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Brasile senza Italia in Cile. La Serie A non è più terra di samba

Brasile senza Italia in Cile. La Serie A non è più terra di sambaTUTTO mercato WEB
© foto di Image Sport
mercoledì 6 maggio 2015, 08:302015
di Simone Lorini

Dai sei convocati provenienti dal massimo campionato italiano del 2011, agli zero del 2015. Non ci sono brasiliani che giocano in Serie A nella lista diramata ieri da Dunga per la Copa America in Cile, un evento quasi senza precedenti nell'epoca moderna del calcio. Anche nel 2004, nella modesta formazione verdeoro che aveva Adriano come giocatore di più alto spessore e la dieci vestita da Alex de Souza, era presenta una colonia "italiana" di due giocatori, proprio l'Imperatore e l'allora romanista Amantino Mancini. Tre lettere nello stivale anche nel 2007, quando ad andare a vincere il titolo in Venezuela andarono Maicon, Juan e Doni, il primo in versione interista.

La Serie A non è più terra di samba, è evidente, ma il motivo non è solo economico. E' ovvio che con la crescita folle avuta dai prezzi dei giocatori più in vista della selezione verdeoro, basti pensare ai trasferimenti record di Neymar al Barcellona e di David Luiz al PSG degli ultimi due anni, l'Italia è diventata una meta più complicata per i talenti emergenti provenienti da Rio de Janeiro o Porto Alegre, ma dietro questo cambiamento c'è anche un motivo meramente tattico. La fantasia istintiva e la conseguente discontinuità del calciatore brasiliano poco si confà ad un calcio italiano che ha voglia di smaltire il gap coi campionati più competitivi del mondo, come Premier League e Liga. Uno stop all'immigrazione che non riguarda minimamente la vicina Argentina, un paese che con l'Italia ha molte più affinità culturali dovute soprattutto alla sua storia. A questo va aggiunto il proliferare di fondi di investimento, del fastidioso frazionamento dei cartellini e della crescita economica pronunciatissima di un paese che ora non ha più bisogno di vendere subito e a poco prezzo per poter andare avanti.