Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendari
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliariempolifiorentinafrosinonegenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliromasalernitanasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenalatinalivornonocerinapalermoparmaperugiapescarapordenonepotenzaregginasampdoriaternanaturrisvenezia
Altri canali serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta
tmw / livorno / Calcio
Il doppio ex. Grauso: "Livorno, fai attenzione alla Giana"TUTTO mercato WEB
© foto di Jacopo Duranti/TuttoLegaPro.com
sabato 1 ottobre 2016, 08:04Calcio
di Gianluca Andreuccetti
per Amaranta.it

Il doppio ex. Grauso: "Livorno, fai attenzione alla Giana"

Rivoli (To) – “Anno nuovo vita nuova” è il ritornello un po’ usurato con il quale si è soliti indicare l’inizio di una nuova esperienza in corrispondenza dell’avvio di una nuova stagione. A 37 anni suonati Claudio Grauso, indimenticato e indimenticabile ex centrocampista del Livorno tra il 2000 e il 2005, ha cominciato la sua “vita nuova” nelle file dell’F.C.D. Rivoli Calcio, dopo aver militato per un anno nella Giana Erminio in Lega Pro. È lui il doppio ex della sfida di domenica pomeriggio allo Stadio Città di Gorgonzola tra biancazzurri e amaranto:

Dopo una stagione alla Giana Erminio in Lega Pro, in cui hai collezionato 14 presenze, hai deciso di non indugiare nell’attesa di un contratto da professionista e, già in agosto, hai firmato per l’F.C.D. Rivoli Calcio, squadra iscritta al girone B del campionato piemontese di Eccellenza: come nasce questa tua scelta?

Più che una scelta, la mia è stata quasi una necessità: non essendo stato riconfermato dalla Giana Erminio al pari di altri miei compagni che hanno più o meno la mia stessa età come Gasbarroni e Polenghi, ho subito capito che per me sarebbe stato davvero molto difficile riuscire a concludere un nuovo contratto da professionista. A quel punto, avendo constatato che molte delle squadre di serie D della mia zona erano già coperte nel mio ruolo e non avendo più tanta voglia di allontanarmi da casa, ho sposato convintamente il progetto del Rivoli Calcio, una società di Eccellenza della mia zona, che mi consentirà di militare in un campionato non molto diverso dalla serie D e di dedicare parte del mio tempo a ciò che vorrò fare quando avrò smesso di giocare.

Dopo cinque giornate di campionato, il Rivoli ha raccolto 10 punti ed è secondo in coabitazione alle spalle della capolista Corneliano: quali sono le ambizioni, della squadra e tue personali, per il campionato in corso?

La squadra, anche se proviene dal campionato di Promozione, è una compagine molto ambiziosa ed è stata allestita per ben figurare, facendo ricorso a giocatori che fino a pochi mesi fa militavano in serie D: possibilmente anche per vincere il campionato, ma senza l’assillo di doverci riuscire a tutti i costi. A livello mio personale, invece, mi piacerebbe molto concludere la mia carriera con la vittoria di un nuovo campionato, anche perché, in quasi venti anni, ho avuto la fortuna di contribuire alla conquista di tante promozioni e di disputare spesso stagioni al vertice.  

In un’intervista rilasciata ad una nostra collega (Claudia Marrone di Tuttolegapro.com) prima dell’inizio del campionato, hai rivelato che questa potrebbe essere la tua ultima stagione da calciatore e che, al termine della tua esperienza a Rivoli, potresti decidere di appendere gli scarpini al chiodo e di intraprendere la carriera di allenatore: cos’è che potrebbe farti cambiare idea e farti ritardare ancora questo momento?

Non ho certamente smesso di correre e di divertirmi giocando a pallone, ma scegliere se intraprendere la carriera di allenatore o continuare a giocare è oggi per me principalmente una questione di opportunità: se trovassi una società disponibile ad affidarmi subito una squadra del settore giovanile con la prospettiva di allenare un giorno i “grandi” oppure un mio ex allenatore favorevole ad un mio ingresso all’interno del suo staff tecnico, potrei smettere anche domani; allo stesso tempo, potrei continuare anche dopo il termine di questa stagione se il Rivoli vincesse il campionato e fosse favorevole ad una mia riconferma oppure, più semplicemente, se capissi di avere l’entusiasmo necessario per andare avanti.

Quando eri al Livorno, tra il 2000 e il 2005, hai fatto parte di un organico che è già nella leggenda, per quanto sembra distante dalla squadra di oggi: qual è la prima immagine che ti viene in mente pensando ai tuoi anni in riva al Tirreno?

Per fortuna, non ne ho soltanto una ma ne ho davvero tante: quando arrivai a Livorno, nell’estate del 2000, c’erano davvero tanti grandi giocatori, a cominciare da Protti, e un Presidente pronto ad investire pur di riportare il Livorno in alto. Tutto ciò facilitò la squadra nel portare il pubblico dalla propria parte e nel creare un’alchimia particolare, il cui principale artefice fu Osvaldo Jaconi: ciò che più differenzia il Livorno di ieri dal Livorno di oggi è la costante presenza allo stadio di non meno di 15-16.000 persone e, tra ieri e oggi, non esiste soltanto una questione di crisi economica.

