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esclusiva

Verona, Rafael: "Binho, Alex, Elano, Diego, Motta...che calcetto"

ESCLUSIVA TMW - Verona, Rafael: "Binho, Alex, Elano, Diego, Motta...che calcetto"TUTTO mercato WEB
© foto di Gianluigi Rossi
sabato 19 febbraio 2011, 08:022011
di Claudio Sottile
Rafael de Andrade Bittencourt Pinheiro, portiere classe '82, veste la maglia dell'Hellas Verona. Nel suo curriculum ricordiamo le esperienze con Santos e Sao Bento.

"Nasceu pra vencer" cantano i brasiliani de il "Grupo Revelaçao" nel samba "Tá Escrito".

"Nato per vincere", come Rafael de Andrade Bittencourt Pinheiro (28), al centro di questa ESCLUSIVA di TMW.

Portiere brasiliano del Verona, in passato a guardia del Santos di Robinho (27), Alex (28), Elano (29) e Diego (25), tutti della serie "nati per vincere".

Come il suo Verona, incastrato però in Prima Divisione, nonostante una bacheca con uno Scudetto. Come sopra.
"Basta acreditar que o novo dia vai raiar sua hora vai chegar", "basta credere che il nuovo giorno sorgerà il suo tempo verrà": che sia di buon auspicio?

Rafael, il Verona è partito con ambizioni di primato ma annaspa a metà classifica, come mai?
"È un peccato perché tutti volevamo fare un campionato di vertice come l'anno scorso. Non siamo riusciti ad uscire dalle difficoltà, e c'è stato il cambio di allenatore. Basterebbero 2-3 vittorie di seguito, quando le fai hai tranquillità per allenarti e migliorare".

Pensate ancora ai play off oppure è il caso di iniziare a guardarsi alle spalle?
"Bisogna guardarsi le spalle, anche se avremo partite importanti, come con la Cremonese domani o con la Salernitana, squadre che ci precedono in classifica. Saranno partite che varranno sei punti e avremmo anche la possibilità di scalare la graduatoria. Dobbiamo però pensare partita dopo partita, la partita più importante è quella ancora da giocare".

Cosa non ha funzionato ad inizio stagione?
"Contro il Gubbio ad esempio la tensione c'ha fatto trovare difficoltà, e abbiamo perso sbagliando le cose più semplici. Dobbiamo trovare equilibrio".

Due turni fa avete ceduto in casa proprio con il Gubbio, rivelazione del campionato, qual è il loro segreto?
"Il Gubbio è una squadra organizzata, a parte le qualità dei giocatori hanno la mentalità giusta della categoria. Corrono dall'inizio alla fine con organizzazione e fanno i punti, in Prima Divisione serve questo per emergere".

A gennaio hai avuto diverse proposte concrete per salire di categoria, ma hai preferito restare a Verona. Credi nel progetto tecnico o è amore verso la maglia?
"Io ci credo nel salto, da quando sono arrivato voglio portare il Verona in alto. Abbiamo vissuto momenti difficili da quando sono gialloblu ma ci credo, in più è una maglia importante e ho amore per questa città e per questa tifoseria".

Hai quasi ventinove anni e in Italia hai giocato solo in Serie C. A giugno, se non dovessi riuscirci con gli scaligeri, cambierai aria per rinnovare le tue ambizioni?
"Penso di fare il salto con il Verona già quest'anno. Giugno è troppo lontano e non voglio neanche pensarci. Ci credo tanto, fin quando ci saranno punti da conquistare ambiremo alla vittoria. Salire con il Verona è il sogno più grande".

Nel Santos hai giocato assieme a Robinho, impostosi nel Milan soprattutto per la grande disponibilità al sacrificio, te l'aspettavi?
"L'ambiente e la società hanno pesato nella sua scelta di andare al Milan. Ha compagni che lo aiutano, poi un brasiliano in Italia ha vita facile. La famiglia trova la scuola per i bambini, i supermercati vendono cibo brasiliano, ci sono tanti connazionali, è facile vivere in Italia. È importante anche la lingua, facile da parlare, tutto questo sta influendo nella voglia di lavorare di Robinho. Lo sento ancora, come sento Elano, Julio Sergio (32) ed Alex, anche se abbiamo preso strade diverse quando siamo in ferie ci troviamo assieme, e durante la stagione c'è sempre un sms prima di una partita importante. Ancora ricordo le infinite sfide a calcetto ai tempi del Santos".

Governavi la difesa di quel Santos con Alex, ora spesso al centro di voci di mercato: ha realmente intenzione di lasciare il Chelsea
"Si trova benissimo lì, ha giocato sempre con continuità. Anche la famiglia si trova bene a Londra, lui è abituato alla Premier League. Sta soffrendo un po' per gli infortuni e per non essere andato al Mondiale in Sudafrica, ma sarà il pilastro della difesa brasiliana al prossimo Mondiale in casa".

