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Da Zero a Dieci: gli insulti social a Cannavaro, la truffa di un campionato falsato, la pugnalata alle spalle e l'azione legale di MertensTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
lunedì 24 aprile 2017, 08:57In Primo piano
di Arturo Minervini
per Tuttonapoli.net

Da Zero a Dieci: gli insulti social a Cannavaro, la truffa di un campionato falsato, la pugnalata alle spalle e l'azione legale di Mertens

(di Arturo Minervini) - Zero speranze per il Sassuolo. Questo era il quadro della situazione dopo il gol di Mertens, con il Napoli in assoluto controllo ed i padroni di casa impotenti dinanzi alla manovra azzurra. Il calcio, però, è un istante che va ben oltre la follia, un’equilibrio devastato dalla scellerata scelta di Marek Hamsik. È un limbo che ti avvolge quando pensi di aver attraversato sulla zattera della giovinezza il fiume delle tue ingenuità, uno spettro che riappare tra gli armadi che sembrano svuotati. Marek è un’istituzione, una carezza lieve sui nostalgici del pallone. Quel retropassaggio, però, rischia di compromettere seriamente questa matta e disperata rincorsa alla Roma. Che sia proprio lui, il simbolo di questo Napoli, a compiere quell’errore sembra quasi una sineddoche per una squadra che ancora non riesce a mettersi da parte questi black-out.

Uno come il primo gol in serie A di Mazzitelli. Ormai non fa più notizia, la fonte battesimale di carneadi in cerca di gloria è sempre di colore azzurro. Spianare la strada verso la gloria pare essere prerogativa di questo Napoli, più generoso di chi a Pasquetta ti lascia l’ultimo pezzo di casatiello. La cazzimma dovrebbe essere inserita come materia di studio in ogni scuola calcio, perché è processo mentale complesso da assimilare. Tornate a casa e riempite dieci paginette di “Non farò più segnare il primo gol in serie A ad ogni perfetto sconosciuto…”.

Due volti. Dominante a lungo tratti, psico-drammatico per letali istanti. La bipolarità di questo Napoli è sintetizzata al meglio da Koulibaly e da quello che il difensore combina a fine primo tempo. Pasticcio e pallone regalato a Defrel, per poi compiere nemmeno un minuto dopo un intervento poco spiegabile dai principi della fisica a noi conosciuti sullo stesso francese. "In italiano esistono due parole, sonno e sogno, dove il napoletano ne porta una sola, suonno. Per noi è la stessa cosa". Il problema è che spesso, in quel 'suonno' ci cadiamo quando proprio non dovremmo!

Tre legni in due gare con il Sassuolo. All’andata il legno sul finale di Callejon, al Mapei Stadium tocca a Mertens ed Insigne versare un tributo troppo alto alla dogana della sfortuna. Come Troisi e Benigni che attraversano la stessa linea e pagano sempre ‘Un fiorino’, questo Napoli versa più volte la stessa tassa per lo stesso tipo di colpa: la sfortuna. Quella che trasforma la pennellata di Dries in una macchia su una tela che nessuno ricorderà, quella che respinge contraddicendo il volere anche degli dei del calcio un tiro che aveva accarezzato il palo ed avrebbe regalato a Lorenzo tutte le luci di questo week-end calcistico.

Quattro all’arbitro Damato, praticamente una certezza. Una storia di non amore che parte da Udine (per info più dettagliate chiedere a Christian Maggio), proseguita a Genova in questa stagione (due rigori negati) e finalizzata con un rigore che ‘incredibilmente’ (citiamo Sarri) non è stato assegnato. La radice di quell’amore che porta nel cognome il fischietto di Barletta non è mai scoccato con il Napoli, un’ostilità che speriamo presto finisca con l’introduzione della VAR. La stanchezza per un calcio così legato alla discrezionalità di direttori di gara uterini ha da tempo superato la soglia della sopportazione.

Cinque minuti per Ghoulam. La confusione nella gestione finale di cambi è certificata da questo tentativo estremo e sterile nell’assalto finale. Maurizio torna sul luogo del delitto, ovvero in quella sua difficoltà di interpretare le gare in corso d’opera come fossero esplicate in un antico aramaico. Il dizionario del tecnico azzurro non trova spesso la giusta traduzione di quello che accade, la velocità degli eventi finisce in qualche modo per intaccare l’immutabilità del suo calcio. L’impero di Maurizio dovrebbe ampliare i propri orizzonti ed aprirsi a soluzioni differenti in base alla necessità, altrimenti c’è il rischio che una nota fuori posto faccia diventare stonato tutto lo spartito. 