In cinque campionati, sei stato alle dipendenze di quattro allenatori (Jaconi, Donadoni, Mazzarri e Colomba) che, in maniera diversa, hanno segnato un segmento della storia del Livorno: chi di loro è stato più importante per la tua crescita?

Non è mai bello esprimere delle preferenze o stilare delle graduatorie perché si tratta davvero di quattro grandi professionisti, che mi hanno dato tutti tanto sotto un certo punto di vista oppure sotto un certo altro: Jaconi ha rappresentato per me una sorta di “secondo papà”, pur non impiegandomi moltissimo, e, ripensando a lui, comprendo meglio come l’impiego  dei giovani calciatori vada sempre centellinato; Donadoni è stato fondamentale per me perché mi ha di fatto affidato il ruolo di titolare, prima in serie B e poi in serie A; Mazzarri, straordinario dal punto di vista tattico, mi ha insegnato aspetti del mio ruolo che fino ad allora non conoscevo; Colomba, infine, mi ha fatto esordire in serie A.

Mettendo da parte la partita di Treviso, c’è un incontro che fotografa meglio degli altri la storia del “tuo” Livorno? Livorno-Como 2-1, Como-Livorno 3-5 o Milan-Livorno 2-2?

Se dovessi sceglierne uno soltanto, probabilmente sceglierei la vittoria all’Ardenza contro il Milan di Berlusconi per 1 a 0: non esclusivamente per il fatto tecnico, ma anche per la maniera particolare in cui la gente di Livorno e i tifosi del Livorno tenevano a quella partita. Anche il match del girone di andata, disputato a San Siro, fu una partita incredibile con 20.000 tifosi livornesi al seguito: ma ce ne sono anche altre di queste partite, a cominciare dalla vittoriosa trasferta di Piacenza e dai tanti derby vinti con il Pisa…

Domenica pomeriggio il Livorno farà visita ad una squadra che tu conosci molto bene, la Giana Erminio di Cesare Albè: quali sono le insidie maggiori legate ad una trasferta in casa di una squadra che ormai conosce la categoria?

La Giana Erminio è una squadra da non sottovalutare, una vera e propria compagine da combattimento con delle individualità importanti, a cominciare da Sasà Bruno e Alex Pinardi: i suoi giocatori sono pronti a dare tutto sia in allenamento sia in partita e, soprattutto, sono disposti a tutto pur di fare risultato. Sono ragazzi incredibili e che non mollano mai per cui gli uomini di Foscarini faranno bene a non prendere sottogamba la partita. Una nota positiva per il Livorno è rappresentata dal fatto che la squadra di Albè tende a realizzare le sue prestazioni migliori fuori casa invece che tra le mura amiche.

Sulle due panchine, sarà sfida tra primatisti assoluti: Albè è alla ventiduesima stagione consecutiva al timone della medesima squadra, mentre Foscarini ha eguagliato a Cittadella il record di dieci campionati di seguito alla guida di una squadra professionistica che apparteneva a Trapattoni alla Juventus. Qual è il segreto di Albè ed è vero che il presidente della Giana Erminio vorrebbe portare la squadra di Gorgonzola in serie B?

I segreti di Albè sono fondamentalmente due: la semplicità e lo stretto rapporto di fiducia instaurato con il Presidente, reso possibile anche dai tre campionati vinti in sequenza (Promozione, Eccellenza e Serie D). Ad oggi, io credo che, malgrado i tanti investimenti, la Giana Erminio abbia tutte le carte in regola per fare un ottimo campionato, ma non ancora per salire di categoria, perché nel calcio è spesso importante che all’ingaggio dei giocatori faccia seguito un ritorno di pubblico e di entusiasmo che a Gorgonzola ancora non c’è.

Foscarini, dal canto suo, è alle prese con una formazione da inventare e infarcita di scelte obbligate: quando è così, i giocatori che vanno in campo sono portati ad esaltarsi oppure a smarrirsi nelle difficoltà?

Dipende molto da ogni singolo giocatore: chi scende in Lega Pro per giocare nel Livorno o, più semplicemente, chi indossa la maglia del Livorno in Lega Pro sa che deve vincere il campionato o, nella peggiore delle ipotesi, lottare fino all’ultimo per poterlo fare. Al di là delle caratteristiche tecniche, chi indossa oggi la maglia del Livorno si trova nella condizione di chi indossa la maglia della Juventus: deve vincere sempre e non è da tutti possedere i requisiti tecnici e morali per poterlo fare.

Chiudiamo con una curiosità: tu hai lasciato il campionato di terza serie nel 2002 e lo hai ritrovato nel 2010, all’inizio di un processo riformatore che, tra le altre cose, avrebbe dovuto favorire il ritorno degli spettatori negli stadi. Non ti sembra che imporre alle società l’impiego di tanti giovani e rendere la vita difficile a tanti giocatori, esperti ma di talento, abbia prodotto l’effetto opposto?

Sì, penso di essere d’accordo con quanto tu sostieni: imporre alle società l’impiego di tanti giovani è stata, probabilmente, una furberia per consentire alle stesse di risparmiare sull’ingaggio dei calciatori e, al tempo stesso, non ha consentito di aumentare il livello di competitività, dei giovani e dei campionati. I giovani bravi crescono nella competizione con i giocatori più anziani, dai quali imparano i segreti: in sintesi, giovani o meno giovani, a scendere in campo dovrebbero essere sempre i giocatori di qualità.