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Caso Acerbi-Juan Jesus, l'avvocato Chirico: "Rischio di creazione di un precedente"
L'avvocato di diritto sportivo Nini Chirico ha parlato ai microfoni de Linterista.it circa la querelle sul caso Acerbi-Juan Jesus, terminata con l'assoluzione del difensore nerazzurro. "Non sono sorpreso dalla decisione. Vista l’importanza dei calciatori e delle squadre coinvolte, in questi casi il rischio potenziale è che si scenda a giocare su un campo più “mediatico” che giuridico, secondo un malcostume che peraltro è soprattutto italiano. Personalmente ritengo che, se effettivamente in sede di indagini non sono emersi elementi tali da far accertare il grado di colpevolezza di Acerbi secondo quelli che sono i canoni che imperano nella giustizia sportiva, è giusto che il calciatore sia stato assolto. Il problema è un altro".
Quale?
"Non tanto nelle norme a mio avviso, ma nel taglio interpretativo. Rispetto alle offese avente matrice razziale, l’ordinamento sportivo ha dimostrato di essere molto sensibile e di volerle combattere con forza. Basti pensare alla sanzione di dieci giornate di squalifica, che per un calciatore è fortemente afflittiva. Per non parlare della “macchia” che rischia di rimanere sul percorso dell’atleta che venga condannato per una violazione di questo tipo. Semmai, più che dalla pronuncia, rimango un po' sorpreso dalle motivazioni sottese alla decisione".
In che senso?
"I pochi casi di giurisprudenza endo-federale maturati in questi anni, avevano sancito sostanzialmente un principio, che per arrivare ad un giudizio di condanna fosse indispensabile ottenere un determinato riscontro in sede di indagine, non ad un livello tale da fare emergere la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, ma comunque ad un livello tale da essere superiore alla semplice probabilità. Nel caso di Acerbi, secondo il Giudice sportivo è emersa la buona fede di Juan Jesus, tanto che a suo carico non vengono ipotizzati “strascichi”, ed è stata anche provata l’offesa che sarebbe stata proferita da Acerbi. Ciò che secondo il Giudice è mancato è il non avere raggiunto il riscontro richiesto circa la natura razziale e discriminatoria dell’offesa. Insomma, non ci si è fermati un gradino sotto la soglia richiesta, ma proprio sull’uscio della colpevolezza. E questo rischia di costituire un precedente non di poco conto".
Quale?
"Non tanto nelle norme a mio avviso, ma nel taglio interpretativo. Rispetto alle offese avente matrice razziale, l’ordinamento sportivo ha dimostrato di essere molto sensibile e di volerle combattere con forza. Basti pensare alla sanzione di dieci giornate di squalifica, che per un calciatore è fortemente afflittiva. Per non parlare della “macchia” che rischia di rimanere sul percorso dell’atleta che venga condannato per una violazione di questo tipo. Semmai, più che dalla pronuncia, rimango un po' sorpreso dalle motivazioni sottese alla decisione".
In che senso?
"I pochi casi di giurisprudenza endo-federale maturati in questi anni, avevano sancito sostanzialmente un principio, che per arrivare ad un giudizio di condanna fosse indispensabile ottenere un determinato riscontro in sede di indagine, non ad un livello tale da fare emergere la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, ma comunque ad un livello tale da essere superiore alla semplice probabilità. Nel caso di Acerbi, secondo il Giudice sportivo è emersa la buona fede di Juan Jesus, tanto che a suo carico non vengono ipotizzati “strascichi”, ed è stata anche provata l’offesa che sarebbe stata proferita da Acerbi. Ciò che secondo il Giudice è mancato è il non avere raggiunto il riscontro richiesto circa la natura razziale e discriminatoria dell’offesa. Insomma, non ci si è fermati un gradino sotto la soglia richiesta, ma proprio sull’uscio della colpevolezza. E questo rischia di costituire un precedente non di poco conto".
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