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SOTTOBOSCO - Venezia e il sogno di Joe Tacopina sul modello Juve. Inzaghi e il "furto" ai danni di un furioso Del Piero. Due leggende del Toro potevano diventare bianconere
lunedì 26 settembre 2016, 00:20SottoBosco
di Andrea Bosco
per Tuttojuve.com

SOTTOBOSCO - Venezia e il sogno di Joe Tacopina sul modello Juve. Inzaghi e il "furto" ai danni di un furioso Del Piero. Due leggende del Toro potevano diventare bianconere

Andrea Bosco ha lavorato al “Guerin Sportivo“, alla “Gazzetta dello Sport“, al “Corriere d'Informazione”, ai Periodici Rizzoli, al “Giornale“, alla Rai e al Corriere della Sera.

Vuole la leggenda che Loik e Valentino Mazzola mitiche mezze ali del Grande Torino, quello tragicamente scomparso nello schianto di Superga, avrebbero potuto vestire entrambi la maglia della Juventus. Leggendario è il modo con il quale i due campioni furono tesserati. Ma l'interesse  della Juventus per i due centrocampisti era reale. I dirigenti del Torino , nella fattispecie, furono più rapidi ed astuti. I due fenomeni ( tecnica, forza e leadership ) facevano coppia nel Venezia. Nell'intervallo di una gara di campionato, un dirigente del Toro che si era spostato in Laguna per visionarli, si presentò negli spogliatoio con un assegno in bianco. In breve Venezia e Torino trovarono l'accordo e il duo LoVa diventò granata. Loik e Mazzola furono venduti per un milione di lire dell'epoca. Il primo era stato acquistato dal Venezia da una società di serie C: l'Alfa Romeo di Milano. Il secondo dal Milan .

POCHISSIMO: UN NOME DA TITOLO

Chi scrive è nato in Laguna, ma Loik e Mazzola non li ha mai visti giocare. Questione di anagrafe. Chi scrive ha visto giocare però il Venezia,  di Bubacco e Santon che dalla serie B , ottenne la promozione in serie A. Era una squadra tosta, quella. Con difensori (Ardizzon) granitici. Con mediani come Tesconi e Frascoli di lotta e di governo: Frascoli tra l'altro aveva un bellissimo incedere, simile a quello di  Fogli, colonna del Bologna di Bernardini  e successivamente del Milan di Nereo Rocco. Con attaccanti come Virginio De Paoli che successivamente sarebbe risultato essenziale nella Juventus di Heriberto Herrera, la Juve operaia che vinse all'ultima giornata lo scudetto sulla grande Inter di Helenio Herrera. Aveva un'aletta, Rossi, che prometteva bene, tanto  da suscitare l'interesse della Juventus. E un esterno sinistro, Pochissimo, un tornante sul nome del quale tutti i giornali si esercitavano settimanalmente  sovente con greve ironia .

SICILIANO E SANTISTEBAN 

La storia del Venezia si è intersecata con quella di grandi campioni: come Santisteban regista arrivato dal Real Madrid. O come l'italo brasilero Siciliano che avrebbe giocato nella Juve di Amaral. Come Bertogna fuoriclasse mancato che raramente riuscì mai a confermare quanto di buono aveva fatto ai suoi esordi. Come Stivanello, ala che contribuì alle fortune della Juventus. O come Barison, il mancino che sarebbe approdato in grandi società, fino alla Nazionale, coinvolto suo malgrado nel disastro azzurro ai mondiali inglesi: quella Corea che segnò irrimediabilmente anche il destino dell'allora Ct , Edmondo Fabbri .  O come Benitez e Manfredini, arrivati in laguna già in parabola discendente dopo aver sfavillato nel Milan e nella Roma . Manfredini fu il secondo “ piedone “ del Venezia : il primo era stato Raffin, un “ cammellone “ dinoccolato che come pochi aveva il fiuto del gol . O come Ferruccio Mazzola, fratello del più noto Sandro, entrambi figli del grande Valentino. O come  Maniero e Recoba in tempi relativamente più recenti. Grandi giocatori e grandi allenatori : da Novellino a Prandelli . Grandi presidenti, come il conte Giovanni Volpi di Misurata o come Maurizio Zamparini, l'uomo che voleva fare grande il Venezia (stadio compreso) ma che in una notte trasferì l'intera società- staff, giocatori, mobilio- a Palermo .

