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tmw / livorno / Calcio
Bordocampo. Ci vogliono i santi in ParadisoTUTTO mercato WEB
© foto di Federico Gaetano
lunedì 27 aprile 2015, 09:40Calcio
di Emilio Guardavilla
per Amaranta.it

Bordocampo. Ci vogliono i santi in Paradiso

Livorno - La 16esima di ritorno presenta un vero e proprio spareggio tra due diretti competitor per la rampa di lancio alla massima serie. Perugia-Livorno si gioca allo stadio di via Pietro Conti, intitolato a Renato Curi da quel tragico 30 ottobre del 1977, un teatro che ha già messo in scena la Serie A per tredici stagioni con illustri registi, eccelsi attori protagonisti e sceneggiatori che sono riusciti ad esportare i loro copioni anche in Europa, per ben sei volte, non più tardi di dodici anni fa. L’ultimo scorcio di campionato, dopo una fase che aveva visto una preoccupante flessione nel rendimento degli umbri, ha riacceso le ambizioni di ribalta in tutto il tifo perugino. E, in settimana, il presidente Santopadre ha richiesto esplicitamente la presenza di 20mila spettatori, tanti quanti ne può contenere l’impianto, per spingere la squadra alla vittoria. In 12mila hanno deciso di rinunciare alla gita fuori porta e festeggiare il 70esimo anniversario della Liberazione incitando i propri beniamini. Mister Andrea Camplone, in panchina dal 2012 ma con trascorsi a Perugia anche da calciatore, quattro anni, ha raccolto 15 punti sugli ultimi 21 messi in palio dal calendario e dopo la X del derby con la Ternana conserva un vantaggio che consente sonni tranquilli. Il Livorno arriva nella Terra dei Santi non certo a chiedere la grazia ma, quanto meno, a tentare il miracolo per un risultato che sarebbe la svolta in chiave playoff. Arriva con due attaccanti di ruolo tra i convocati e lascia in infermeria una lista di nominativi che continua ad allungarsi giorno dopo giorno. Il Livorno viene a giocare in Umbria con il sostegno dei club storici della città e con una voglia di fare bene che si respira anche all’autogrill dove il pullman fa rifornimento. I ventidue scendono in campo per mano ai pulcini dell’Asd Portocannone e sognano insieme a loro partite indimenticabili nel futuro più prossimo possibile. Alle 15 si schierano i due moduli speculari, ma nel Livorno il due è formato da Vantaggiato Daniele e Jelenic Enej, non proprio un vero nueve, anche in ottica del turno infrasettimanale alle porte oltre che per fare di necessità virtù. Il primo tempo è un monologo amaranto. Dopo 10’ di avvisaglie concrete e minacciose il predominio si concretizza con il pallone sotto la traversa da parte dello stesso sloveno che raccoglie una palla di Vantaggiato, la rielabora a sua immagine e somiglianza e va, per la terza volta in questa stagione, sul tabellino alla voce marcatori.

E’ vero che in fase di rifinitura il 24 bianco si aggiusta il pallone con l’avambraccio ma lo è altrettanto che, nella stessa fase, la sua maglia diventa una Xxl grazie al difensore di turno onde per cui, il signor Fabrizio Pasqua di Tivoli fa la sua porca figura nel lasciar giocare. Il vantaggio è legittimato da 45’ impeccabili dove un Perugia arruffone e impacciato non riesce a imbastire più di 3 passaggi prima di perdere palla e far partire il contropiede dei nostri. Al 28’ il montante di destra nega il gol a Vantaggiato. Sarebbe stato troppo bello ma non immeritato. Il Perugia rientra nel tunnel tra slave di fischi altrettanto immeritati vista la consistenza del centrocampo amaranto e le effettive difficoltà che, nonostante lo sforzo profuso, incontra negli ultimi 25 metri. Nella ripresa la musica non cambia perché mister Panucci ha impostato la gara per neutralizzare le velleità offensive degli avversari. Per capitolare ci vorrebbe solo un’amnesia difensiva dei nostri o un colpo di genio del singolo in giornata di grazia (quattro attaccanti dal 75’). Né l’uno e né l’altro. Pochi minuti dopo che ad Avellino Aniello Cutolo ha segnato il gol del pareggio per l’Entella, siamo oltre l’80’, il Perugia beneficia di una punizione diretta dal limite. Fabio Ayer, Fabinho sulla maglia numero 11, è un paulista ma non calcia meglio di come si fa a Piombino od a Guasticce, per esempio. Non fosse per una molteplice deviazioni di qualche santo che ha fatto la storia di queste terre non avrebbe mai beffato l’impeccabile Mazzoni. Per definire tale fenomeno carioca si possono usare termini che vanno dal latinismo più raffinato al gergo marinaresco più squallido od a quello da quadrivio più blasfemo. Per non scivolare nella volgarità in cui è facile incorrere in queste situazioni, gli sportivi amaranto, proprio all’ora del tè, parafrasano le loro emozioni con un semplice: “Ci vogliono anche i santi in Paradiso”.