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Il calcio giovanile di oggi: intervista ad Angelo Stelletta

Il calcio giovanile di oggi: intervista ad Angelo Stelletta
venerdì 1 giugno 2001, 20:392001
di Germano D'Ambrosio
Abbiamo voluto puntare l’obiettivo sul tema dei settori giovanili. Ed abbiamo contattato uno dei maggiori esperti in materia, famoso in Francia per aver lanciato diversi campioni, il quale ci ha spiegato la situazione attuale.

Spesso si parla poco di giovani e di cio’ che fanno le società calcistiche per farli crescere al meglio. Noi di Tutto Mercato abbiamo chiamato in causa Angelo Stelletta, responsabile assoluto del centro di formazione dell’U.S. Behren, un piccolo club francese che grazie alla sua feconda attività ha potuto fornire negli ultimi tempi molti ragazzi tra Nantes, Metz, Sochaux, Paris Saint-Germain e Milan. Non ultimi i suoi due figli, i campioncini Pascal e Philippe di cui spesso vi abbiamo già parlato. Per lui il calcio è soprattutto una grandissima passione, e cerca di trasmettere questo anche ai suoi ragazzi. Vediamo cosa ci ha detto riguardo la situazione del calcio giovanile di oggi.

D: Molti ragazzi sognano da grandi di diventare dei calciatori di successo: ma come si fa a riconoscere se un giovanissimo è davvero sulla “buona strada” o se il suo è destinato a rimanere un sogno ??

R: E’ praticamente impossibile o molto difficile prevedere se un giocatore farà una grande carriera, dato che ci sono molti parametri da considerare. Da una parte un parametro visibile è la sua tecnica (controllo della palla, dribbling, ecc…), e cio’ ti dà l’idea del suo bagaglio personale. Ma il grande parametro invisibile è quello che il giocatore ha in sé, e risiede nel suo subconscio. E’ quello che alimenterà nel giocatore la fiducia in se stesso, lo motiverà a credere in sé e a superare tutti i dubbi e le paure quando gli si presenteranno gli ostacoli.

D: Con la scomparsa del “calcio fantasia” a scapito del “calcio muscolare”, non c’è il rischio di togliere il gusto del gioco vero e proprio ai giovani calciatori ??

R: Credo di no, perché i giocatori di qualsiasi paese non si preoccupano per il proprio fisico. Questa preoccupazione compare verso i 15, 16 anni. Prima di allora il giocatore quando è in campo ha solo voglia di superare il suo avversario con piu’ fantasia possibile! E questa fantasia giovanile non scomparirà mai, per lo meno fino a quando esisterà il calcio!

D: Il calcio di oggi è sempre piu’ teso all’importazione di giocatori stranieri, sottovalutando spesso i vivai nazionali. Quali sono i rischi di questo fenomeno e come pensa che si possa risolverlo ??

R: E’ vero, questo fenomeno mi preoccupa molto! Il business ha messo le mani sul vero calcio! Comprare giocatori all’estero va di moda, si fa bella figura nei confronti degli altri club e della tifoseria. Ma questi uomini d’affari non si rendono conto che hanno in casa propria i migliori giocatori. Spesso comprano il giocatore del momento purché sia acquistato all’estero. Risultato: i club sono costretti a mettere in campo i giocatori che hanno comprato a prezzi d’oro pur di accontentare il pubblico, tralasciando cosi il giovane talento che pian piano perderà la sua motivazione ed il suo entusiasmo.Il rischio piu’ grande è che il giovane italiano (per fare riferimento al vostro campionato) finirà per credere di non essere fatto per il calcio. Bisogna fare velocemente “marcia indietro” e questa volta tocca a voi “media” fare capire questo alle società sportive. Bisogna che i media diano molto piu’ importanza ai club di formazione come l’Auxerre o il Nantes in Francia e l’Atalanta in Italia, che sono ottimi centri di formazione.

D: Lei stesso ha parlato di club che acquistano calciatori giovanissimi per cifre stratosferiche, addirittura decine di miliardi: ma di questo passo dove andremo a finire ?? Quanto puo’ influire una cosi’ grossa responsabilità economica sulla psicologia di un calciatore ancora in erba ??

R: Ripeto, non capisco come alcuni club italiani possano cercare giovani fuori pagandoli a prezzi d’oro in centri di formazione francesi per rivenderli il doppio. Penso che la maggior parte dei talenti si trovi in Italia e credo anche che si dovrebbe rivedere la formazione tecnica e fisica, che e’ un po’ vecchia. I club professionisti si dovrebbero impegnare di piu’ a creare dei buoni centri di formazione dato le che esistono le possibilità finanziare. Io vivo in Francia attualmente e so come funzionano, come reclutano, come lavorano. Io stesso sono uno che si occupa di formazione all’interno di un club, e sono anche pronto ad aiutare, servendomi della mia esperienza, qualsiasi club che desiderasse il mio aiuto e la mia consulenza.

D: Qual è quindi il segreto che ogni squadra dovrebbe conoscere per sviluppare il proprio settore giovanile ??

R: Non ci sono segreti, dato che prima o poi si viene a sapere tutto. Anche se io ho un metodo che mi sforzo di mantenere segreto, perché è inedito e mi dà eccellenti risultati, al punto che società professioniste sorprese dai risultati che ottengo mi chiedono di frequentare degli stages tenuti da me. Io mi sono sempre rifiutato perché questo è un metodo che richiede tempo e pazienza, e dato che loro volevano dei risultati immediati questo metodo non é applicabile alle loro richieste. Bisogna lasciare ai giovani il tempo di imparare senza turbarli e metterli sotto troppa pressione. Perché “imparare é vincere”, come dico sempre ai miei ragazzi.

D: Il caso doping, almeno in Italia, è sulla bocca di tutti. Lei che ne pensa a proposito ?? Non teme che il fenomeno possa in breve tempo estendersi anche alle formazioni giovanili, con gravissime conseguenze ??

R: Il doping è la peggiore cosa che potesse succedere al calcio. Si pensava che questo fenomeno fosse al di fuori di questo sport, si credeva che soltanto gli sport individuali come il ciclismo, l’atletica ed il sollevamento pesi fossero interessati dal fenomeno. Alcune persone con pochi scrupoli invece hanno pensato che aumentando la massa muscolare degli atleti sarebbe aumentato anche il loro rendimento come la velocità, anche se a discapito dell’eleganza e sopratutto della tecnica! Sono lieto di non credere che i giovani, per lo meno i giovanissimi, non siano interessati da questo triste fenomeno. Anche se a questo punto tutto è possibile.

D: Lei conosce abbastanza bene anche l’orizzonte giovanile italiano. Qual è il ragazzo che le sarebbe piaciuto allenare (a parte i vari Cassano, Pirlo, ecc.) ??

R: Non saprei farle il nome di un giovane in particolare, ma se devo dare la mia opinione, una squadra che avrei voluto allenare è la Under 16 italiana che ho visto di recente agli Europei di categoria, e che mi ha fatto una buona impressione.

Si ringrazia Giuseppe Alaimo per la preziosa collaborazione