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Giannandrea a BN: "Essere sostenibili e vincenti coi giovani è difficile, ma non impossibile. Next Gen geniale. Ecco chi mi ha impressionato di più"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
venerdì 10 maggio 2024, 08:30Primo piano
di Matteo Barile
per Bianconeranews.it

Giannandrea a BN: "Essere sostenibili e vincenti coi giovani è difficile, ma non impossibile. Next Gen geniale. Ecco chi mi ha impressionato di più"

Bianconera News ha avuto potuto intervistare Giancarlo Giannandrea: l'ex scout della Juve crede alla rinascita bianconera, anche se servirà tempo

Prima la qualificazione alla prossima Champions League e un eventuale successo in Coppa Italia, poi il futuro. Un futuro fatto di gioventù e sostenibilità, due fattori tanto cari alla nuova Juventus targata Cristiano Giuntoli. La missione sarà complicata, perché bisognerà affiancarci la vittoria o i quantomeno i presupposti che conducano a una vittoria. Tuttavia non sarà impossibile. Questo è il pensiero di Giancarlo Giannandrea, ex scout della Vecchia Signora dal settembre del 2016 a giugno del 2018. Di seguito, proponiamo il contenuto integrale dell’intervista che Bianconera News ha realizzato in ESCLUSIVA.

Arrivi alla Juventus nel 2016 con il ruolo di scout. Qual è stato il suo percorso e perché la Juventus sceglie te per ricoprire questo ruolo?

In quel periodo l’osservatore della Juventus di settore giovanile per la zona Abruzzo e Marche andò in un altro club, quindi, c’era la casella vuota. Mi contattarono per chiedermi la mia disponibilità e poi andai a Torino per fare il colloquio in cui  mi illustrarono il lavoro. Accettai subito senza esitare, perché la Juventus ha grande prestigio e perché, all’epoca, volevo fare proprio il percorso di scout all’interno di una società importante. Volevo intraprendere un percorso che mi desse una crescita a livello personale e lavorativo: lavorare per la Juventus mi permise di crescere molto sotto tutti gli aspetti".

Sei arrivato in una Juventus già vincente. Quali sono state le difficoltà che hai riscontrato nel rinforzare una già forte in proiezione futura?

Premetto che non mi occupavo di Prima Squadra, ma di settore giovanile: in particolare mi occupavo di rafforzare tutte le selezioni giovanili dall’Under 14 alla Primavera. Ho visto tanti giocatori che ho relazionato per il responsabile principale dell’area scout delle giovanili: era lui insieme al responsabile settore giovanile poi a prendere i giocatori migliori delle varie zone d’Italia e quindi anche della mia. Quello che posso dire è che, se la Juventus ha vinto tanto per nove anni, lo deve a una struttura importante: aveva una organigramma piramidale stabile e delle direttive rigorose. Ognuno rispettava il suo ruolo e lo faceva giustamente, secondo le proprie competenze”.

Il tuo lavoro all’interno del settore giovanile quanto ha inciso nella primissima formazione della Next Gen e quanto di riflesso ha condizionato la Prima Squadra?

Molto poco, perché i ragazzini, che segnalavo per l’U14, l’U15, l’U16 e l’U17, avevano bisogno di un percorso lungo per arrivare in Next Gen o in Prima Squadra. Inoltre vanno precisate due cose. La società puntava molto sull’estero e aveva una struttura scouting con capo scout della Prima Squadra, capo scout under 23, Responsabile Scout area portieri, (inedita quando sono arrivato, tutt’ora esistente), l’area scout per i settori giovanili e quella per le attività di base e una squadra di scouting attivissima sul Piemonte".

Hai detto che la Juventus puntava molto sull’estero nella scelta dei giocatori: c’è un motivo in particolare che dettava questo indirizzo?

Faccio una precisazione: la Juventus prendeva giocatori dall’estero e forniva giocatori all’estero. Il contatto con l’estero era bidirezionale. La società aveva deciso di far formare i propri giocatori fuori, perché in Italia vige la cultura del giovane che fa fatica a inserirsi. Una cosa del genere l’ha fatta ultimamente anche l’Udinese con il giovanissimo Pafundi: il giocatore è andato al Lugano l’anno scorso. Adesso si sta formando lì per poi tornare in Italia ed emergere. All’estero c’è più possibilità di crescere anche come persona. Un giocatore può maturare con calma rispetto al nostro paese, dove c’è solo la cultura del risultato. Se pensiamo che il Barcellona gioca con due titolari del 2007 in Champions League, vuole dire che lavorano bene e puntano a formare giocatori che possano arrivare in Prima Squadra. Le nostre Primavere, invece, sono molto distanti dalle Prime Squadre. A tal proposito ci vuole un percorso intermedio, che è quello dell’U23”.

Hai citato l’U23, progetto in cui la Juventus ha anticipato tutti in Italia. Cosa ne pensi di questo movimento?

