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ESCLUSIVA - Nebuloni (Sky Sport): "La cura Mancini si vede, ma la Lazio se la gioca!"TUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
domenica 21 dicembre 2014, 11:00News
di Lalaziosiamonoi Redazione
per Lalaziosiamonoi.it
fonte Cristiano Di Silvio-Lalaziosiamonoi.it

ESCLUSIVA - Nebuloni (Sky Sport): "La cura Mancini si vede, ma la Lazio se la gioca!"

La partita della continuità, perchè di svolte se ne ha abbastanza. Eccola, Inter-Lazio, o ecco svelato quello che pare essere il suo intimo significato. Più che lo scontro con la nuova edizione della banda Mancini a tinte nerazzurre, il match contro la Beneamata ha il sapore del famoso “parlare alla nuora, perché suocera intenda”. E la suocera, in questo caso, ha le sembianze di questa stagione, di questa nostra Serie A che lascia spazio a speranze, sogni proibiti, purché, è l'accordo, si guardi dalla terza piazza in giù. Calendario alla mano, il brivido nella schiena dei laziali si avverte, e anche forte. Dopo la comparsata a San Siro, con l'annuo nuovo, Pioli e i suoi affronteranno, senza soluzione di continuità, Samp, Roma, Napoli e Milan, per la prima di ritorno. Come dire: invitati al gran ballo, abito buono cercasi. Dare quindi un segnale forte al campionato diventa fondamentale, prima di iniziare a cercare le scarpe giuste, la cravatta adeguata, il soprabito che non faccia sfigurare. Per avvicinarsi ancora di più allo scontro con l'Inter - cercando di capire meglio il momento attraversato dai milanesi - la redazione de Lalaziosiamonoi.it ha contattato, in esclusiva per i propri lettori, uno dei giornalisti più vicini, professionalmente parlando, alla galassia nerazzurra. Quante volte, nei contenitori informativi di Sky Sport, è rimbalzata nelle case la voce di Massimiliano Nebuloni, inviato ad Appiano Gentile, e grande conoscitore delle dei “bizantinismi” di casa in Corso Vittorio Emanuele II, del civico 9, per la precisione. Con disponibilità e completezza, ecco cosa ha risposto alle nostre domande.

Massimiliano, dopo il cambio sulla panchina dei milanesi, e con l'arrivo di Mancini, l'Inter e i suoi tifosi sono alla ricerca dell'inversione di rotta, della rimonta impossibile. A che punto è, questo progetto? Iniziano a vedersi gli effetti della “cura Mancini”, e se sì, che Inter aspettarsi, domenica sera?

Facendo un ragionamento più ampio, posso iniziare col dirti che Mancini sa troppo di calcio per non avere chiari quali siano i pregi e i difetti della rosa che si trova a gestire. Va detto, nello stesso tempo, che pare essere più sciolto e apprezzabile il concetto di gioco e la sua applicazione. Ritengo che l'Inter abbia disputato una buona gara Verona contro il Chievo, così come aveva fatto nella prima frazione di quella persa in casa contro l'Udinese. A mio modo di vedere, l'impressione che ancora da l'Inter nel suo complesso, e su cui il tecnico nerazzurro dovrà lavorare compiutamente, è quella di una squadra che, alla prima disattenzione, non riesce a venirne a capo, finendo per crollare, vittima dei suoi stessi limiti. Credo che la “cura Mancini”, come l'hai definita tu, debba provocare questo primo effetto: che l'Inter sia convinta del suo valore che, obiettivamente, c'è.

Superando per un momento la stretta attualità dei risultati che non sono venuti e che non hanno sorriso a Mazzari, cosa ritieni si fosse rotto nel rapporto tra il tecnico livornese e il “pianeta Inter”, più in generale?

Va detto che i molti infortuni e anche delle scelte non sempre azzeccate si sono rivelate parte incipiente nella crisi della gestione Mazzarri. Le squadre del tecnico toscano sono sempre state un mix di rabbia agonistica e cattiveria sportiva; ricordo il suo Napoli puntare su queste doti per risolvere contese anche spinose, sopratutto fuori casa. Onestamente non credo di aver visto questo spirito nell'Inter che è stata. Mazzarri alla fine, complice anche una rosa che in alcuni elementi non ha confermato le aspettative riposte, ha tentato di tenere la barra più dritta possibile, negli insidiosi flutti del campionato italiano. Anche il rapporto con i tifosi e con San Siro facile non è stato, così come non c'è stata la pazienza necessaria per costruirlo. Ma uno stadio che ha fischiato perfino Mourinho, è un esame sempre difficile da superare.

