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Valencia, il treno di Reggio Emilia

Valencia, il treno di Reggio Emilia
lunedì 22 settembre 2008, 00:012008
di Germano D'Ambrosio

Anche se la Reggiana oggi è in terza serie, non si può negare il contributo fornito da questo club al mondo delle meteore. Poche stagioni in serie A, ma tutte dense di giocatori a dir poco discutibili: uno di questi è senz'altro il colombiano Adolfo Valencia, giunto in Emilia dopo aver militato nel Bayern e nell'Atletico Madrid. In effetti, con la Reggiana giocò sempre da titolare. Fu proprio quello il problema...

Adolfo José Valencia Mosquera nasce il 6 febbraio 1968 a Buenaventura, città che sorge nell'entroterra della Colombia. Dopo aver svolto un'infinità di lavori - scaricatore di legna, magazziniere, persino venditore di cocco -, intuisce che il suo futuro può essere nel mondo del calcio. Si forma nelle giovanili dell'Independiente Santa Fé di Bogotà, uno dei club più prestigiosi del suo Paese, dove si mette in mostra fin da subito per le sue doti fisiche e tecniche: il ragazzo infatti è possente ma anche molto veloce, e va in gol con estrema facilità. A 18 anni esordisce già in prima squadra, facendo saltuariamente coppia con l'ariete Freddy Rincon, il quale di lì a qualche anno si sarebbe imbarcato alla volta di Napoli. Nell'estate del 1993, dopo sette stagioni da titolare ma senza trofei da esporre in bacheca, la svolta della sua carriera: viene convocato per la Coppa America - insieme con i vari Asprilla, Mondragon e Valderrama, gli "intoccabili" dell'epoca - che si disputa in Ecuador. Adolfo segna due gol, di cui uno decisivo per aggiudicarsi la finale per il terzo posto contro i padroni di casa, e diviene un idolo in Colombia. Poche settimane dopo, è tra i marcatori nello storico 5-0 inflitto all'Argentina, una vittoria che a tuttoggi risulta tra le più larghe - e più indimenticabili, dato l'avversario - della Nazionale colombiana. E' qui che nasce il soprannome "El Trén", il treno, per la sua straordinaria rapidità. Da lì la sua vita professionale sembra avere un'impennata: qualche settimana dopo viene acquistato addirittura dal Bayern Monaco. Agli ordini di Erich Ribbeck prima e di Franz Beckenbauer poi, il colombiano non sbalordisce ma tutto sommato fa vedere buoni sprazzi: all'esordio contro il Friburgo (il 7 agosto) segna una doppietta, dopodiché regala altre 9 marcature in 25 partite, contribuendo alla vittoria della Bundesliga ed attestandosi come secondo realizzatore della squadra alle spalle di Mehmet Scholl. Per la dirigenza del club tedesco tutto ciò non basta per una sua riconferma: negli ultimi giorni di agosto del 1994 viene ceduto all'Atletico Madrid, dove milita tra gli altri Diego Pablo Simeone. Qui la sua vena realizzativa si appiattisce terribilmente (6 reti in 24 partite), e il giocatore si rivela un vero e proprio flop. Inoltre Adolfo viene bersagliato continuamente da insulti razzisti, da parte degli stessi tifosi dell'Atletico, indispettiti dalle sue opache prestazioni. Il vulcanico presidente Jesus Gil non gli dà certo una mano in questo senso, dato che al termine dello scialbo 0-0 contro il Logrones, nell'aprile del '95, dichiara: "A quel negro gli taglierei la testa. Dovrebbe tornare in Colombia, per vedere se lo ammazzano davvero". Ovviamente il patron dei rojiblancos si becca ammonizioni e denunce da tutto il mondo, ma il segnale giunge abbastanza chiaro al giocatore, che nell'estate del 1995 è costretto a trovarsi un'altra sistemazione. Le offerte per lui non mancano: nonostante la sfortunata stagione in Spagna, infatti, il ragazzo è perno della sua Nazionale, specie dopo la brillante partecipazione ai Mondiali in USA del '94, dove ha segnato anche un gol - di nuovo contro i padroni di casa! - nella fase a gironi. Il giocatore decide però di tornare alle origini, ovvero all'Independiente Santa Fé. Segna 11 gol in 22 gare, ma a sorpresa nell'estate del 1996 arriva una chiamata dall'Italia. A cercarlo non è una big, ma la modesta Reggiana del presidente Dal Cin, neo-promossa in serie A: una piazza tranquilla che può consentire al colombiano di imporsi nuovamente nel calcio europeo. Per cercare di riprendere, insomma, quel treno perso l'anno prima...

