro ci deve stare anche chi al mercato di gennaio (perdonate l'autocitazione) ha promosso "la prima campagna di indebolimento della storia". L'allenatore avrà anche le sue responsabilità - sembra ormai rassegnato e certo del siluramento -ma come puoi pretendere che il gruppo si strappi il cuore per un tecnico messo in discussione fin da autunno scorso? Se Di Francesco - tecnico emergente che in presenza di un'offerta da via Aldo Rossi dovrebbe piangere dalla gioia - dice «non vado dove c'è confusione» è evidente che la situazione rossonera ha tracimato le porte dello spogliatoio di Milanello e di conseguenza ha fatto perdere la poca pazienza rimasta ai tifosi rossoneri.
E allora torno al tweet, al mercato di questi ultimi due anni e mezzo. Investimenti principali: Bacca (30 milioni), Romagnoli (25), Bertolacci (20), Matri (11), Poli (8), Luiz Adriano (8), Bonaventura (7) più tutta un'altra serie di acquisti/prestiti per oltre 140 milioni spesi e 41 giocatori tesserati. Cessioni: 34 giocatori venduti, 58 milioni incassati ma solo 18 di plusvalenze: Balotelli rifilato al Liverpool (20 milioni, 4,3 di plusvalenza), Saponara (2 milioni di plusvalenza), Cristante (5), Boateng (6), Rami (0.7). Nel frattempo El Shaarawy, Cerci e Suso, gli epurati di gennaio, nel 2016 hanno segnato in totale 14 gol, praticamente quanti ne hanno buttati dentro tutti gli attaccanti del Diavolo messi insieme.
Insomma, i conti non tornano al di là dei ritiri e della questione "Sinisa resta se vince la finale di Coppa Italia". Restare a far cosa? Ad attendere un cambio di strategia sul mercato che nonostante tutto non sembra essere nelle priorità del club? Sapete che c'è, arriverà qualcuno, forse Brocchi perché nessuno al suo posto direbbe di no, poi si aspetterà un miracolo di qualche genere. Oh, a volte i miracoli si realizzano, ma almeno evitiamo di chiamarla programmazione.
A sera ho assistito al disastro interista e da perfetto minchione mi sono concesso la terza twittata: "Terzo tweet del giorno: ho rotto il cazzo a Higuain, poi al Milan, non posso far finta di niente. Inter, c'è "qualcosina" da rivedere. Ehm..."
Che dire, l'Inter aveva una chance: vincerle tutte e sperare in qualche improbabile inciampo della Roma (e della Fiorentina che, ricordiamolo, nonostante tutto è ancora davanti). E invece i Mancini's sono tornati ai disastri di gennaio-febbraio. In questo caso la questione è doppia. C'è quella legata a un club che naviga in un mare di debiti e comunque riesce a fare il suo dovere per costruire qualcosa di buono: sono arrivati giocatori giovani, spendibili sul mercato, il tutto senza creare grossi sbilanci tra cessioni e acquisti. Poi c'è la questione di campo, ovvero quella di una squadra che ricade nei soliti errori di concentrazione e finisce col doversi attaccare alla faccende arbitrali. Sia chiaro, le decisioni di Guida hanno inciso nel risultato del match con il Toro, ma un gruppo che per sua stessa ammissione ambiva al terzo posto non può giustificare una sconfitta contro un avversario in clamorosa difficoltà, attaccandosi a un paio di episodi. Sei vuoi arrivare terzo certe partite le devi chiudere e se non le chiudi devi saperle amministrare. Su entrambi i fronti i nerazzurri sono carenti e carente è stato anche il suo allenatore, costretto dagli eventi a schierare una formazione non adeguata, dove per "eventi" dobbiamo considerare sì gli infortuni, ma anche il fatto che per 85 minuti in panchina è rimasto a guardare quello che doveva essere il rinforzo di gennaio, Eder, preferito a un centrocampista (Soriano) che ieri sarebbe servito come il pane.
Ok, dopo aver rotto le balle a tutti vi saluto con quattro rapide considerazioni:

1) Conte guadagnerà 20 milioni in tre anni. Che sono più di 500mila euro al mese. Che sono più di 15mila euro al giorno. Che sono più di 500 euro all'ora. Praticamente ha guadagnato cento euro mentre voi leggevate le mie puttanate. Dove voglio arrivare? Da nessuna parte. Provo solo molta invidia.

2)È nata la radio di Tmw. E io le faccio i miei complimenti. Sogno un giorno di condurre un programma di supercazzole-sportive. Tipo che chiamo Tavecchio e gli dico "Compreso il fatto del sistema calcio, non crede che Opti Pobà, esentato, ricada sulla scelta del nuovo ct?". Temo che potrebbe rispondermi.

3) Se anche voi andate a vedere le partite dei vostri figli/nipoti e volete dire la vostra siete invitati a scrivere a ilsensodelgol@gmail.com, pubblicheremo le vostre intemerate.

4) Se date la mano a Maxi Lopez e non siete Mauro Icardi ricordate che ve la darà. E che probabilmente si è appena toccato i maroni.

5) Mio padre non vuole passare per beone e ci tiene a dire che dalla zona grappe la partita si vede meglio "perché il bar è in posto sopra una collinetta". Voglio credergli.
(twitter: @FBiasin @ilsensodelgol)