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City: ecco perché certe spese possono essere giustificateTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
venerdì 4 settembre 2015, 15:15Calciomercato
di Redazione TuttoJuve
per Tuttojuve.com

City: ecco perché certe spese possono essere giustificate

Il sito calcioefinanza.it analizza la situazione del Manchester City in ottica fair play finanziario.

"(...) il Manchester City ha raggiunto una spesa netta (nominale, perchè poi i conti – come C&F fa ogni volta che è in possesso di documenti ufficiali – vanno visti nel dettaglio) di 130 milioni di sterline (circa 180 milioni di euro). In questi giorni anche il Guardian ha dedicato al bilancio di calciomercato una attenta e approfondita analisi.

Il Fair play finanziario è stato lanciato 6 anni fa e introdotto nel 2012-2013, fortemente spinto da Michel Platini, numero uno dell’Uefa e in odor di ascesa alla FIFA.

Dopo una trattativa complessa finalizzata a imporre un sostanziale pareggio ai club, lasciando invece illimitate spese su sviluppo dei giovani e delle infrastrutture, l’idea di fondo era quella di un abbattimento iniziale delle spese folli per poi lasciare progressivamente nel tempo spazi più ampi di manovra. Sin da subito – tuttavia – si era capito che i meccanismi potevano avere l’effetto di incrementare il valore dei club storici a maggior seguito congelando la situazione ed aumentando il divario con il resto del movimento calcistico europeo.

Non si può dire, tuttavia, che l’operazione non abbia funzionato. Il “rosso” dei club che ammontava a 2,3 miliardi di euro nel 2011 oggi secondo fonti di stampa sarebbe ridotto ad un quarto. Per alcuni anni, poi, l’effetto è stato anche quello di contenere gli esborsi dei club per i cartellini dei calciatori, anche se i colpi sensazionali non sono mai mancati.

Il dibattito resta però aperto tra i club che vorrebbero investire ma hanno le mani legate e quelli che oggi hanno maggior valore e potere ed hanno incredibilmente visto crescere il loro divario anche tecnico-sportivo sugli altri.

Non è un caso se fin qui le uniche vere sanzioni (da circa 65 milioni di euro) sono state comminate a Manchester City e Paris Saint Germain, ovvero le due società che al momento del lancio del FFP non erano di primo piano ma che poi – grazie alle proprietà qatariote – hanno goduto di investimenti massicci che le hanno portate nel gotha europeo sia per il valore della squadra che per il volume dei rispettivi fatturati. Il City ad esempio è passato in cinque anni da 80 a 370 milioni di sterline di ricavi l’anno: alla faccia dell’investimento improduttivo.

Ma perchè nonostante il FFP le spese quest’estate sono esplose?

“Due le ragioni fondamentali – che vengono chiaramente evidenziate, tra gli altri, dal Guardian -: in Premier league i ricavi dei club stanno continuando ad aumentare. L’intesa da 8 miliardi di sterline per il prossimo triennio (2016-2018) ha portato nelle casse dei club una cifra mai vista. E va ricordato che le indennità di trasferimento pesano per il valore degli ammortamenti, ovvero vengono imputate per la durata del contratto”.

A questo è giusto aggiungere che i conti vanno fatti bene e considerando non solo i movimenti di un singolo anno. Un esempio su tutti: il Manchester City ha preso Otamendi dal Valencia per 45. Un cifrone. Ma un anno fa allo stesso club aveva girato Negredo valutato 30. Insomma, tutto è relativo e i meandri da seguire sono molteplici.

“L’altro aspetto – già affrontato anche da C&F – riguarda l’alleggerimento delle regole del FFP. L’Uefa in altre parole sostiene che dopo la fase hardcore del rallentamento delle spese si è passati a quella degli investimenti sostenibili. Che non significa non spendere”.

Una risposta, questa, che è stata data soprattutto ai club italiani (Inter e Roma in primis, ma anche il Milan, in prospettiva) lamentatisi per la difficoltà ad investire per la crescita (che significa inevitabilmente finire in deficit per un determinato periodo).

Ora, secondo le nuove regole, i club sono incoraggiati ad avvicinarsi in modo proattivo all’Uefa per spiegare che essi hanno intenzione di investire e mostrare come alla fine si raggiungerà il pareggio. Erick Thohir, con l’Inter, ha fatto esattamente questo.

Chiaro è che i contratti miliardari mantengono differenze pesanti tra i ricavi nei diversi paesi, e l’Italia al momento continua a non brillare sotto nessun punto di vista: dai ricavi da stadio al merchandising passando per i diritti tv. Per l’Italia il ranking Uefa riflette in qualche modo anche il ranking economico: quarto posto alle spalle di Spagna, Germania e Inghilterra (anche se economicamente il podio si ribalta con l’Inghilterra più forte delle altre due).

Ma quindi, il Fair play finanziario, è ancora un regolamento attuale e da seguire?

Si. Senza ombra di dubbio. L’allargamento delle maglie non ha fatto venire meno l’impianto e a questo va aggiunto che in Inghilterra un agreement tra i club di Premier league ha portato ad un tetto agli ingaggi che limita di anno in anno la percentuale di incremento della massa salariale (considerata in rapporto coi ricavi del club).

Così ognuno – anche in Inghilterra – ha cercato di agire secondo una propria strategia. Il Chelsea ad esempio ha provato a sfruttare le imposizioni sul numero di giocatori cresciuti nel vivaio per implementare un sistema massiccio di prestiti in tutta Europa, ed al momento i più preoccupati sembrano – più che altro – i proprietari americani di club come Liverpool o Arsenal, che avevano visto il FFP come una garanzia al momento delle rispettive acquisizioni orientate a mantenere i club con i soldi autoprodotti. Ma ora, il nuovo regime degli “investimenti equilibrati”, rappresenta per loro un vero campanello d’allarme.