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Colantuono-Atalanta, un addio lungo cinque anni. E altri due di rinnovo

Colantuono-Atalanta, un addio lungo cinque anni. E altri due di rinnovoTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/ Image Sport
mercoledì 4 marzo 2015, 09:502015
di Andrea Losapio

Stefano Colantuono non è più l'allenatore dell'Atalanta. In un mondo in cui i tecnici durano davvero poco, soprattutto se pericolanti, è una notizia in più. Diventa quasi clamorosa vedendo la storia recente dei nerazzurri, con il mister di Anzio che ha superato Mondonico nella classifica all time delle presenze sulla panchina di A, ma è dietro per quelle assolute (causa Coppa Italia). Cinque stagioni di reggenza, più due con i Ruggeri: a fine 2010, dopo uno 0-2 casalingo con il Livorno, era già praticamente esautorato. Poi una serie di risultati utili consecutivi che avevano portato alla promozione in Serie A. Non senza qualche piccolo contrasto, tanto che Delneri sembrava già pronto a prendere il suo posto (prima del meno sei), dopo che Delio Rossi aveva già detto di no. Così rimane solo Andrea Mandorlini, fra le squadre in bilico, a non avere cambiato la guida in questa stagione.
Ma cosa ha fatto cambiare idea ai Percassi, solitamente molto cauti e pazienti? In primis i pochissimi risultati racimolati nel corso della stagione, con un gioco alle volte davvero povero. Ventitré punti, per la formazione che può mettere in campo l'Atalanta ogni domenica, sono una miseria: Zappacosta e Sportiello sono uomini mercato, l'involuzione di Baselli è preoccupante - ma forse l'errore è stato sbandierare ai quattro venti la trattativa con il Milan - Gomez per mesi non è stato utilizzato causa problemi fisici, la difesa è diventata pericolante, Denis non segna più. Contro la Sampdoria la confusione tattica è stata totale e, nonostante gli sprazzi di manovra del primo tempo, quando è uscito Pinilla è calato il buio. Il Tanque ha pure sbagliato un'occasione da pochi passi, bravo Viviano a metterci i pugni, ma l'argentino avrebbe potuto fare di più. E prendere due gol in contropiede, con il baricentro già bassissimo, ha fatto infuriare il Presidente atalantino, uscito nero dallo stadio. "L'è pasàt ol presidènt, l'era gnec. Ma gnec", la frase in bergamasco, intraducibile, ma che rende bene l'idea.
La scelta, fatta alla vigilia della gara con il Parma, può essere strategica. In Emilia difficilmente si giocherà (con probabile vittoria a tavolino) così Edy Reja avrà la possibilità di allenare dieci giorni senza troppe pressioni.

Altrimenti sarà già allarme rosso.
Nel calderone delle motivazioni può essere inserito pure il recente coinvolgimento di Colantuono nel caso calcioscommesse. A Zingonia sostenevano come, nella settimana della notizia, il tecnico non abbia parlato granché, invece di trasmettere la solita grinta. E pure in conferenza stampa, il sabato successivo, aveva ammesso di "non sentirsi tranquillo". Da lì in poi tre sconfitte: quattro a uno con l'Inter, due a uno con la Juventus, due a uno con la Sampdoria. Anche un po' sfortunato, in alcune circostanze.
L'Atalanta non si può permettere una retrocessione, per un monte ingaggi che si aggira intorno ai 30 milioni di euro, con ulteriori nuovi acquisti che hanno alzato la quota. Milione lordo di qua, milione lordo di là, una rosa infinita (33 giocatori) e pure di qualità. Una retrocessione significherebbe un guaio finanziario non indifferente, e Percassi ha probabilmente pensato al male minore.
Peccato che Colantuono, che aveva già un contratto fino al 2016, ha rinnovato al termine della scorsa stagione fino al 30 giugno 2017, sull'onda dei sei successi consecutivi, record per la Serie A. Altri due anni - per circa un milione di euro netto - che andranno a incidere sul bilancio, e non poco.
Si possono imputare tutte le colpe all'allenatore? In questo anno l'Atalanta ha due dirigenti di grosso calibro, come Marino e Sartori, per la prima squadra. Un responsabile per la Primavera, Favini, un vice come Finardi, un anello di congiunzione fra settore giovanile e prima squadra come Zamagna e un esperto nello scouting come Costanzi, più Corti, quasi mai ascoltato. Troppi galli nel pollaio di una stagione nata sciagurata ma che può morire senza ripercussioni ulteriori. Anche e soprattutto per demerito delle altre squadre in corsa per la salvezza.