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Da Zero a Dieci: l'unico vero furto a Mancini, il delirio sotto la curva, lo scandalo nelle tv pro-Inter e la furia inattesa di SarriTUTTO mercato WEB
© foto di Insidefoto/Image Sport
martedì 1 dicembre 2015, 11:24Zoom
di Arturo Minervini
per Tuttonapoli.net

Da Zero a Dieci: l'unico vero furto a Mancini, il delirio sotto la curva, lo scandalo nelle tv pro-Inter e la furia inattesa di Sarri

Zero i minuti giocati dal bellicoso Felipe Melo. Avremmo voluto una telecamera puntata sul suo volto, dopo che alla vigilia aveva dichiarato che Gonzalo andava “menato”, mentre Higuain “Menava” (in questo caso l’accezione dell’espressione è quella dialettale nostrana, intesa a rappresentare la violenza con la quale il Pipita scagliava in ben due circostanze il pallone alle spalle di Handanovic) la palla per due volte nella porta dell’Inter. Caro Melo, alla fine non puoi mica lamentarti, eri stato tu a dirlo. Certo Gonzalo avrà frainteso il senso delle tue parole, deve esserci stato un leggerissimo misunderstanding. Vabbè ti resta una bella foto scattata sul Golfo e l’ennesima occasione per riflettere sul valore impagabile del silenzio. Obridago. 

Uno come gli interventi di Reina fino al minuto 94’. Prima del miracoloso intervento su Miranda, lo spagnolo non aveva mai compiuto interventi, restando fulminato dal tiro improvviso di Ljajic sul 1-2 nerazzurro. Immaginate una divinità del calcio nascosta tra le nuvole, una sorte già scritta come in Final Destination che il protagonista riesce, andando contro natura, a sovvertire. Questo ha fatto Pepe, fermando tempo e respiro per alcuni istanti. Provate a riavvolgere il nastro della memoria al momento in cui il pallone viene indirizzato da Miranda verso l’angolino. Focalizzate l'attimo, ognuno dentro aveva già maturato la triste conclusione: 2-2. Che beffa. Nella sala da regia del nostro cervello era già tutto montato, il film maledetto era pronto per essere proiettato dinanzi agli occhi, prima che arrivasse lui, deus ex machina improvvisato, a cambiare il finale. Il nuovo trailer inizia con Reina ad esultare come Fantozzi dopo aver vinto alla Lotteria di Capodanno. La nuova storia di questo campionato può essere scritta, con il sangue versato alla causa dal Cid iberico-partenopeo. La nuova storia è scritta dal vero leader di squadra e tifoseria, come testimonia l'esultanza a fine gara. E' Reina il nuovo capo degli ultras partenopei.

Due i gialli a Nagatomo, mille lacrime cadute da Mancini in versione Zarrillo. Il giapponese prima strattona Callejon alle spalle - giallo da regolamento - poi ferma un Allan lanciato verso l’area di rigore. Considerato il metro di Orsato - giallo a Koulibaly nei primi minuti - la doppia sanzione non può certo far gridare allo scandalo. E’ opinabile, come tutto del resto. Quello che non è opinabile, invece, è il dominio territoriale del Napoli per 70’. Quello che andrebbe spiegato a Mancini, quando dice “In 11 uomini avremmo vinto”, è che al momento del rosso a Nagatomo l’Inter era sotto ed aveva solo potuto ammirare qualche immagine in cartolina di Reina. Quello che sarebbe lecito pretendere dai media è un fedele racconto della gara, che è stata invece racchiusa in un disperato assalto finale che ha prodotto, con due traversoni a centro area frutto più della disperazione che del gioco (pochi secondi prima Handanovic aveva lasciato la sua porta su un calcio d’angolo a favore), due legni. Quattro minuti di recupero diventano la cosa più interessante della gara. Squallida sineddoche di chi, per interessi, prende “una parte per il tutto”. A risolvere ogni questione, a fine gara, è stato lo stesso laterale espulso, che alla domanda “Cosa vorresti chiedere a San Paolo ha così risposto: “Io sono giapponese”.