LA BOTTIGLIETTA DI DAVID

La storia del Venezia si interseca anche con due “prime volte“  della storia della Federazione Italiana Gioco Calcio. Per la prima volta nel campionato 62-63 fu applicata la regola della “responsabilità oggettiva“, per una bottiglietta che aveva colpito il difensore milanista David. E il Venezia, vincitore di quella gara sul campo, si vide revocato quel successo (e i relativi punti in classifica) a tavolino . Con un'altra società milanese, questa volta l'Inter, andò in scena per la prima volta l'espressione “ sudditanza psicologica” . Parole pronunciate da un dirigente federale dopo un Venezia-Inter, vinto dalla squadra di Helenio Herrera. Cosa era successo? Successe che ai due gol iniziali di Corso e  Mazzola, il Venezia aveva risposto con  Manfredini e Bertogna. Mancano sette giornate alla fine del campionato e il Venezia sta lottando per la salvezza.  Quando l'arbitro Sbardella, concede ai neroazzurri una punizione inesistente che li porta in vantaggio, lo stadio Luigi Penzo comincia a ribollire. Ma quando l'arbitro annulla due successive reti di Manfredini, apparse regolari, lo stadio esplode e Sbardella è costretto a lasciare a fine gara l'impianto lagunare da una porta di servizio dell'attiguo Cantiere Cerri .

E LA SUDDITANZA DI BERTOTTO

 Il dirigente che a fine gara dice: “ La sudditanza psicologica è un aspetto dominante nella condotta degli arbitri rispetto alle grandi società “non è un dirigente qualsiasi : è il designatore arbitrale dell'epoca. Si chiama Giorgio Bertotto e le sue parole verranno scolpite nella storia del football  nazionale. L'annata era il 1967. Il Venezia alla fine retrocesse in serie B. Ci sono stati decenni di anni bui per il glorioso Venezia. La storia più recente racconta di una società che dopo aver vinto il suo campionato tra i dilettanti, oggi in Lega Pro è candidata alla promozione in serie B. Ha una proprietà solida con la volontà di fare grandi investimenti: perché  non esiste al mondo un brand più forte e conosciuto di Venezia. Il nuovo proprietario è l'italo americano Joe Tacopina che una esperienza calcistica l'aveva già fatta in Italia con il Bologna. Tacopina ha  messo assieme uno staff di primo livello. A cominciare dal direttore  tecnico Giorgio Perinetti, navigatore di lungo corso, scopritore tra gli altri di Cannavaro (Fabio) , di Bonucci, di Destro, fino al granata  Andrea Belotti. Al suo fianco Dante Scibilia, l'uomo  che ha saputo tenere a galla la “gondola” quando i marosi arrischiavano di farla schiantare  sui “murazzi“. Che per informazione dei non veneziani ,sono le dighe “fisse“ che proteggono la bocca di porto. Contro l'acqua alta nulla possono (ci penserà il Mose quando sarà terminato con le sue dighe mobili). Ma contro i marosi hanno una centenaria, collaudata, utilità . Accanto a Scibilia, direttore generale, segnalo Eleonora Bon , responsabile della comunicazione: la donna che ha messo on line il Venezia. La donna che quotidianamente si occupa dei social, aggiornando in tempo reale, tutto quanto avviene attorno alla società. Per  risalire nel calcio che conta ( l'obiettivo è dichiarato  e la tempistica non sarà biblica ) Tacopina ha investito su  un allenatore di grande nome. Che aveva fallito ( tutta colpa sua ? ) al Milan, dopo aver spopolato al timone della Primavera rossonera. Filippo Inzaghi.

