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Da Zero a Dieci: la clamorosa gaffe in tv su Insigne, la furia impunita di Allegri, la pazza idea di Mertens  ed un messaggio di Napoli per D10STUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
lunedì 16 gennaio 2017, 08:57Copertina
di Arturo Minervini
per Tuttonapoli.net

Da Zero a Dieci: la clamorosa gaffe in tv su Insigne, la furia impunita di Allegri, la pazza idea di Mertens ed un messaggio di Napoli per D10S

(di Arturo Minervini) - Zero alla gaffe di Nando Orsi nel pregara a Premium commentando la venerazione di Insigne verso Maradona: “È comprensibile, magari avrà fatto il raccattapalle nelle partite di Diego”. Peccato che D10S giocò la sua ultima gara in azzurro il 24 marzo del 1991, quando a Lorenzo Insigne mancavano ancora due mesi e mezzo per nascere (4 giugno). Va bene che il Magnifico è stato talento precoce, ma qui stiamo davvero esagerando. 

Uno come un primo tempo giocato alla morte da un Pescara che pare già pronto al ritorno in cadetteria. Sfida giocata alla morte, come dovrebbe essere sempre, come non accade in altre situazioni (lo “Scansamento” è corrente artistica in voga solo allo Juventus Stadium). Il Napoli ha tenuto il sangue freddo, ha atteso l’avversario al varco quando il fiato sarebbe venuto a mancare e le idee sarebbero diventate confuse. In molti hanno parlato di presunzione, ma pare più corretto parlare di grande lucidità e consapevolezza. Essere pronto è molto, saper attendere è meglio, ma sfruttare il momento è tutto: nel Napoli dovrebbero convivere questi tre elementi. Pare che siamo sulla buona strada.

Due reti consecutive per Tonelli come due punti fermi da inserire nello statuto dei lavoratori. Senza chiacchiere, senza far parlare il suo agente, senza niente altro che avesse sostanza diversa del sudore in allenamento Lorenzo si è ritagliato il suo spazio, affrontato il demone di un possibile fallimento come Batman rinchiuso in fondo al pozzo di Ra's al Ghul. Lorenzo ha sognato a lungo la scalata, ora la luce è ancora più splendente ed ha un calore differente, come un sole che si è fatto attendere più del previsto. In quei raggi c’è la magia di chi ha il coraggio di rischiare tutto per un sogno che nessuno vede, tranne te.

Tre punti che valgono quanto una vittoria sulla Juve, Milan, Roma o Inter. Questo dovrebbe essere un concetto da iniettare nelle vene come un virus, quello della vittoria che non guarda mai in faccia all’avversario. Non esistono allenamenti o gare facili ma solo la distanza che divide un corridore dal traguardo finale. Nelle maratone vince chi è più costante, non chi corre più in fretta cento metri sparsi nel percorso. Lo vogliamo capire?

Quattro i punti di distacco dalla Juve, che ha una gara da recuperare con il Crotone. Nessuno fomenterà ambizioni scudetto, ma su alcuni dati bisogna riflettere. Restando in tema di quattro, a Firenze arriva la quarta sconfitta in campionato per la squadra di Allegri, tutte in trasferta con Inter, Milan, Genoa e Fiorentina. Segnali di instabilità mai palesati negli ultimi anni, sintomi di una squadra che gioca spesso un calcio orribile e speculativo, sfruttando esclusivamente le invenzioni dei singoli e la solidità di una difesa che, però, inizia a mostrare gli effetti logoranti del tempo. La felicità si racchiude nelle piccole cose. Figuriamoci quanta felicità possa provocare, dopo una vittoria del Napoli, una sconfitta della capolista Juve. C’è davvero poco da stare Allegri, un tecnico sull’orlo di una crisi di nervi che dopo aver insultato i suoi a Doha per la sconfitta in Supercoppa, si permette di insultare il quarto uomo dopo il ko al Franchi. E resterà probabilmente impunito…

Cinque-cinque-cinque come il mitologico modulo di Oronzo Canà citato da Oddo che ci ricorda come Zuparic sia partito da Pescara domenica mattina ed abbia mangiato una piadina in autogrill prima della sfida al San Paolo. Non certo un bello spot per l’organizzazione di un club di serie A, almeno sulla carta. Ennesima dimostrazione che alla fine, a certi livelli, la programmazione è quella capace di fare la differenza. Ma poi Zuparic, ad avvisarci prima, un piatto di ragù te l’avremmo offerto volentieri. Le polpette sarebbero arrivate con qualche ora di ritardo…