Sei le vittorie consecutive in trasferta prima della sfida del Mapei. Nell’analisi globale, questo quadro non può essere guardato appiccicando l’occhio ad un puntino sulla tela, ma bisogna fare qualche passo indietro per coglierne ogni aspetto. Dalla sfida di andata alla squadra di Di Francesco il Napoli ha raccolto la cifra sbalorditiva di 46 punti in questo girone virtuale. Se ci sono colpe, vanno ritrovate nelle gare che hanno preceduto quella sfida del San Paolo, quei rimpianti che accompagneranno questo finale di stagione e resteranno la colpa più grave di questa stagione. Imparare da questi errori è adesso un obbligo. Di tutti.

Sette alla grande prestazione del Sassuolo, che gioca alla morte su ogni pallone. Il Napoli non vuole regali o squadre che si accomodino ai bordi della squadra ricordando l’atteggiamento di chi esercita il mestiere più antico del mondo. Più che condannare questa voglia, la squadra di Sarri dovrebbe sentirsi onorata di ricevere questo tipo di trattamento particolare. Chi invece, esercita la professione del guerriero a maglie alterne, dovrebbe provare vergogna. Ma tanta però…

Otto a quel folletto che proprio non riesce più a fare a meno del gol. Andrebbe portato dinanzi alla Corte di Giustizia dei Diritti dell’Uomo per rimuovere questa etichetta di falso centravanti che qualche nostalgico ancora continua ad appiccicargli sulla targa numero 14. Un dato certifica la rivoluzione compiuta in questa stagione: sale a quota 22 reti in campionato, lo stesso numero di marcature che aveva realizzato complessivamente nei tre precedenti campionati in azzurro. Non ci sono più trucchi o falsi nueve, siamo dinanzi ad uno dei più grandi errori della storia recente del calcio: questo qui avrebbe dovuto giocare lì in mezzo dal primo giorno che ha fatto conoscenza per un pallone. Nessuno provi più a spostarlo, nessuno provi più a tenerlo lontano da quella porta che lo attrae più di una modella di Victoria’s Secret.

Nove minuti sono bastati per scrollarsi di dosso un macigno. Deve essere pesante il macigno che ti devasta le ali, proprio quando le avevi spiegate verso un volo che sembrava destinato alla gloria. La rete di Milik vale ben più che un punto. È la fine di un incubo, la luce che ti acceca quando facevi fatica a vedere la fine di un tunnel imboccato senza volerlo. Il sopruso del destino contro il polacco termina con quella girata rabbiosa verso la porta di Consigli, l’ultimo capitolo di un odiato libro è stato scritto e mandato in stampa. Da qui in poi, pagine vuote ed una penna che torna stabilmente tra le tue mani. Tocca a te, Arek, scrivere i capitoli più entusiasmanti di questa tua già seconda vita al Napoli. “Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno”.

Dieci a Paolo Cannavaro. Insultato, attaccato, infamato solo per aver giocato al massimo delle sue possibilità. E cosa avrebbe dovuto fare? Lui, tifoso vero di questo Napoli, malato di questa maglia che ormai non è nemmeno più azzurra. Cannavaro è un prodotto che Napoli esporta con orgoglio, è quella professionalità che è in realtà una certificazione ulteriore di quella fede incrollabile. La crescita culturale, sportiva, emotiva di questa piazza passa innanzitutto da questo tipo di comportamenti. Dipendesse da lui, mai avrebbe voluto giocare contro la squadra che gli fa battere il cuore più di un rumore in piena notte. Fosse dipeso da lui, mai avrebbe lasciato una città che fa parte della sua stessa struttura genetica. Paolo Cannavaro è uno di Napoli, figlio di Napoli, innamorato di Napoli. E non merita nessuno dei cattivi pensieri che gli sono stati dedicati in queste ore. Ha semplicemente fatto il suo lavoro, cercando di farlo al massimo delle possibilità. Siamo sicuri che se gli fosse andato a finire sul braccio quel pallone nel finale di gara, sarebbe stato probabilmente più contento.