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La lunga storia dei drammi nel mondo del calcioTUTTO mercato WEB
© foto di Luca Marchesini/TuttoLegaPro.com
lunedì 15 aprile 2024, 15:25Serie A
di Andrea Losapio

La lunga storia dei drammi nel mondo del calcio

Ieri è stata una giornata particolare, nel bene e nel male. Da una parte c'è Evan N'Dicka, difensore della Roma, che ha un malore durante la partita contro l'Udinese. Oggi la dimissione dall'ospedale, con gli esami che hanno dato l'ok e la certezza che non sia stato un infarto, mentre è plausibile che la fibrillazione possa essere stata generata da una compressione polmonare, forse a causa di un contrasto molto ruvido avvenuto nel primo tempo con Lorenzo Lucca. Purtroppo, per una buona notizia, ce n'è un'altra pessima. Perché è venuto a mancare Mattia Giani, giocatore del Castelfiorentino United, che ieri era in campo contro il Lanciotto e che ha accusato un arresto cardiaco.

Nel mondo del calcio, italiano e non, la lista dei drammi è sempre più lunga. Il centravanti della Roma, Giuliano Taccola, è morto il 16 marzo 1969, a 25 anni, dopo una partita allo stadio Amsicora di Cagliari per un malore. Otto anni dopo, il 30 ottobre 1977, Renato Curi si accascia intorno al cinquantesimo, dopo uno scatto. Romeo Benetti, Roberto Bettega e Gaetano Scirea provano a rialzarlo, ma subito dopo cade. Gli occhi sono rovesciati, Curi viene portato fuori dal campo, riceve un massaggio cardiaco e una respirazione bocca a bocca, ma dopo un'ora viene dichiarato morto: aveva un'anomalia cronaca che risultava dagli esami. Il 14 aprile del 2012, esattamente dodici anni fa, tocca a Piermario Morosini, centrocampista del Livorno, allo stadio Adriatico di Pescara. Le immagini lo inquadrano impietosamente mentre cerca di rialzarsi, senza riuscirci: è il precedente che porterebbe tutte le società ad avere il defibrillatore nel perimetro del campo. L'ultimo in ordine di tempo, in Italia, è Davide Astori, il 4 marzo del 2018: la Fiorentina è in ritiro a Udine per la partita di campionato, ma i dirigenti lo trovano esanime nel letto.


Emblematici, fuori dall'Italia, i casi di Marc Vivien Foe, Antonio Puerta e Miklos Feher. Nel 2003 il primo sta giocando, a Lione, la semifinale di Confederations Cup fra Camerun e Colombia. Al minuto 72 si accascia e perde conoscenza, secondo alcuni un defibrillatore gli avrebbe salvato la vita. Aveva 28 anni. Sei in più di Puerta, che perde conoscenza nel 2009 durante Siviglia-Getafe e viene trasportato in ospedale, colpito da ripetuti attacchi cardiaci: tre giorni dopo muore e l'autopsia conferma la cardiomiopatia ventricolare destra aritmogena. Nel 2004, a gennaio, tocca a Feher, 24 anni: dopo aver preso un giallo barcolla e cade a terra senza conoscenza. Tutti cercano di rianimarlo, ma non c'è nulla da fare, anche perché le ambulanze giungono con colpevole ritardo: aneurisma. Poi Daniel Jarque, 2009 anche lui, mentre è in ritiro a Coverciano con l'Espanyol, mentre parlava con la fidanzata al cellulare. Muore per un'asistolia.

Ci sono poi storie a lieto fine, come quella di N'Dicka. Nel 1989, durante Bologna-Roma, Lionello Manfredonia ha un attacco di cuore in campo. Si salva grazie alla presenza delle ambulanze nell'impianto Dall'Ara. Manfredonia smetterà di giocare. In tempi decisamente più recenti, cioè nel 2021, c'è Christian Eriksen che finisce a terra durante Danimarca-Finlandia, valevole per l'Europeo e giocata al Parken di Copenaghen. Tutta la squadra, capitanta da Kjaer, si stringe intorno a lui per non lasciare inquadrare ciò che succede dalle telecamere. Eriksen si salverà grazie all'impianto di un macchinario specifico, ma non potrà più giocare in Italia.