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L'esempio del Valencia per un ritorno alle tradizioni. Chi entra in campo non è fondamentale, l'importante è che lotti per il MilanTUTTO mercato WEB
giovedì 21 agosto 2014, 00:00Editoriale
di Carlo Pellegatti
per Milannews.it

L'esempio del Valencia per un ritorno alle tradizioni. Chi entra in campo non è fondamentale, l'importante è che lotti per il Milan

Nato a Milano, dopo i trascorsi a Radio Peter Flower e TeleLombardia, è approdato a Mediaset come inviato prima e telecronista delle partite del Milan poi. Volto noto di Milan Channel, opinionista per Odeon TV è anche azionista del club.

Una sera al Mestalla. Vorrei evitare oggi di scrivere ancora del mercato, di questo giocatore di fascia destra che sembra si chiami…Godot (vedere alla voce Samuel Beckett), del mio desiderio di vedere Rabiot o Grenier in maglia rossonera, di Balotelli forse non più incedibile. No, in queste righe, desidero parlare di un acquisto più alto, più aulico, forse più importante, al quale devono mirare i dirigenti rossoneri, il ritorno della Passione. Splendido lo spettacolo del Mestalla, per il debutto casalingo, in questa stagione del Valencia. Un Club dalle storiche tradizioni, che può contare, nel suo palmares, sei vittorie in campionato, sette Coppe del Re, una Supercoppa di Spagna e sette Trofei internazionali. Un numero ben lontano dai trionfi di un Milan, che divide, però, con i valenciani, lo stesso brutto piazzamento nella scorsa stagione, un ottavo posto che costringe i due club fuori dall’Europa. Ben differente però la risposta delle tifoserie, abituate entrambe ai fasti nazionali ed europei. A Milano regna lo scetticismo, una scarsa fiducia sul futuro, la pallida attesa per la prossima stagione, che si mischia con l’acredine, con il sarcasmo, mentre “Fratelli” che hanno gioito per anni sotto la bandiera rossonera, oggi brandiscono le parole come affilati “Coltelli”. A Valencia, a importanti cessioni, ad un campionato mai giocato da protagonista, alla esclusione dall’Europa la risposta più bella, più emozionante, più palpitante. Nel giorno della presentazione della squadra sono in cinquantacinquemila ad affollare il loro stadio, per trasmettere l‘affetto più caldo ai loro Ragazzi, per confermare che non li lasceranno soli in un campionato dove gli imbattibili avversari si chiamano Real Madrid e Barcellona. Il Mestalla si colora dunque di rosso e arancione. Ne sono avvolte splendide ragazze andaluse, lo indossano, con orgoglio, attempati signori, lo sventolano, con gioia, bambini di ogni età. Lo speaker presenta i giocatori, che, uno ad uno, escono dal tunnel, accolti da un lungo applauso.

Infine entrano quattro tenori. Il pubblico si alza in piedi a cantare l‘inno del Valencia, intonato dai cantanti, mentre l’emozione sale e sale. Il pensiero è subito andato alle passate splendide ed indimenticabili feste rossonere, diverse, stagione dopo stagione, solo per un numero, quello degli scudetti sulla bandiera alzata dai giocatori o quello delle Coppe dei Campioni, proiettato sul prato verde. Festeggiare però dopo i trionfi è sempre entusiasmante ma anche facile. Io allora invito la Società a ritornare alle tradizioni, quando un San Siro abbronzato salutava il ritorno del nuovo Milan. Negli anni '50 con le amichevoli magari contro il Botafogo di Garrincha, e ricordo ancora il volto teso del terzino Trebbi, salito in tribuna e seduto accanto a me dopo 45' minuti di fuoco contro il formidabile attaccante brasiliano. Imitando così le fantastiche e spettacolari feste dei grandi Club Europei, che si chiudono con fuochi artificiali, come in occasione del Gamper, al Camp Neu di Barcellona o con il meraviglioso abbraccio del pubblico del Santiago Bernabeu alle loro dolci Merengues, serata, in verità, spesso rovinata dal Milan di Arrigo Sacchi. Non vorrei che, nella voglia di innovare e di modernizzare il Club, si perda contatto con la tradizione, caposaldo di ogni squadra di calcio nel mondo. Colori, stemmi, abitudini, riti rappresentano ancora la forza, che traina e fortifica l'amore dei tifosi, anche nei momenti più pallidi. Spero dunque che sia l'ultima estate senza la festa di San Siro, senza l'applauso ai Ragazzi. Chi entri in campo non è fondamentale. E' certamente un giocatore che soffrirà, che suderà, che lotterà per il Milan. Questo è importante.