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tmw / milan / Editoriale
Quanto vale il MilanTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
venerdì 27 febbraio 2015, 00:00Editoriale
di Luca Serafini
per Milannews.it

Quanto vale il Milan

Giornalista sportivo e scrittore. I suoi libri: “La vita è rotonda”, “Soianito”, “L’oro di Sheva”, “Calcinculo”, “La vita è una”, “Sembra facile”. Attualmente online l’ebook “La rivoluzione di Giuseppe” Gruppo Viator

Da qualche settimana si rincorrono voci a proposito di un presunto risveglio da parte di investitori stranieri, interessati a rilevare il Milan o una parte del club. Prima il thailandese Taechaubol, un miliardo per prendere tutto, soldi cui Fininvest non crede e quindi smentisce. Poi il cinese Janlin fresco di acquisto di Infront Media&Sport (1,05 miliardi), il quale sarebbe interessato al 30%. E quanto vale, questo 30%? Qui cominciano i problemi. La famiglia Berlusconi per cedere il Milan quel miliardo, a parole – Silvio e Barbara – lo vuole tutto senza sconti. Secondo “Forbes” il Milan vale tra i 794 (luglio 2014) e i 748 (gennaio 2015) milioni. Secondo “Il Sole 24 Ore” il Milan vale “tra i 400 e 500 milioni”. Conteggio striminzito da parte dello stesso quotidiano che nell’aprile 2013 stimò in circa 130 milioni il prezzo dell’addio di Galliani (non chiamatela buonuscita o liquidazione, per carità di Dio…). Eppure “Il Sole 24 ore” è probabilmente la fonte più realistica: “Forbes” calcola un valore del marchio sovrastimato, non tanto per i risultati delle ultime stagioni che incidono relativamente – ma incidono comunque – su 116 anni di storia, quanto rispetto all’andamento attuale del mercato. “Il Sole” si attiene al valore del marchio e al fatturato, oltre all’ipotetico investimento necessario per ricostruire una squadra competitiva e semmai ricostruire uno stadio. Infine “Fininvest” nel settembre 2014 si pose esattamente a metà, fissando in poco più di 600 milioni la base di stima del valore del club.

Lasciamo le conclusioni agli studiosi, già peraltro fortemente impegnati nelle dispute su quanto spetterebbe a Galliani in caso di congedo. E’ più interessante per noi cercare di capire quanto vale la squadra. La classifica è una risposta parziale, ancorché l’unico elemento al quale potersi attenere per una qualsiasi disquisizione. La classifica infatti non tiene conto del valore dei giocatori, dei loro ingaggi, delle loro potenzialità, ma della loro condizione, del loro modo di esprimersi, della loro capacità di dimostrare questo valore. Da fine agosto a fine febbraio la classifica dice che il Milan non è tra le prime 8 del campionato per ciò che ha saputo o non ha saputo fare. Sampdoria e Genoa sono 3 punti sopra, Torino e Palermo sono alla pari, Sassuolo, Empoli, Atalanta e Cagliari che sono dietro sono riuscite a fermare i rossoneri, anche 2 volte tra andata e ritorno. Ora appare onestamente difficile trovare nella rosa di queste altre squadre De Jong, Montolivo, Cerci, Menez, tanto per fare qualche nome, eppure è indiscutibile che fino ad oggi siano state migliori o largamente migliori.

Gli esempi di Niang e, parzialmente, Torres appaiono molti significativi in questo senso: è bastato metterli in condizione di rendere e hanno ricominciato a giocare a calcio, a fare gol. Se Niang al Genoa appare una furia devastante, quanto avrebbe potuto rendere lo spagnolo al centro dell’attacco dell’Empoli o del Sassuolo che hanno un impianto organizzato e collaudato, posto che a nostro avviso l’involuzione di Torres resta indiscutibile? Molto più che al Milan, questo dicono i fatti. Se sia solo un problema di allenatore, è difficile dire con certezza: i continui infortuni e cali di condizione sono un altro bel tema, insieme con la personalità e lo spessore di questi stessi giocatori che – forse – si esaltano in piazze come quella del Genoa e dell’Atletico, ma naufragano miseramente a Milanello dove i valori e la storia sono altre.

Se la rosa del Milan è più forte di quella di almeno altre 13-14 squadre della serie A, ma questo non emerge affatto dal suo rendimento, le colpe sono da dividere tra tutti. In primis la società che ha costruito un gruppo senza spessore e senza futuro, perché quelli che giocano bene se ne andranno. L’allenatore che aveva promesso almeno grinta e temperamento. Lo staff perché la condizione e la corsa sono sempre inferiori a quelle avversarie. E i giocatori, infine, anche e soprattutto loro, che oltre al minimo sindacale come contro il Cesena, dovrebbero e potrebbero dare molto di più. Anche in termini di attributi.