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L'attacco più forte d'Italia, impossibile da stabilire. Conte ha ragione, ranking che fa ridere. Ma non da oggi. Juve, ma è Delneri-Zaccheroni-Ferrara oppure Allegri? Manca Kulovic. Fiorentina che scollina, Scudetto si avvicina (non c'è Edmundo)

L'attacco più forte d'Italia, impossibile da stabilire. Conte ha ragione, ranking che fa ridere. Ma non da oggi. Juve, ma è Delneri-Zaccheroni-Ferrara oppure Allegri? Manca Kulovic. Fiorentina che scollina, Scudetto si avvicina (non c'è Edmundo)TUTTO mercato WEB
© foto di Lorenzo Di Benedetto
domenica 11 ottobre 2015, 09:302015
di Andrea Losapio
Nato a Bergamo il 23-06-1984, giornalista per TuttoMercatoWeb dal 2008 e caporedattore dal 2009, ha diretto TuttoMondiali e TuttoEuropei. Ha collaborato con Odeon TV, SportItalia e Radio Sportiva. Dal 2012 lavora per il Corriere della Sera

Il buon José Maria Callejon, attaccante multiuso del Napoli più bello degli ultimi venticinque anni, ha provato a esagerare. "Siamo l'attacco migliore d'Italia". No, ecco, d'Europa non ha osato. Ma del Belpaese sì, perché in senso assoluto è complicato trovarne cinque meglio dell'iberico, e poi Gabbiadini. E Mertens? Senza contare il leader Higuain, oppure il numero dieci Insigne. Proprio sul Diez la discussione è complicata. A Napoli c'è chi dice sì, Insigne se la merita. E altri che ovviamente contrappongono la propria voce. In un mese Sarri è riuscito a far digerire pure un ipotetico cambio di maglia, da ritirata a regalata allo Scugnizzo. Il buongiorno si vede dal mattino, ma l'isteria è evidente: bastano trenta giorni per passare da disastro a salvatore della patria? Claro que no, direbbe Benitez. E pure chi è dotato di equilibrio. Il nostro calcio però è dei titolisti, pur forzati. E di chi ha un opinione per tutto, senza vedere nulla. Così Insigne è un ottimo giocatore ma non un fenomeno come Diego (dovendo dimostrare di essere Lavezzi, più che altro) e mancano almeno un paio di Scudetti vinti per pareggiare (per modo di dire) l'argentino. Poi ci sarebbe un Mondiale, un gol scartando tutti e uno di mano... Fatto sta che è impossibile stabilire se è meglio l'attacco del Napoli oppure la fantastica Roma che si permette di dimenticare Iturbe, fare a meno di Dzeko e Totti, ma siglare quattro gol ugualmente. E poi la Juve, con Dybala che è il futuro (l'ha detto Messi) oppure Morata, centravanti della Spagna al prossimo Europeo. E poi il Milan di Bacca, l'Inter di Icardi, le lune della Lazio. Il Napoli sta comunque sorprendendo, ma è pur sempre a sei punti dalla capolista. Ma ne parleremo dopo.

Perché, all'orizzonte, c'è l'Italia di Antonio Conte. Argomento che diverte più o meno quanto giocare a scacchi contro Deep Blue. Matto in diciotto mosse, e occhio a sbagliare apertura. La realtà è che la Nazionale ci piace solo nelle grandi manifestazioni, e manco nell'Europeo. La differenza è più o meno quella tra Europa e Champions League: una vittoria dei Mondiali ci porta in piazza, ci fa godere fisicamente per anni. Un secondo posto l'anno prossimo non sarebbe un fallimento, ma nemmeno un'impresa da ricordare: Prandelli insegna, sebbene Balotelli ci abbia basato la carriera, tra la doppietta alla Germania e la spaccata per Aguero, all'ultimo secondo di Manchester City-Queens Park Rangers, oramai parecchio tempo fa. Per questo bisogna già pensare ai Mondiali 2018: chi nei venticinque? I miei sono Sportiello, Buffon e Perin. Zappacosta, Darmian, Romagnoli, Rugani, Bonucci, Florenzi, De Sciglio, Santon, Verratti, Marchisio, Baselli, Bonaventura, Candreva, Cataldi, Soriano, Bertolacci, Balotelli, Berardi, Bernardeschi, El Shaarawy, Insigne, Gabbiadini. Ne mancano parecchi, da Sturaro a Giovinco, passando per i Bonazzoli, gli Zaza o i Benassi. Troppi. In una cosa Conte ha ragione: il ranking fa ridere, l'Italia ha passato il turno senza grossi patemi d'animo, mentre la Croazia è messa meglio. Appunto, da ridere, ma non da ora.

Piccolo, grosso, enorme problema per Allegri. Gli infortuni. Dopo avere rinunciato a Morata, per un po' di tempo, a Mandzukic, senza contare Asamoah o il problema riscontrato con Lichtsteiner, in questo momento il tecnico della Juventus deve fare i conti con la sfiga. Che non è quella che ti fa colpire pali e traverse a FIFA o Pes (per la par condicio) ma l'impossibilità di schierare la formazione tipo. Perché poi c'è Caceres che va a sbattere con l'auto, bevendo un bicchiere di troppo, Khedira che gioca la prima ufficiale in maniera degna all'ultimo giorno di settembre, Blanchard che fa gol nell'unica occasione del Frosinone, e via così. In Champions si sta vedendo la vera forza, mentre per la conta degli infortunati sembra essere tornati ai tempi di Zaccheroni, di Delneri e di Ferrara, quando gli assenti avevano sempre ragione e la Juve galleggiava poco più su di metà classifica. Manca un po' di fortuna, oppure il giocatore più forte della Juventus, secondo il Mughini dei primi anni duemila: Kulovic. Poi non è detto che dopo quattro Scudetti consecutivi un calo non sia pure fisiologico, in attesa di un'altra grande striscia.

La Fiorentina intanto gode. A Firenze si respira un clima che difficilmente in città si ricorda, almeno dopo l'addio di Batistuta e Rui Costa. Paulo Sousa è passato da gobbo a profeta del calcio totale, la dirigenza di sprovveduti (e lo è stata, da Salah a Neto, ma non su Bernardeschi e Babacar, pur rischiando molto) aveva già avuto il suo bel funerale, salvo poi trovare sei vittorie in sette partite. Firenze, città umorale come poche, vive di sentimento. E il parallelismo con la viola di Trapattoni è già bell'e sdoganato: con una differenza, non c'è Edmundo. La realtà è che i toscani hanno avuto un calendario abbastanza semplice, Inter a Milano esclusa, salvo poi trovare Bologna e Carpi, un'Atalanta in dieci dal quinto minuto e un Milan allo sbaraglio della prima giornata (e non solo). Le due prossime partite diranno molto sulle ambizioni viola, tra Napoli - fuori casa, scoglio complicatissimo - e la Roma, forse la squadra più completa, Juve a parte. Dovesse scollinare... Pensieri sparsi: l'Inter ha una buona dose di fortuna, chissà quando finirà (o inizierà a giocare bene), il Sassuolo soffre l'assenza di Berardi, una provinciale difficilmente vincerà alcunché in un calcio del genere. Troppe partite, forbice ampia dalle prime. Dietro raggiungono i tre punti, finalmente, Frosinone e Carpi, ma il ciapanò sembra destinato a rimanere inalterato. Da qui alla prossima sosta della Nazionale le cose torneranno a posto. E pure la noia, dovuta a una squadra che entusiasma un mese ogni quattro anni.