INZAGHI: UNA SCELTA MIRATA

 Perché proprio Inzaghi ? Perché è un professionista meticoloso, preparato, disponibile verso i tifosi e i media. Uno capace di “far gruppo“ nello spogliatoio. Un conoscitore del calcio minore. Uno che ha deciso di mettersi in discussione ricominciando dalla Lega Pro, ma in una società che ha un progetto- crescere- e soprattutto una idea meravigliosa in testa :  arrivare alla serie  A andando a giocare in uno stadio di proprietà. Se parli con Joe Tacopina, ti dice che Filippo Inzaghi è al pari di Venezia , un brand da spendere. E' conosciuto in tutto il mondo per la sua fantastica carriera di giocatore. Inzaghi significa gol a raffica ( pare che ancora oggi nelle partitelle ne segni più dei suoi stessi bomber ) , significa successi continentali e intercontinentali con il Milan di Berlusconi. Significa maglia azzurra. Filippo Inzaghi è un bravo allenatore, ma soprattutto è un nome che tutto il mondo conosce e riconosce.

Oggi il Venezia (pur con una squadra completamente rinnovata che abbisogna di tempo per trovare i giusti meccanismi)  è ai vertici del suo campionato. E' tra le favorite alla promozione.  Una società e una squadra che stanno lavorando per poter realizzare un duplice sogno : tornare a far sventolare le bandiere del Venezia nel calcio di eccellenza, chissà , magari anche in Europa. Partendo dal proprio stadio: quell'impianto a Tessera a  due passi dall'aeroporto, al quale anche Maurizio Zamparini aveva (inutilmente) lavorato .

UNO STADIO A TESSERA

 Oggi l'imprenditore Tacopina e l'imprenditore Brugnaro (sindaco di Venezia e proprietario della Umana Reyer, la storica squadra di basket) parlano il medesimo linguaggio. L'iter per lo stadio (che dovrebbe avere una capienza di 35.000 posti) è solo all'inizio. Ma Tacopina ci crede. Come  crede alla crescita del Venezia verso limpidi orizzonti . Ha incontrato tutte le istituzioni che a Venezia contano: il sindaco, il presidente della Provincia , il Governatore, l'autorità portuale, il sopraintendente del Teatro La Fenice. Ha spiegato che lo stadio che prevede un investimento di 150 milioni di euro può essere una grande opportunità per Venezia. Costruire uno stadio moderno significa creare almeno 11.000 posti di lavoro. Significa proiettarsi su un indotto dall'inesplorato potenziale.

Nessun “ veicolo” al mondo sa “ penetrare” i mercati come il calcio. E se il grande calcio ritornerà a Venezia, i vantaggi anche per la città, la Provincia, la Regionale saranno rilevanti. Perché tutto il mondo desidera visitare Venezia. Uno stadio a Tessera (che mandi in pensione il glorioso ma obsoleto Luigi Penzo, posto nella parte terminale della città, circondato dalla Laguna e nel quale si arriva solo a piedi o con il vaporetto) può sviluppare un turismo che non sia “mordi e fuggi“, una delle attuali piaghe di Venezia. Uno stadio di proprietà può diventare il volano di una futura cittadella dello sport. Come la Juventus sta facendo alla Continassa. E Venezia, quanto a tradizione sportiva non è seconda a nessuno. Sport a Venezia, significa Venezia calcio, significa Reyer (maschile e femminile) , significa Bucintoro vessillo del canottaggio. Per restare alla punta dell'icesberg .

JOE: TI PIACCIONO I CIOCCOLATINI ?

 Sosteneva Truman Capote che  “Venezia è come mangiare tutta in una volta una scatola di cioccolatini al liquore“. Mi dicono che Joe Tacopina sia un buongustaio. Da veneziano mi auguro sia anche un gran goloso. La mia carta d'identità è un poco sgualcita dal tempo. Ma sarebbe fantastico, poter presenziare all'inaugurazione del nuovo stadio di Venezia. Sarebbe fantastico poter sedersi in tribuna ammirando una amichevole, che so, tra  Venezia e Juventus il giorno della consegna.

A Venezia, una domenica Pippo Inzaghi, famelico rapinatore del gol, letteralmente sottrasse ad Alex Del Piero, un pallone a portiere battuto che attendeva solo di essere spinto nella rete. Del Piero nell'occasione mandò il compagno a quel paese per quel “furto”. Immagino che Pippo lo rammenti. Era destino che Pippo Inzaghi arrivasse a Venezia a misurarsi con un progetto, una società, una intera città.

Era destino fosse lui-con competenza e umiltà- a misurarsi con il sogno meraviglioso di Joe Tacopina. Venezia, da secoli è già nel mondo. Joe Tacopina vuole- nel mondo- portare anche il Venezia .