Tre metri sotto terra. A quelle "alture" è stato avvistato da ricercatori specializzati nello studio del sottosuolo il buon Mauro “Lionheart” Icardi. Aveva ricordato, perché al ragazzo non piace far parlare di sé, il cucchiaio dello scorso anno fatto ad Andujar nel 2-2 finale del San Paolo. Facile Maurito pavoneggiarsi con il buon Mariano, praticamente come battere un bambino a braccio di ferro come in Tre Uomini e una gamba. Provaci con Pepe.

Quattro quattro due. Questo potrebbe risolvere tutti i problemi nell’esistenza di Callejon, che se venisse giudicato per il ruolo che sta ricoprendo, a tutti gli effetti un laterale di corsia destra, non sarebbe puntualmente accusato di non aver ancora segnato. Certo, deve recuperare confidenza con la rete in campionato, ma siamo consapevoli che al confronto Stachanov era un assenteista? Sfogliamo il dizionario notiamo un clamoroso errore alla voce Inesauribile: “Che non può essere consumato completamente, che è senza fine, anche in senso figurato”. Eppure, manca la sua foto!

Cinque Cento Trenta Nove minuti. Bisogna masticarle bene queste parole per comprenderne a pieno il significato del record di imbattibilità stabilito dalla difesa azzurra, perché scritte in numeri, 539’, sembrano troppo fugaci. Pensate quanti sono tutti questi minuti. Nello stesso tempo, praticamente 9 ore, avreste il tempo di: A) guardare sei volte La corazzata Potëmkin, anche se questo vi porterebbe ad una morte lenta ed inesorabile. B) Raggiungere Milano in macchina avendo anche il tempo di citofonare a Moratti per ricordargli che, quando c’era lui, probabilmente questa Inter aveva più eleganza nelle sconfitte. C) Fare qualche tappa con Giusy Ferreri, magari senza arrivare proprio a Bangkok e spendere dodicimila euro di volo. D) Contare pecorelle fino a stabilire un nuovo Guinnes dei primati, mentre provate a dormire ma questo Napoli vi toglie il sonno perché vi stuzzica la più dolce delle fantasie. Quale accendiamo?

Sei all’Inter, perché è giusto riconoscerne i meriti, emotivi e tecnici, nella sfida al San Paolo. Paradossalmente, ma non è tanto un paradosso se si ricordano le parole di Liedholm, l’uomo in meno ha dato stimoli alla squadra di Mancini, togliendone al Napoli. Per assurdo, dopo un campionato segnato da una buona stella e da risultati striminziti e spesso immeritati, i nerazzurri hanno giocato al San Paolo la gara migliore del loro torneo. A fare la differenza è stato lo scippo operato dal Napoli sul mercato: questa volta Culovic vestiva la maglia partenopea. Questa la dedichiamo a chi adesso parla di mera sorte favorevole: “Certo che la fortuna esiste. Altrimenti come potremmo spiegare il successo degli altri?”.

Sette punti di vantaggio sulla Juventus, quattro sulla Roma, due sulla Fiorentina, uno sull’Inter. Pare assurdo, o forse non lo è considerando il recente passato, ma se provate a chiedere ai tifosi azzurri quale sia l’avversario che temono di più non avranno dubbi: la Vecchia Signora. La squadra di Allegri è in risalita, ma questo Napoli, dalla quarta giornata in poi (dopo il passaggio al 4-3-3), dovrebbe avere paura solo di se stesso. Nelle ultime 11 gare numeri che fanno tremare: 9 vittorie, 2 pareggi (in gare che meritava di vincere con Carpi e Genova), 21 gol fatti, 3 subiti. Fuori da ogni logica, cifre che spaventano, come un Dorian Gray che guarda il suo ritratto e rischia di restare imprigionato della propria bellezza. Questo è accaduto contro l’Inter nel finale. Dorian ha visto quella che può essere la sua parte brutta e ne è rimasto terrorizzato. Sarri, che non è Oscar Wilde ma di calcio è letterato di primo livello, lo ha capito e si è infuriato con i suoi. Certo, poteva usare altre metafore del “Vi siete ca… addosso”, ma in quel caso non sarebbe più lui. W Maurizio. Abbasso le paure.