Roberto Mancini e la nuova avventura. Il tecnico di Jesi, martedì scorso, ad una platea di studenti “bocconiani”, ha detto di essere tornato sulla panchine del Biscione “soprattutto per affetto”. Siamo però portati a pensare che, amante delle sfide qual è l'ex numero dieci, ci sia dell'altro, soprattutto una nuova voglia di misurarsi col calcio nostrano, dopo tanto (fruttuoso) peregrinare all'estero. Su quali giocatori, secondo te, proverà a costruire i suoi successi?

Se conosco un po' Mancini, direi senza dubbio Mateo Kovacic e, quando sarò fisicamente recuperato, il “Profeta” Hernanes. Senza dubbio, uno che ha avuto il talento che aveva in campo lui, pende sempre per un paio di “piedi dolci”. Inevitabilmente, però, dovrà crescere tutta la squadra, in entrambe le due fasi. Un altro problema, secondo me non troppo evidenziato, che inevitabilmente dovrà essere valutato con attenzione dal tecnico e dal suo staff, è rappresentato dalla scarsa vena degli attaccanti. Il “caso Palacio”, su tutti. Nulla da dire sull'abnegazione e sull'attaccamento, ma, esattamente un anno fa, l'attaccante argentino aveva realizzato ben nove reti in più delle attuali. È chiaro che il gol di un attaccante è solo la punta di un iceberg rappresentato da una fase offensiva ben congegnata, e che quindi le responsabilità non sono solo di Palacio. Rimane però il dato di una difficoltà nerazzurra a segnare con continuità. Poi, vecchio adagio del calcio, il gol cura tutte le ferite e sfuma i dissapori. Ecco perchè questo limite va rimosso prontamente.

Parliamo di Lazio: in piena lotta per il terzo posto, un tecnico che lavora sodo e non si nasconde quando sbaglia, una tifoseria che si sta piano riavvicinando. Te l'aspettavi così, l'annata dei biancocelesti?

Francamente no. O meglio, mi spiego: che avesse una rosa di qualità e un tecnico davvero preparato, lo sapevo fin dall'inizio. Che però si trovasse così rapidamente la giusta alchimia per creare un gruppo – ci tengo a sottolineare come Pioli nelle sue interviste ribadisca questo aspetto appena gliene si offre l'occasione - , no, non credevo potesse avvenire così rapidamente. Certo, la strada è lunga e la concorrenza più che agguerrita, ma la Lazio è, e lo sarà fino al termine, una protagonista di questo torneo. Sono rimasto impressionato positivamente, poi, dalla presenza in campo di Djordjevic, vero lottatore con un grande spirito, nonostante sempre in ballottaggio con Klose”.

Proprio circa il ballottaggio Klose-Djordjevic, l'unico apparentemente ancora non risolto nelle decisioni di Pioli, volevo un tuo parere. Al netto di chi scenderà in campo domenica sera, pensi che alla luce di questo refrain settimanale, si possa creare un disturbo ai protagonisti ed alla squadra, oppure ci dobbiamo abituare, poiché la concorrenza è la ricchezza dei grandi team?

Credo che sia i mal di pancia che le scelte del tecnico rientrino nella gestione del gruppo e dei vari calciatori. Ho seguito le polemiche, in verità anche contenute, scaturite dalle dichiarazioni alla stampa tedesca di Klose; debbo dire che mi hanno ricordato gli stessi malumori che manifestava, qui a Milano, Luis Figo, quando cominciava a vedere troppe più partite dalla panchina di San Siro rispetto al numero di quelle giocate. È nelle cose del calcio; io credo, però, che tutti e tre, Pioli e i suoi due attaccanti, siano dotati di grande intelligenza e, pur con le proprie aspettative, lavorino per il bene della squadra, che poi è quello che pretendono giustamente i tifosi: tutti uniti per un unico obbiettivo”.

Infine, vorrei un tuo giudizio circa uno dei leitmotiv più in voga in questo periodo: pensi davvero, anche tu, che il calcio italiano si sia irrimediabilmente livellato verso il basso?

“Credo di ìi, ma allo stesso tempo non ritengo che sia tutto da buttare. Al di là del difficile frangente economico e del mancato arrivo di talenti cristallini nel nostro campionato, secondo me la nostra Serie A rimane comunque un campionato difficile e ostico da giocare. Certo, non più come negli anni '80 o '90, quando le grandi rischiavano figuracce epocali anche in provincia. Più che altro si ha l'impressione che, nel corso della stagione, si creino quasi due tornei, l'uno avulso dall'altro. Questo consente, ad esempio, che la quota salvezza, la famigerata “zona 40 punti”, la scorsa stagione si sia abbassata a 35, e i segnali che questo campionato ci manda vanno in quella direzione. Per concludere, giro la domanda: come interpretare l'arrivo di giocatori un tempo di grido come Cole, Evra, ecc, in questa fase della loro carriera? Credo che la risposta, che ognuno di noi riesce a dare, sia la migliore alla tua iniziale domanda.