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Beretta a 360°: "Ridurre il numero di squadre in Serie A non è semplice"

Beretta a 360°: "Ridurre il numero di squadre in Serie A non è semplice"TUTTO mercato WEB
© foto di Stefano Porta/PhotoViews
venerdì 1 luglio 2016, 16:152016
di Raimondo De Magistris

Lunga e interessante intervista concessa ai microfoni del quotidiano tedesco TZ da Maurizio Beretta, presidente della Lega Serie A. Di seguito le sue risposte.

Quanto è importante una lotta equilibrata come quella vissuta nell'ultima stagione in Serie A? Crede che abbia un'influenza anche sul rendimento internazionale dei club?
"Il fatto di avere un campionato che si decide alle ultime giornate evidentemente è un elemento importante perché dà interesse fino all'ultimo, a prescindere dall'obiettivo".

 Come si può rendere più affascinante la Coppa Italia? L'attuale formato, secondo molti, finisce per favorire i grandi club.
"Il nostro formato ha avuto un grande successo e ha rilanciato la competizione, sfruttando le finestre disponibili dal calendario, che sono poche. Tutto è migliorabile, ma la Coppa Italia sta avendo grande visibilità anche dal punto di vista televisivo con tutti i match in prima serata".

Cosa risponde a chi dice che le gare secche vadano giocate in casa delle squadre con ranking minore?
"Giocare in stadi più attrezzati fa la differenza, pensiamo anche alla Goal-Line Technology che gli stadi delle società delle categorie inferiori non possono permettersi".

L'Europa League è considerata, in Italia, una competizione prestigiosa? Franz Beckenbauer la battezzò come la  'coppa dei perdenti'
"La competizione sta crescendo tanto come appeal, credo sia determinante operare anche delle correzioni dal punto di vista delle risorse economiche, come si è iniziato già a fare. In questo momento per me c'è assolutamente lo spazio per avere due competizioni europee, poi, come detto per la Coppa Italia, tutto può essere integrato e migliorato. L'Europa League annovera spesso squadre di primissimo piano e ha il merito di portare il grande calcio in paesi dove c'è grande passione ma palcoscenici minori".

La Superlega Europea è una strada percorribile?
"Il tema centrale è che le grandi competizioni internazionali sono più ricche con la presenza delle squadre più titolate, una discussione di questo genere credo vada fatta e sia positiva, ma un approfondimento andrebbe chiesto a chi l'ha proposta".

Cosa pensa della goal-line technology? Crede che il calcio, in generale, abbia bisogno di maggior tecnologia in campo?
"Sarebbe miope rinunciare alla possibilità di avere tecnologie che aiutino gli arbitri a prendere delle decisioni più giuste. Sono un sostenitore senza riserve di queste innovazioni. Il telespettatore che guarda le partite ha a disposizione delle tecnologie straordinarie, ed è inaccettabile pensare che invece gli arbitri, che decidono le sorti di una gara, non possano averne nessuna".

Crede che gli arbitri debbano rilasciare dichiarazioni dopo le partite?
"Credo che sia un'idea positiva e necessaria, siamo in un mondo dove tutti coloro che hanno delle responsabilità devono spiegare le loro decisioni. La possibilità di commentare le loro scelte e, perché no, il prendere atto pubblicamente di qualche errore, può solo dare maggior forza alla figura degli arbitri".
 
In  futuro, pagare un calciatore oltre 100 milioni di euro diverrà ancora più frequente?
"E' difficile fare previsioni, penso che sia normale che i campioni che sono immagine internazionale del grande calcio e del proprio club abbiano un grande valore. Si è passati da dimensioni domestiche a dimensioni mondiali, con tutte le conseguenze del caso.

Crede che porre dei paletti a livello internazionale sarebbe realizzabile?
"Come in altri settori, è il mercato a fare le regole. I grandi campioni che garantiscono risultati sportivi e di merchandising è logico che abbiano immense valutazioni. Quando pensiamo alle grandi star del cinema internazionale o a quelle di Formula 1 e Tennis la situazione non è poi così diversa".

Cosa pensa del ruolo che giocano agenti e procuratori? Teme che i giovani calciatori possano essere manipolati?
"Dobbiamo pensare che si deve lavorare nell'interesse del sistema, l'importante è che in questo settore ci siano regole chiare, certe, possibilmente uguali in tutti i paesi. Il mio auspicio è che un bravo agente riesca ad avere come obiettivo anche quello di guardare alla crescita delle persone, oltre che a quella degli atleti. Nel caso dei giovanissimi, per me quello delle famiglie può essere un ruolo fondamentale".
 
 Il contratto sottoscritto della Premier per i suoi diritti televisivi ha reso ancora più evidente il divario con il resto dei campionati d'Europa. Teme che il calcio inglese, nel giro di qualche anno, monopolizzerà ancora di più l'attenzione internazionale?
"Dobbiamo guardare al processo che è stato fatto. Il calcio inglese raccoglie oggi gli investimenti fatti negli anni scorsi per la sua crescita internazionale, entrando in mercati nuovi. Questo li pone in una posizione di vantaggio con il maggior tasso di globalizzazione, ma è anche vero che se guardiamo all'andamento della stagione scorsa, ai protagonisti tradizionali se ne affiancano di nuovi e questo rende il campionato ancora più attraente. La Premier ha aperto una strada che ora stanno seguendo anche le altre grandi leghe europee, compresa la nostra".

