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tmw / milan / Editoriale
Tra Bee e Lee, il fattore D: il Milan al bivio DoyenTUTTO mercato WEB
martedì 5 maggio 2015, 00:03Editoriale
di Andrea Saronni
per Milannews.it

Tra Bee e Lee, il fattore D: il Milan al bivio Doyen

Caposervizio di Tgcom24.it e contributore della Tribù del Calcio su Premium Calcio. Collaboratore fisso per Avvenire e Forza Milan, ha scritto due libri su Milan e Nazionale italiana e contribuito alla creazione di Sportmediaset.it

Al riparo da Arcore e dal Park Hyatt, oscurato da misteriose signore orientali e affatto misteriosi top manager thailandesi, lontano da inseguimenti, selfie, telecamere e microfoni, l'incontro forse più importante della convulsa, incredibile settimana andata in archivio si è tenuto nelle moderne pareti di casa Milan, via Aldo Rossi. Seduti a un elegante tavolo in una elegante sala riunioni, Adriano Galliani e Nelio Lucas, ovvero il signor Doyen Sports Investments. Il rappresentante del fondo che, entrando nel Milan attraverso la cordata di investitori allestita da Bee Taechaubol, potrebbe seriamente condizionare il presente e il futuro rossonero sul campo da calcio, vale a dire quello che più conta per il tifoso.

Lucas è il boss "sportivo" della grande holding finanziaria che da diversi anni, ormai, è entrata nei gangli nel mondo del calcio che conta passando dal management, al controllo se non alla sostanziale proprietà dei cartellini di decine e decine di calciatori. Per arrivare, da qualche tempo a questa parte, fino ai club. Club in difficoltà finanziarie, alle prese con l'impossibilità di acquisire giocatori, di destinare con profitto gli elementi che possono avere mercato. Doyen è un fondo, ha capitali a disposizione e può muovere i numerosi calciatori della scuderia: di base, fornisce il denaro alla società per rilevare l'uomo in questione, poi conta in un suo ulteriore progresso e dunque in una crescita del suo valore di mercato. A quel punto, in tempi sempre piuttosto brevi (uno-due anni) si rivende con incasso da parte dei finanziatori della plusvalenza o di una forte percentuale di questa. Se invece le cose calcistiche non aiutano, o anzi, peggiorano la situazione, alla società rimane il debito relativo all'operazione originale: debito che molto spesso è stato saldato con la cessione a Doyen di una percentuale importante della proprietà di un altro giocatore, quasi sempre un giovane del vivaio o comunque un under 23. Un modello già praticato da Doyen in Portogallo, in Brasile, in Spagna, dove può vantare di essere l'artefice di buona parte delle recenti fortune - sportive, e non proprio di bilancio - dell'Atletico Madrid. 



In Italia, questo schema non è replicabile, le norme lo proibiscono, così come i recenti editti di Fifa e Uefa. Ma proprio lo scavalcamento della normale modalità di transazione, tramite l'entrata nella proprietà del Milan, consentirebbe di fatto a Doyen di diventare indirettamente l'altro soggetto, di potere gestire e realizzare questo tipo di movimenti dall'altra parte della scrivania in quanto non più intermediario, ma club. Nessun prestito in denaro per le operazioni, ma decisione diretta. Ecco, pensiamo ora al Milan attuale inserito in questo schema, gestito con questa formula. Sarebbe buona, addirittura inevitabile per un tentativo di ricostruzione veloce, immediata, quello che proprio Silvio Berlusconi sta dettando come una delle condizioni meno trattabili. Un bel pacchetto di giocatori freschi, qualcuno magari di prima fascia (qualche ora fa questo sito ha pubblicato l'elenco dei controllati, non mancano nomi importanti) e altri che possano in qualche maniera rinnovare e completare un organico che subirà pesanti demolizioni. Pericolosa, invece, per quanto riguarda l'autonomia tecnica ed economica del club: innanzitutto, non si uscirebbe dall'equivoco già fin troppo ripetutosi negli ultimi anni di calciatori vestiti di rossonero non per una precisa scelta dell'allenatore o della direzione tecnica, che non casualmente - lo si ribadirà fino allo stremo - al Milan non esiste. E poi, in caso di innesti particolarmente positivi, la seria possibilità di non potere mai mettere dei punti fermi a lungo termine: se l'obiettivo della valorizzazione e della crescita del protetto alla grande Borsa del pallone viene centrato, si realizza subito e soldi in tasca al fondo, con qualcosina - forse - anche per il Milan. L'esempio di Radamel Falcao, uno dei cavalli di razza della Doyen, è emblematico: dal Porto, all'Atletico, al Monaco, sempre al rialzo fino al prestito allo United: per la modica cifra di 12 milioni per una stagione. Obiezione del tifoso rossonero atterrito: bene, tu comincia a portare Falcao. Contro-obiezione: benissimo, poi voglio vedere quando sul più bello te lo faccio sparire.

Chissà se anche questo aspetto ha portato, sta portando il Pres a tirare il freno a mano con Bee e ad aspettare che il "generale Lee" passi all'azione. Tra tante incertezze, tante inversioni di marcia, l'unico elemento certo è che Berlusconi, comprensibilmente, voglia trarre i maggiori introiti possibili dalla cessione del pacchetto di minoranza. Vuole rientrare di almeno parte delle perdite sostenute negli ultimi anni. E la formula Bee-Doyen consentirebbe al patron di trattenere  gran parte dell'incasso, con la campagna di rafforzamento dettata e realizzata da Lucas e soci con le modalità di cui sopra. Vietato, però, mettere becco, dire sì o no a certi giocatori, fors'anche a un allenatore. Qualcosa che non va molto d'accordo con il modo di Silvio Berlusconi, che spera ancora che i titubanti cinesi gli consentano il "delitto perfetto": soldi freschi (tanti, grazie), maggioranza ancora in pugno, fortissima alleanza e nuovi indotto in un enorme mercato ancora inesplorato, partnership per lo stadio e mani libere nella gestione della squadra, che rimarrebbe ancora appannaggio di Adriano Galliani - in rapporti privilegiati col Wanda Group, uno dei componenti della cordata made in China -, libero finalmente di tornare a spendere (non troppo eh?). Galliani, sia chiaro, rimarrebbe saldamente al suo posto anche in caso di avvento di Taechaubol: l'ad, insieme a Claudio Lotito, è stato due anni or sono il primo amico e "sdoganatore" di Lucas e della Doyen in Italia. E può essere tra l'altro un validissimo alleato anche per un settore giovanile capace di produrre e piazzare in serie giocatori di livello: ergo, diventare a sua volta un bacino per Doyen. Adriano il Grande, insomma, è l'unico che può godersi serenamente la suspence. Il Milan invece è a un bivio delicatissimo, tra i più importanti della sua storia. Rimanere padroni di se stessi, imparando il cinese, o involvere in una rilucidata, prestigiosa e magari ogni tanto vincente scatola riempita o svuotata secondo logiche totalmente affaristiche. Non rimane che sperare nella ragione, nell'istinto e nella buona stella di Berlusconi. Proprio come 30 anni fa.