Il 5 luglio del 1996 la stampa italiana dà trionfalmente notizia dell'acquisto, da parte della Reggiana, di Adolfo Valencia (tutti scrivono "ex Bayern Monaco", attribuendo un ché di sacro alla cosa). Il club emiliano si presenta ai nastri di partenza completamente rivoluzionato, dopo la sbornia post-promozione: oltre al colombiano arrivano altri giocatori come Grun, Beiersdorfer, Hatz e Sabau, ma anche giocatori decenti come Tovalieri. In panchina c'è Mircea Lucescu, reduce dalle fortunate esperienze sulla panchina del Pisa e del Brescia. Valencia, come tutte le meteore, non parte male. In una delle prime amichevoli estive, il 3 agosto, va in gol contro il Bari; circa tre settimane dopo, nel primo turno di Coppa Italia, lui e Tovalieri firmano il 4-2 definitivo contro una pericolosa Spal, che si era portata in doppio vantaggio. Quando scocca l'inizio del campionato, dunque, l'affiatamento con il cobra sembra poter essere foriero di buoni risultati. La Reggiana esordisce in casa contro la Juve, strappando un insperato 1-1, ma senza Valencia in campo. Il colombiano debutta la domenica successiva, al San Paolo contro il Napoli, e i partenopei si impongono per 1-0. Gioca una discreta partita, ma è solo il preludio di quanto si vede alla quarta giornata, il 29 settembre. La Reggiana ospita la Roma, e Lucescu - al 12' del secondo tempo, sull'1-0 per i giallorossi - sostituisce Carbone con Valencia: l'attaccante dopo un quarto d'ora, sfruttando un clamoroso buco di Di Biagio, firma il definitivo 1-1 (probabilmente in fuorigioco). La tifoseria va in visibilio, ma subito le quotazioni del colombiano tornano a scendere in picchiata: contro il Piacenza, due domeniche dopo, il giocatore insiste per tirare un calcio di rigore, contro il volere di Lucescu e dei compagni, e alla fine se lo fa parare da Taibi. Da quel momento in poi, il rapporto con lo spogliatoio non sarà più lo stesso. Anche le prestazioni ne risentono: Lucescu gli concede fiducia, ma il treno accusa una lentezza degna del nostro servizio ferroviario. Contro la Samp, alla settima giornata, si divora un gol clamoroso, salvo poi "riparare" sette giorni dopo con un gol di testa contro l'Udinese; gol inutile, peraltro, dato che i friulani vincono per 2-1. Stesso copione, subito dopo, contro il Bologna: bellissima rete del colombiano nel primo tempo, ma poi i suoi ne prendono tre. A novembre Lucescu salta, e il nuovo tecnico Francesco Oddo compie una mezza rivoluzione. Inizialmente concede spazio a Valencia, se non altro per mancanza di alternative, ma a poco a poco l'attaccante si scoraggia, fornendo prestazioni sempre più opache. La Reggiana, del resto, prende schiaffi da chicchessia, e non riesce a schiodarsi dall'ultima posizione in classifica. Oddo a poco a poco dimostra la sua insofferenza nei confronti del giocatore, tanto che a marzo il suo procuratore Jairo Arcinegas è costretto a chiedere spiegazioni a Dal Cin circa il trattamento ricevuto. Adolfo torna a dare notizie di sé il 6 aprile: ancora il Bologna, ancora un gol bello e inutile, ancora tre reti "di risposta" sul groppone ad opera dei cugini emiliani. Oddo capisce che non c'è più nulla da fare e comincia a fare esperimenti in vista della serie B: dato per scontato che Valencia non sarà tra i presenti nell'inferno della cadetteria, il giocatore viene tenuto praticamente fuori squadra fino a fine campionato. A giugno, Adolfo ha già fatto ritorno in Colombia, e nuovamente con le pive nel sacco.

La carriera di Valencia ricomincia dall'America di Calì, club con il quale il giocatore vince il campionato 1997/98, il primo nella storia della società di Santiago. Il coach Hernan Gomez lo richiama in Nazionale per i Mondiali di Francia, e sulla scia dell'entusiasmo alla fine del torneo il ragazzo passa all'Independiente di Medellin, dove ritrova un'ottima vena realizzativa; i buoni risultati lo incoraggiano a tal punto che, inaspettatamente, decide di tentare per la terza volta l'avventura europea. Stavolta il campionato scelto è meno impegnativo: si tratta di quello greco, che Valencia affronta con la maglia del PAOK Salonicco. Il colombiano viene impegato come titolare quasi inamovibile, ma torna a segnare col contagocce: meglio di lui fa il collega di reparto Zizis Vryzas, e addirittura la meteora umbro-friulana Dimitris Nalitzis (in squadra c'è anche l'italiano Mirko Taccola, che a gennaio andrà al Palermo, nonché Omari Tetradze). L'avveduto Adolfo intuisce che fose il problema non sono i suoi piedi, ma il continente: si imbarca dunque alla volta degli Stati Uniti, dove firma con i New York Metrostars nell'estate del 2000. Paradossalmente il suo ragionamento sembra funzionare, dato che i gol iniziano a fioccare (21 in 48 partite) e il colombiano diventa uno degli idoli della tifoseria, tanto da oscurare quasi la stella di Lothar Matthaeus (immaginate la sua faccia nel ritrovarsi in squadra l'attaccante, sei anni dopo l'esperienza comune al Bayern!). Tuttora è il secondo giocatore più prolifico nella storia dell'attuale RedBull NY, alle spalle dell'italo-venezuelano Giovanni Savarese. Nel 2002, a 34 anni, il giocatore torna per la terza volta all'Indipendiente Santa Fé, convinto di aver ormai chiuso con il calcio giocato. Ma se la sua anima di goleador è stanca, quella di viaggiatore intercontinentale non si è ancora assopita: dunque dopo pochi mesi Valencia vola in Asia, per firmare con i cinesi dello Zhejiang Lücheng. Sarà un connubio fortunato, perché il giocatore vi rimarrà fino all'estate del 2004, fatta salva una breve parentesi con i venezuelani dell'Union Atletico Maracaibo. All'età di 36 anni, con un curriculum vitae più lungo che denso di contenuti, Adolfo Valencia appende gli scarpini al chiodo. Rimane tuttavia all'interno del mondo del calcio: a tuttoggi è tra gli azionisti dell'Oros del Pacifico, un club creato da pochissimo nella sua città natale, Buenaventura, e che partecipa al campionato di terza divisione colombiano. Suo figlio José Adolfo Junior pare voglia ripercorrere le gesta del padre: ha frequentato le giovanili dell'Independiente Santa Fé, e ora pare si destreggi bene nell'Atletico Juventud Soacha, in serie B. Anche lui fa l'attaccante, e manco a dirlo il suo soprannome è El Trencito, il trenino. Gli auguriamo di scegliere, a differenza del padre, i binari giusti.