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Eredità franco-argentina
mercoledì 27 luglio 2016, 15:55Primo piano
di Caterina Baffoni
per Tuttojuve.com

Eredità franco-argentina

Chiedi a tua mamma o papà chi era David Trezeguet. Portamento nobile, freddezza franco-argentina, soprattutto sotto porta, e faccia da divo d’altri tempi. E se gli almanacchi bianconeri ne celebrano la grandezza con i 138 gol in 245 presenze nelle stagioni dal 2000 al 2010, per capire che campione fosse, che fiuto del gol avesse, è sufficiente dire che nelle sue dieci stagioni bianconere non è mai sceso sotto le 10 realizzazioni (stagione 2009-2010 a parte). E che al primo mezzo campionato con le zebre ne fece 14 in 25 partite. Disarmante: basti pensare che è stato il bomber straniero più forte di sempre alla Juve.
Sempre fedele alla porta. Non le voltava mai le spalle, sapeva sempre dov’era. Due ritratti doverosi per capire la portata dell’impresa di Gonzalo Higuain alla Juventus. Che 36 gol in 35 partite li ha fatti in un calcio più difficile, atletico, sfiancante, con una media minuti-reti persino più alta dello svedese Nordhal. Anche il Pipita è bello, desiderato dai presidenti e da tutti i tifosi, elegante nelle movenze e implacabile davanti alla porta. E anche lui sembra venire da un calcio antico. Gonzalo è un ragazzo vincente: probabilmente, per ruolo, feeling con la porta e movenze, il primo vero erede di David Trezeguet. 
Da luccioconi agli occhi quando si scatena come un bambino quando vede la palla gonfiare la rete. Salta, allarga le braccia, fa la faccia cattiva o stupita, a volte sorride incredulo abbracciando uno o più compagni, altre muove le mani a voler dire “mamma cos’ho fatto”. E così succede anche a chi lo guarda, sugli spalti. Vari tifosi, dopo quella rovesciata, avevano le mani nei capelli, piangevano come bambini e ripetevano continuamente «non è vero, non ci posso credere». E non solo loro, se è vero che la coppia Compagnoni-Adani, su Sky, ha commentato quella rete con parole come «film», «copione» o, appunto, «non ci credo». Ogni suo gol è come se fosse l'inizio di una leggenda del primo gol di un bambino, bugiardo e innocente, quello del ragazzino che per la prima volta si sente realizzato.  Ecco, Higuain è questo. E’ il giovane supereroe Marvel che insieme ai superpoteri scopre anche le superfragilità.

E’ l’impossibile che diventa realtà. È la favola di chi non solo fa il record, ma lo scolpisce nell’immaginario con un gesto atletico e tecnico insensato rendendolo l’unico possibile, dopo un passaggio sbagliato e un movimento perfetto. E’ la bellezza di un campionissimo che non ha paura di mangiarsi un gol fatto nella finale dei mondiali 2014. O di sbagliare un calcio di rigore contro la Lazio valevole una qualificazione europea. E neanche il secondo, contro il Cile. E pazienza se son costati al suo Napoli la qualificazione in Champions l’anno scorso o una Coppa America alla sua Argentina. Gonzalo è uno che ci prova, sempre. Lui gioca con la stessa intensità e basta, piange dopo aver fatto 12 punti in un girone in Champions senza qualificarsi, impazzisce dopo l’espulsione che gli toglie lo scudetto che voleva regalare alla città che lo ama, ben più importante della Scarpa d’Oro che, invece, avrebbe vinto se avesse pensato solo a se stesso. E’ l’uomo che ci ha creduto, al suo record, fino alla fine: in serie A, nei primi due anni ha segnato 35 gol. Quest’anno uno in più, in sole 35 partite.  Higuain è il bomber che gioca a pallone, che raggiunto il record prova a far segnare i compagni, perché lui non è avido. Lui vuole solo vincere, anche su un campo di calcetto con gli amici. Lui è quello che la prima tripletta in stagione l’ha fatta solo all’ultima giornata, proprio quando serviva. Il Pipita è il calcio. Quello che ti fa sbucciare le ginocchia, tuffarti nel fango, ballare al centro del campo. Quello che quando torni a casa a riposarti, nel letto ancora sorridi ripensando alle sue giocate. 
Probabilmente, per la prima volta, Gonzalo potrebbe davvero ripercorrere le orme di un certo Trezegol.