Sei le reti in campionato di Hamsik, otto in stagione. Servirebbe una musa personale, perennemente fonte di ispirazione per trovare ogni volta le parole adeguate per descrivere il capitano azzurro che scrive, di gara in gara, un poema dai contorni epici. Appena nove reti lo separano dal raggiungere l’irraggiungibile per eccellenza, una contraddizione in termini che è nella natura stessa di Marek. Un centrocampista dai polmoni inesauribili, un attaccante spietato quando arriva il pallone buono. Un meraviglioso scherzo della natura, un orgoglio da portare sempre a cresta alta. Invitiamo la Comunità Europea a certificare la denominazione d’origine controllata, perché questo patrimonio è tutto nostro. Solo nostro. Per sempre nostro.

Sette all’assist di Zielinski che è una finestra sul cortile che si spalanca che nemmeno Alfred Hitchcock. In quel compasso che disegna sul terreno di gioco un arco di speranza, resta sostanza dal piattone di Marek, c’è il sapore buono che sale dai fiori, il potere della freschezza di un giovane favoloso come Elio Germano omaggiando Leopardi. Come una ginestra, per restare in tema, che si radica in profondità nelle aride pendici del terribile Vulcano, così Piotr si innesta nel terreno di questo Napoli cambiandone la struttura molecolare, dando un'ulteriore svolta alla manovra di questo Napoli. Futurista più di Marinetti, attuale più del dibattuto sul freddo di questi giorni. 

Otto le vittorie al San Paolo in campionato su undici gare disputate. Tra le mura amiche il Napoli ha ritrovato quell’aria spaccona che tanto piaceva lo scorso anno ed il primo mattone su cui costruire ogni possibile sogno. D’altronde “una casa non è una questione di mattoni, ma di amore. Anche uno scantinato può essere meraviglioso” e pensando alle condizioni del San Paolo non si può che pensarla così. Il vero rimpianto corre alle gare dominate e non vinte con Lazio e Sassuolo sale su un magone che nemmeno alla fine della visione de “La ricerca della felicità”. Fatevi due calcoli e vedete dove sarebbero adesso gli azzurri con quattro punti in più in classifica.

Nove reti nelle ultime cinque gare per Mertens sempre più scugnizzo a suo agio nell’area di rigore, che ormai il suo habitat naturale. Nel nuovo ruolo,Dries continua a stupire nell’impresa di rendere normale l’eccezionalità, di dare sostanza alla sua incredibile vena creativa. Il tocco sul foglio è sempre lieve, ma l’inchiostro che si fonde con la carta in una lunga unione risulta indelebile: nei piedi di questo ragazzo c’è la potenzialità per scrivere un racconto da raccontare ai posteri. Qualcuno prima o poi dovrà dirglielo che deve lasciare lo spazio a Milik, qualcuno dovrà spiegargli che è insensato viaggiare alla media di un gol ogni 99’ per uno che non è mai stato un bomber. Nel frattempo, però. il centro dell’attacco azzurro è casa sua. Ed a casa sua Dries comanda lui.

Dieci ora più che mai. C’è un legame che va oltre la realtà tangibile tra Napoli e quel genio nato nei sobborghi di Lanus il 30 ottobre del 1960. È una madre che sente il cuore vibrare quando il figlio sta per tornare a casa, è un battito che esplode ad un ritmo forsennato alla sua vista. Maradona, per chi è cresciuto dove sono cresciuto io, non è un calciatore. E' una storia da raccontare, è una luce che si accende negli occhi di chi ha la fortuna di poter dire "io l'ho visto giocare dal vivo". Maradona, per chi è cresciuto dove sono cresciuto io, è un urlo covato in gola per 60 anni da chi, almeno nel calcio, voleva urlare al mondo intero di avercela fatta. Di aver vinto. Anche una volta sola. Chi non capisce questo non può mai comprendere la genialità. E chi non comprende ed apprezza incondizionatamente un genio è condannato ad eterno alla banalità. Grazie Diego per il solo fatto di essere esistito e per il fatto di aver scelto questa maglia per lasciare in dono il tuo infinito a questi comuni mortali.