Come pensa di riuscire a rendere il campionato italiano affascinante in ogni angolo del mondo? La Supercoppa all'estero è stata una soluzione positiva?
"Sicuramente, ci ha aperto a nuove proposte e richieste. Servirebbe un piano ancora più completo e più organico ma poi ci si scontra con i calendari internazionali, che lasciano pochissimo spazio. Abbiamo una domanda fortissima da questi mercati per portare i nostri grandi nomi in giro per il mondo".

Ridurre il numero di squadre renderebbe il campionato più attraente?
- Se fosse una decisione semplice da prendere tante leghe lo avrebbero già fatto, non solo in Italia. E' un tema presente in varie discussioni ma non è quello centrale. La questione è cercare di contemperare la necessità di promozione del calcio europeo a livello mondiale con i calendari, sempre più affollati. Quando si lavora in un clima di collaborazione però i risultati arrivano: le finestre per le Nazionali allineate in tutto il mondo sono per me già un buon passo avanti.

Cosa esige, come presidente della lega, dagli investitori stranieri? Crede che il loro ingresso vada regolamentato?
"Ci siamo dati delle regole che valgono per chiunque voglia entrare nel mondo del calcio italiano, e valgono per nuovi investitori sia italiani che stranieri, le regole devono essere uguali per tutti in termini di credibilità ed affidabilità economica. Personalmente ritengo che l'idea di avere una possibilità di confronto diretto con investitori stranieri rappresenti un arricchimento, perché da un lato certifica l'importanza e l'appeal dei nostri club, dall'altro ci dà la possibilità di confrontarci con esperienze e modelli diversi".

La situazione stadi è un atavico problema del calcio italiano, davvero troppo indietro rispetto alle altri grandi leghe. Come crede si possa risolvere?
"Dopo una lunga attività di confronto con le istituzioni abbiamo ottenuto nel 2014 una legge per aiutare la costruzione o la ristrutturazione di stadi e la gestione diretta da parte della società. Dal punto di vista normativo è una legge molto buona, ma lascia a desiderare per quanto riguarda la possibilità di mettere a disposizione delle squadre compensazioni finanziarie per investimenti che sono molto impegnativi. Non abbiamo mai chiesto risorse pubbliche, ma l'idea di legare investimenti a compensazioni come avviene ad esempio in Inghilterra, dove spostare uno stadio o riutilizzare il terreno preesistente è all'ordine del giorno, avremmo bisogno di rendere più accessibile quest'aspetto. L'autosufficienza finanziaria dei club si ottiene se parte degli investimenti sugli stadi vengono finanziati consentendo a chi realizza il nuovo impianto di costruire al suo esterno anche altre opere collegate allo stesso".

Ci sono troppi stranieri in Italia? La riforma della FIGC (rose da 25 giocatori con 8 italiani) è la soluzione?
"La decisione della Federazione va secondo me nella giusta direzione, ma è evidente che viviamo in un mercato comunitario più ampio dei nostri confini nazionali ed ormai da questo punto di vista difficilmente si tornerà indietro. L'investimento nei vivai è fondamentale e si combina con il cosiddetto 'ius soli': ragazzi che vengono da famiglie di immigrati devono poter essere convocabili per la nostra Nazionale, come avvenuto ad esempio in Germania".
 
Che tipo di tifosi vorrebbe vedere popolare i suoi  stadi?
"L'obiettivo è quello di tenere insieme il tifo caldo dei nostri stadi e le famiglie. Un conto è il calore, altra cosa sono i comportamenti inaccettabili. La passione è una componente fondamentale, che rende il nostro sport straordinario. Deve essere vissuto in maniera positiva e non trasformarsi in alibi per un certo tipo di violenza".

Il calcio si è aperto alle famiglie dagli anni '80 ad oggi?
"Tantissimo. Se pensiamo a qual è la fruizione della nostra Serie A abbiamo cifre pazzesche. Prima la gara era visibile solo negli stadi, oggi invece oltre 16 milioni di persone guardano ogni weekend le nostre partite, ai quali vanno sommate le 250mila persone che popolano gli stadi. La partecipazione al fenomeno calcio è enormemente cresciuta".

Come può essere risolto il problema della violenza tra i tifosi più radicali senza pregiudicare il calore delle Curve? La repressione si è dimostrata una soluzione?
"Abbiamo dati oggettivi: in Serie A sono fortemente diminuiti gli incidenti all'interno degli stadi, questo ci dice che le misure condivise con le istituzioni stanno dando i risultati sperati. Ci sono fenomeni gravi al di fuori degli stadi che, però, ci confermano che spesso il calcio viene usato come pretesto. Il calcio è il fenomeno più trasversale della nostra società, rappresenta una ricchezza culturale e va condivisa l'idea di un tifo positivo".

Chiudere le Curve per i cori razzisti è la soluzione giusta?
"Gli atteggiamenti razzisti e discriminatori non possono essere mai accettati, se c'è un valore che trasmette lo sport è proprio quello della partecipazione, dell'inclusione, del confronto tra culture diverse. Detto questo, va perfezionato il sistema di sanzioni, che deve colpire i veri responsabili di questi fenomeni, la chiusura di un intero settore è quanto di più sbagliato: si penalizzano migliaia di tifosi perbene per i comportamenti beceri di qualche decina di persone".