È un percorso geniale. La Juventus crea la propria U23 con giocatori della Primavera insieme ad alcuni calciatori già esperti nella categoria: l’obiettivo è farli crescere sotto il punto di vista tecnico e tattico, che rispecchi la filosofia della squadra in questione. Quest’anno stanno formando tanti giocatori che l’anno prossimo andranno in Prima Squadra o giocheranno in altre categorie. Abbiamo visto il passaggio di Miretti, di Fagioli e di Yildiz. Ci sono tanti giocatori passati da questo progetto. Se ne stanno accorgendo tutte le italiane, tant’è che l’Atalanta è stata la seconda squadra a implementare questo serbatoio. Adesso penso si aggiungerà anche il Milan a questo tipo di attività, perché hanno capito che i giocatori crescono, formandoli in casa”.

La Juventus ha fatto esordire in Prima Squadra trentadue giocatori della Next Gen. Chi ti ha impressionato maggiormente?

Yildiz. Tecnicamente è mostruoso: è un giocatore moderno, perchè ha tecnica in velocità, che gli permette di fare delle giocate veloci e rapide a livello di pensiero e di essere imprevedibile agli occhi dell’avversario. È un giocatore forte ed il Bayern Monaco lo perse. Poi faccio anche il nome di Miretti, che è partito proprio dall’attività giovanile di base della Juventus. Ha fatto tutta la trafila con i bianconeri al pari di Fagioli”.

Yildiz è un giocatore pronto a sopportare determinate pressioni come giocatore incisivo dal 1’ e a indossare la maglia numero 10?

“Oggi non me la sento di dargli la responsabilità di essere un titolare nella Juventus. Nonostante ciò credo che debba far parte della rosa della Juve e debba imporsi piano piano all’interno della squadra. Ci vuole tempo e pazienza. Ci vuole tempo anche per ambire a vestire la maglia numero 10: c’è un percorso di crescita da seguire. Alla Juventus bisogna vincere, pertanto c’è bisogno di giocatori pronti, i giovani vanno inseriti gradualmente.  

Per arrivare in una grande squadra come la Juventus un giovane deve spiccare per doti tecniche e tattiche oppure conta più l’aspetto mentale?

Sicuramente queste componenti sono egualmente importanti, ma il fattore che si tiene maggiormente in considerazione è la testa. Di giocatori forti e preparati ne troviamo anche nelle categorie inferiori, però, poi non hanno quella personalità e quella tranquillità di sottostare a certe pressioni che comportano contesti più elevati. Miretti, ad esempio, era già più “uomo” mentalmente ed è subito emerso”.

Miretti è il prototipo di giocatore da Juventus?

Sì, Miretti è un giocatore che può stare in quel gruppo e che può far bene. Naturalmente, anche nel suo caso, è importante affiancargli calciatori più esperti che lo facciano crescere. In Italia le pressioni del calcio sono maggiori rispetto all’estero. Forse si pensa di meno al calcio (ride, ndr)".

Può incidere da titolare nel medio breve termine? E nell’ottica di un passaggio al 4-3-3 è un giocatore funzionale per la Juventus del futuro?

Io lo vedo come interno di centrocampo”.

Passando al lavoro di Giuntoli, va detto che l’intento dell’attuale Football Director bianconero è quello di costituire una squadra più giovane e sostenibile: credi che si possa ancora attingere dal serbatoio Next Gen o credi che la Juventus dovrà fare investimenti importanti su giovani provenienti da squadre esterne?

Prima di tutto bisognerebbe capire qual è l’obiettivo. Se l’obiettivo è quello di tornare campioni d’Italia impostare un discorso interamente basato sui giovani non sarebbe produttivo. Il discorso è diverso se l’obiettivo è quello di conquistare un piazzamento Champions League: un percorso coi giovani potrebbe starci. Un ragazzo ha bisogno di continuità: è questa la differenza che io vedo con un giocatore più esperto. Un giocatore come Nonge, ad esempio, è pronto per giocare, ma deve avere più continuità. Anche Sekulov è un calciatore forte: ha un motore diverso, però deve avere costanza nelle giocate durante tutto l’arco della partita. La gestione dei momenti e delle situazioni in una partita la acquisisci solo stando in un gruppo di 'grandi'”.

Se tu fossi il dirigente della Juventus a quanti altri giocatori della Next Gen permetteresti il salto in Prima Squadra?

Non mi metto nei panni del direttore Giuntoli. Lascio a lui la gestione di queste situazioni che conosce meglio di me. Lui sa su quali giocatori puntare, perchè conosce le esigenze di ruoli e di moduli che l’allenatore predilige. È difficile dare un giudizio del genere”.

Quanto tempo serve al connubio Juventus-giovani per tornare a essere competitiva per vincere?

Non è semplice determinare il quando. Dipende da tante componenti che devono andare bene in una stagione: ci si può impiegare un anno, come ce ne si possono mettere due o tre. Bisogna mettere giù una programmazione tecnica tattica sulle caratteristiche dell’allenatore in base al budget a disposizione. Quel che si percepisce da fuori,  che la Juventus vuole inserire giovani giocatori all’interno della propria rosa per essere un club sostenibile. Essere sostenibili e vincenti non è una missione facile da conseguire, ma non è nemmeno impossibile”.