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Nervosismo, fragilità e assenza: viaggio nei mali della Roma

Nervosismo, fragilità e assenza: viaggio nei mali della RomaTUTTO mercato WEB
lunedì 13 aprile 2009, 09:152009
di Redazione TMW.
fonte di Matteo Pinci per Romanews.eu

Un derby amaro. La gara di andata aveva restituito al campionato una Roma vincente dopo un abisso di cinque gare chiuse con la miseria di un punto fra le mani. Un successo che aveva esorcizzato i fantasmi di una zona retrocessione diventata improvvisamente vicinissima. Che aveva rilanciato, sulla scia di un nuovo sistema di gioco, le ambizioni europee di una squadra che ha bisogno dei riflettori della Champions per finanziare i propri sogni. Un girone dopo, tutti i limiti che avevano spinto Spalletti a mettere da parte le bollicine del 4-2-3-1 per dissetare una classifica fin troppo arida, sono nuovamente lì. Intaccando, reparto per reparto, lo scacchiere romanista.

DIFESA ― Una banderuola di campagna esposta ai mutevoli umori del tempo. È questa la sensazione che la difesa della Roma ha suggerito nelle ultime apparizioni. Una solidità smarrita sotto i colpi di otto marcatori diversi nelle ultime sei gare. Sei gare in cui la squadra giallorossa ha sempre subito gol. Quindici in tutto, di cui dieci nei quattro impegni allo Stadio Olimpico. Da tempo, sul banco degli imputati è finito Doni. Ma il problema è più ampio e riguarda tutti gli uomini della retroguardia. L'assenza di Juan pesa sull'organico romanista dallo scorso 21 febbraio, giorno della vittoria per 1-0 sul Siena. Ultima circostanza in cui la difesa giallorossa è riuscita a rimanere imbattuta. Dalla gara contro l'Inter, la prima senza il centrale della Seleçao, mai due volte di fila la stessa linea difensiva. Con la conseguenza di un reparto in evidente difficoltà ed esposto alle iniziative avversarie. I gol incassati sono ora quarantasei. Meglio, soltanto, delle ultime quattro in classifica. Se le squadre vincenti si costruiscono dalla difesa, la Roma ha ancora tanto su cui lavorare.

CENTROCAMPO ― Orfani del rombo. I centrocampisti della Roma sembrano soffrire più di chiunque altro la rinuncia al modulo da rincorsa. Simbolo della metamorfosi è Brighi. Una comparsa dodici mesi fa quando il 4-2-3-1 era la Bibbia del credo spallettiano. Insostituibile mezz'ala d'assalto con i tre-più-uno in mediana. Superfluo, se non dannoso, con il ritorno alla formula prediletta dall'uomo di Certaldo. La gara di andata contro la Lazio aveva consegnato alla storia una Roma capace di far coesistere Baptista, Totti e Vucinic, se sostenuti da tre maratoneti come De Rossi, Perrotta e Matteo. Quel 16 novembre Spalletti trovò la formula più aggressiva del rombo. Trovò, soprattutto, i primi tre punti in campionato grazie al nuovo sistema. Sui quarantanove complessivi, trentacinque sono arrivati proprio con l'ormai abiurato centrocampo «operaio». Numeri importanti. Su cui riflettere.

ATTACCO ― L'interruttore è Totti. Non ha avuto problemi De Rossi a riconoscerlo durante la conferenza di mercoledì: «Oltre a Francesco non abbiamo mai avuto un attaccante da venti gol». In questa stagione, senza l'apporto del capitano, raramente la squadra ha tagliato il traguardo a braccia alzate. È successo solo in quattro circostanze su quindici, contro le nove vittorie su quattordici incontri in cui Francesco ha guidato dal primo minuto le azioni giallorosse. Un Vucinic incostante sotto rete e un Baptista più bravo a rifinire che a concludere non sono riusciti a mascherare i problemi fisici che hanno frenato il capitano romanista. In più, rispetto alla scorsa stagione, è mancato l'apporto degli attaccanti «aggiunti». Appena due gol per Perrotta, che un anno fa aveva chiuso a quota cinque. Uno soltanto firmato Taddei, dopo i sei dello scorso campionato. Davanti si fatica. Le cifre sono lontane anni luce dal rendimento di dodici mesi fa. Quasi due gol a partita di media nel 2007-2008. Neanche uno e mezzo oggi. Con tanti saluti al miglior attacco della Serie A.

NERVOSISMO ― Mancanza di certezze, qualche assenza di troppo. Il crollo nel rendimento sembra aver intaccato anche da un punto di vista mentale la squadra di Spalletti. Le espulsioni di Panucci e Mexes, che allungano fino a undici l'elenco dei «rossi» stagionali, sono le ultime pennellate sul ritratto di una dama capricciosa che non accetta di non essere più sé stessa. Ed esplode in atteggiamenti isterici. Un'isteria contagiosa che sembra colpire tutti. A cominciare dal tecnico. Sette giorni fa accenti infuocati durante la conferenza prima di Roma-Bologna. Oggi una lite con il dirigente ed ex giocatore della Lazio Tare, sbocciata nel segreto del tunnel degli spogliatoi per poi deflagrare in veste mediatica. A chiudere la nevrotica giornata romanista il faccia a faccia Pradè-Lotito. Ennesimo sintomo di un malessere diffuso e generalizzato tra i corridoi di Trigoria. Meno sette alla fine del campionato. Tempo per invertire la rotta ce n'è. Sperando che non sia tropo tardi.