In Brasile hai diviso lo spogliatoio anche con Diego, secondo te come mai ha fallito nella Juventus?
"È sbarcato in una società grandissima, dove non sono però arrivati risultati. È stato acquistato come un giocatore importante che doveva risolvere la situazione, e quindi quando le cose non vanno bene uno cerca di cambiare aria. È stata più una scelta sua secondo me quella di cambiare aria".

Ai tempi delle giovanili giocavi a calcetto Thiago Motta (28), che ricordi hai?
"Abbiamo giocato a calcetto insieme da piccolini, e poi abbiamo condiviso tutte le categorie giovanili nel Clube Atletico Juventus di San Paolo con Alex e Luisao (30). Io poi sono andato al Santos con Alex mentre lui è andato via presto al Barcellona, ormai sono diciassette anni che è fuori dal Brasile. Anche con lui ci sentiamo spesso, soprattutto da quando è all'Inter".

Come giudichi la sua scelta di rispondere alla convocazione di Prandelli?
"Ha aspettato fino all'ultimo di vestire la maglia verdeoro, e visto che non è arrivata ha scelto l'azzurro. È amato dagli italiani, lui ama l'Italia, poi ha tutti i documenti in regola, non ci vedo niente di grave. Darà una grossa mano all'Italia perché è un gran giocatore".

Qual è il tuo idolo fra i pali?
"L'idolo è sempre stato Taffarel, anche Buffon (33) è un punto di riferimento. È un fenomeno, un mito, prima che ne nasca un altro così passeranno decenni".

Hai mai pensato alla Nazionale?
"Ho i piedi per terra, l'obiettivo è migliorare, in campo e nella vita. Sinceramente no, avessi disputato più campionati importanti forse sì, e poi ci sono tanti portieri brasiliani che giocano in campionati top.Tifo per loro, io penso di fare il meglio nel mio mondo, e ora il meglio è portare il Verona nelle categorie superiori".

Gira voce che tu sappia calciare molto bene in allenamento punizioni e rigori, come mai non ti cimenti anche in partita?
"Bisogna avere la fiducia di mister e compagni, che ti devono coprire se esci a calciare. Poi nel nostro Verona ci sono tanti giocatori bravi sui calci piazzati, non è facile. Dovrei allenarmi di più magari, sicuramente so calciare bene".

Il 21 settembre 2009 sei balzato all'onore delle cronache per un'incredibile sortita dalla porta, che ti portò a fornire l'assist per il 2-0 alla Ternana. Cosa ti spinse a compiere quell'insolito gesto?
"È stato un episodio, sinceramente non so cosa mi passò per la testa. Io avevo visto tutti gli avversati dentro l'area nostra, col loro portiere ai sedici metri. Essendo molto veloce di gamba, sono partito dalla mia aria e l'ho data a Farias (20) che ha segnato a porta vuota. Non ho segnato io, ma ho fatto l'assist che rimarrà per sempre nella galleriea delle pazzie dei portieri".

Hai lasciato il Santos molto giovane, a soli venti anni. Com'è stato emigrare per cercare fortuna nel Vecchio Continente?
"Ho fatto provini in mezza Europa dopo aver lasciato il Santos. Sono stato a provare allo Shakhtar Donetsk, allo Sheffield United, poi in una squadra tedesca di Serie C. Ho anche pensato di mollare e di andare a lavorare, non era facile allenarsi da solo. Fino a quando Elano mi ha chiamato e mi ha proposto di andare al Sao Bento, una società allenata da Freddy Rincon, colombiano ex Napoli che aveva giocato con me nel Santos.Ero andato a fare il dodicesimo, il titolare però s'infortunò e da lì è ricominciato tutto, fino alla completa rinascita con la maglia dell'Hellas".

Se non fossi diventato un calciatore professionista, quale lavoro avresti svolto?
"Sono laureato in Economia e Commercio, anche se ho sempre voluto giocare a calcio. Non era facile trovare la voglia di continuare quando attraversavi l'Oceano, con le valige cariche di sogni, finivi a fare provini in posti dove non capivi una parola, e venivi rimandato indietro senza capire il perché".

Religione, saudade e musica fanno spesso parlare dei calciatori brasiliani fuori dal campo. Tu come ti poni al cospetto della Fede?
"Sono cattolico, conosco la confessione degli Atleti di Cristo, la rispetto, ma tutta la mia famiglia è cattolica. Conosco giocatori evangelici, come Rubinho (28), parliamo molto di religione ma sono assolutamente cattolico".

Saudade e musica cosa rappresentano per te?
"Mi carico con la musica brasiliana, con il pagode che è un samba più lento. Così ascolti le parole che danno forza, animo e più grinta per vincere. Sono affezionato alla musica brasiliana, a casa ho anche la tv e vedo tutto il campionato del mio paese. Ascoltandola mi passa la nostalgia per la casa, la famiglia, gli amici, e arrivi alla domenica con una grande carica. Quando sei lontano dagli affetti capisci che ogni giorno è fatto per lavorare e migliorare nella vita".

Hai scaramanzie particolari sul terreno di gioco?
"Quando entro in porta lo faccio sempre dalla parte centrale, anche se credo più al lavoro che alla scaramanzia".

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