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20 aprile 2010, l'Inter di Mourinho si vendica su Ibrahimovic. Balotelli butta a terra la maglia
Il 20 aprile del 2010, a San Siro, si gioca la semifinale d'andata della Champions League. Di fronte c'è l'Inter di Mourinho con il Barcellona di Pep Guardiola. Lo Special One contro chi, un anno prima, aveva giocato un calcio celestiale e imposto la propria legge in Europa. Con un Messi giovanissimo ma straordinario stavolta c'è Ibrahimovic e non più Eto'o, come nel 2009: lo scambio dell'estate aveva portato lo svedese proprio al Camp Nou per 48 milioni più il cartellino del camerunense. Forse, tornando indietro, non in molti avrebbero fatto questa scelta.
Ed è probabilmente la serata più epica per l'Inter degli ultimi 15 anni. L'avversario era una balena bianca di melvilliana memoria, apparentemente invincibile e inarrestabile. Gli 80 mila sugli spalti sperano però nell'impensabile: la coreografia dice "Madrid", cioè la sede della finale che si sarebbe giocata un mese più tardi. La destinazione più bella, insomma. Servirebbe quindi la partita della vita anche perché a Barcellona la situazione poteva volgere al peggio con una gragnuola di reti.
La partita inizia male. Subito gol di Pedro. Risponde Sneijder. Qualche decisione arbitrale dubbia - in particolare un fallo dello stesso olandese su Dani Alves - e poi Maicon insacca con una straordinaria discesa. Il 2-1 va bene ma rischia di essere poco, così Milito decide di entrare nel tabellino dei marcatori con un tocco da un metro, dopo un tiro schiacciato. Con il Var sarebbe stato fuorigioco, ma Mourinho può esultare liberamente dopo che l'arbitro Benquerenca concede la rete. Lucio a cinque dalla fine salva su Piqué, un salvataggio straordinario.
Come nelle migliori nottate - anche a Madrid con Mou e Milito - esce una vena di autolesionismo nerazzurro. Balotelli entra a quindici dalla fine, molle, senza voglia. A fine partita, contestato, si toglie e la scaglia a terra, sentenziando, di fatto, il suo addio ai nerazzurri di lì a poco.
Ed è probabilmente la serata più epica per l'Inter degli ultimi 15 anni. L'avversario era una balena bianca di melvilliana memoria, apparentemente invincibile e inarrestabile. Gli 80 mila sugli spalti sperano però nell'impensabile: la coreografia dice "Madrid", cioè la sede della finale che si sarebbe giocata un mese più tardi. La destinazione più bella, insomma. Servirebbe quindi la partita della vita anche perché a Barcellona la situazione poteva volgere al peggio con una gragnuola di reti.
La partita inizia male. Subito gol di Pedro. Risponde Sneijder. Qualche decisione arbitrale dubbia - in particolare un fallo dello stesso olandese su Dani Alves - e poi Maicon insacca con una straordinaria discesa. Il 2-1 va bene ma rischia di essere poco, così Milito decide di entrare nel tabellino dei marcatori con un tocco da un metro, dopo un tiro schiacciato. Con il Var sarebbe stato fuorigioco, ma Mourinho può esultare liberamente dopo che l'arbitro Benquerenca concede la rete. Lucio a cinque dalla fine salva su Piqué, un salvataggio straordinario.
Come nelle migliori nottate - anche a Madrid con Mou e Milito - esce una vena di autolesionismo nerazzurro. Balotelli entra a quindici dalla fine, molle, senza voglia. A fine partita, contestato, si toglie e la scaglia a terra, sentenziando, di fatto, il suo addio ai nerazzurri di lì a poco.
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