La parabola di Dhorasoo: calciatore, regista, attore e giocatore di poker
Il Milan dei primi anni 2000 ha uno dei centrocampi più forti al mondo: Pirlo in cabina di regia, Gattuso in mediana, Seedorf interno e Kakà trequartista. E in panchina Massimo Ambrosini e Cristian Brocchi. Intorno a loro una lunga serie di giocatori, anche con un importante curriculum alle spalle, ridotti a comprimari per non dire meteore vere e proprie: Redondo, Emerson, Vogel, Dhorasoo per fare alcuni nomi. Ci soffermiamo proprio su quest'ultimo.
Nato in Alta Normandia, ma di origini indo-mauriziane, Vikash Dhorasoo cresce calcisticamente nel Le Havre, dove esordisce in Ligue 1 mettendosi in mostra come uno dei centrocampisti più interessanti del panorama transalpino, tanto da vincere a 25 anni il premio di miglior giocatore del campionato. E' il momento per fare il grande salto e infatti lo acquista il Lione e in poco tempo viene convocato in Nazionale.
In Italia arriva già maturo, nell'estate del 2004. Ha passato i trent'anni, svincolato di lusso. Dovrebbe far tirare il fiato a Seedorf viste le sue qualità tecniche e il grande senso tattico. La sensazione è che il meglio l'abbia già dato, tanto da vivere la stagione da calciatore nel completo anonimato: 12 presenze, di cui solo 5 giocate per intero, in Serie A; 4 presenze in Champions League (una solo da titolare) e tre partite di Coppa Italia. Tutto quanto senza segnare alcun gol. Anzi, uno l'avrebbe anche realizzato e tra l'altro spettacolare a San Siro contro il Bologna: una girata da fuori area finita all'incrocio. Gol annullato misteriosamente dall'arbitro Massimo De Santis.
Dhorasoo assiste alla cavalcata del Milan in Champions League prevalentemente dalla panchina ed è spettatore anche nella maledetta notte di Istanbul. A fine stagione decide di lasciare l'Italia per conquistarsi i Mondiali 2006. Va al Paris Saint-Germain per 3 milioni di euro, consentendo al Milan di ottenere un'insperata plusvalenza. Tutti felici, anche perché il buon Vikash conquista la chiamata di Domenech ma ancora una volta assisterà dalla panchina a una bruciante sconfitta della sua squadra in finale. Le infinite panchine gli fanno maturare un'idea: perché non filmare la vita del ritiro della Nazionale francese dal punto di vista di una riserva, nella fattispecie lui stesso? Nasce il film-documentario: "Sobstitute" che finisce addirittura al Festival del Cinema di Berlino. Peccato che ciò non venga apprezzato né dai compagni di squadra né da Domenech. Nessuno ha tollerato la violazione della privacy, il risultato è l'esclusione dalla Nazionale francese.
Ritenterà la fortuna in Italia nel 2007 al Livorno. Piazza ideologicamente perfetta per un giocatore dichiaratosi apertamente di sinistra. A tal proposito racconterà a La Gazzetta dello Sport: "Dopo il corso d'italiano, Costacurta si mise a conversare in francese e mi fece notare che leggevo Libération che come Repubblica non era giornale gradito a Milanello. Era una battuta, ma il fisioterapista mi consigliò di nasconderli sotto la giacca".
Tuttavia l'esperienza livornese andrà persino peggio che col Milan: zero presenze: "Non scattò mai la scintilla, né con la città né con i dirigenti che non mi pagavano. Erano organizzati male. Alla fine scappai dall'aeroporto di Firenze perché temevo di essere bloccato dagli ultrà a Pisa" dichiarerà facendo anche un mea culpa: "Era anche colpa mia, ero un giocatore a fine carriera". Il presidente dei labronici, Aldo Spinelli, commentò così il suo addio: "Era stato preso nonostante non fosse in condizioni ottimali. Il nostro allenatore non lo considerava ancora pronto per la Prima squadra e il fatto di giocare con la Primavera sarebbe stata un'ottima verifica; il giocatore però non ha accettato le decisioni della società ed a me non è rimasta possibilità di scelta".
Dopo il ritiro ha iniziato la carriera da giocatore di poker che prosegue tuttora: i guadagni ammontano a quasi mezzo milione di dollari. Circa il cinema ha preso parte a due pellicole ed è molto attivo nel sociale.
E il calcio? Ha provato a entrarci prima come possibile capo di una cordata pronta a rilevare il suo vecchio club, il Le Havre, fallendo il tentativo (2009); poi diventando nello stesso presidente dell'Entente, salvo poi tirarsi indietro dopo qualche mese.