Otto ad un rottamato come Albiol, diventato incredibilmente fuori serie. Era stato trattato come uno che aveva dimenticato, stile Sammy Jankis in Memento, come si giocasse al calcio. Bollato come bidone ha ritrovato con Sarri tutte le certezze Reali che con Benitez aveva perso. Annulla Icardi, si concede anche il lusso di servire di testa l’assist per il raddoppio di Gonzalo. Livello di resurrezione: Eddie Murphy in una Poltrona per due dopo essersi finto mutilato.

Nove è sempre il suo numero, ma adesso tende quasi al dieci nel senso più filosofico del concetto. Pronti via, e come un cinese costruito in laboratorio che esegue tuffi dal coefficiente di difficoltà 3.8 sbadigliando, trova il modo di coordinarsi e scaraventare il pallone alle spalle di Handanovic, che per spiegare il fenomeno è andato alla ricerca dell’Area 51. Muove le gambe come un compasso, trova la leva perfetta che scaraventa il pianeta azzurro nell’Iperuranio. Nella ripresa, per raffigurare le due anime che lo investono, cambia abiti e dalla fisica sofisticata passa all’edilizia, asfaltando, come fossero due sassolini inermi sul suo percorso, Miranda e Murillo. Non c’è niente di umano nell’Higuain del San Paolo. C’è la missione di un eroe, il suo percorso verso la gloria, che è passato dalla caduta alla rinascita in pochi mesi. Quell’amaro ancora in bocca per quel rigore calciato alle stelle con la Lazio, rappresenta il giusto bilanciamento dei sapori, per assaporare al meglio un piatto che farebbe invidia all’ispirato Cracco. Caduta e rinascita, istinto e potenza, calcio e sapori da estasi. Ora mescolate bene, aggiungete un Q.B. di magia e continuate a sognare.

Dieci alla prima volta per molti. Lo striscione “Che vi siete persi”, campeggiava al cimitero dopo il Primo tricolore. Qualcuno era andato via troppo presto, ma sarà stato accarezzato da quel pensiero. Altri, non erano ancora arrivati, ed un giorno così lo hanno atteso dal loro primo battito, rigorosamente azzurro. Una notte così non la puoi dimenticare, se un brivido ti coglie sbirciando, come si fa con le cose belle ma che ti spaventano, quella classifica. Un momento così non lo puoi cancellare se al fischio finale hai abbracciato qualsiasi essere vivente nel raggio di chilometri e lo hai stretto fino a fargli male, per fargli capire che quella notte, una notte così, ti resta attaccata addosso per sempre, ti resta inchiodata nell' anima. “Siamo la capolista”, ed hai voglia di gridarlo all' universo tutto: nelle piazze, nei vicoli, nelle case. Non la puoi cancellare, rievocando filmati ingialliti di feste tricolori alle quali non hai assistito, con scene che trascendono la felicità e sfociano in una vera e propria estasi popolare. Siamo la capolista, per poter dire io c' ero, per poter dire io ci credevo e ci ho creduto, per tutti quelli che non c' erano 25 anni fa e che non avevano potuto gioire per quel trionfo. Siamo la capolista, perchè una notte così e chi se la scorda, perchè una notte così ti aiuta ad affrontare il giorno dopo che sia a Napoli, in Emilia Romagna, in Australia. Siamo tutti più vicini stamattina. Siamo tutti con occhi lucidi per la nostra Prima volta.