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esclusiva

Marcio Amoroso: "Il calcio sta morendo. Si punta solo sul fisico"

ESCLUSIVA TMW - Marcio Amoroso: "Il calcio sta morendo. Si punta solo sul fisico"TUTTO mercato WEB
venerdì 9 ottobre 2015, 17:302015
di Gaetano Mocciaro

Il ko del Brasile contro il Cile alla prima giornata di qualificazioni ai Mondiali del 2018 evidenzia come la patria del futebol bailado sia sempre più in crisi. Ai microfoni di Tuttomercatoweb Marcio Amoroso analizza a 360° la crisi della Seleçao e ci dice la sua sul momento altrettanto difficile del calcio italiano.

Marcio Amoroso, cosa sta succedendo al calcio brasiliano?
"Il calcio brasiliano di oggi è la conseguenza degli anni di mal gestione. Non si punta più sui giovani, si pensa solamente a costruire giocatori in laboratorio, che non giocano più per le strade, non affinano più la tecnica. Una volta i brasiliani venivano acquistati dai club europei perché davano quel qualcosa in più a livello tecnico e facevano la differenza. Oggi non c'è più quel marchio di fabbrica, tutti si stanno 'europeizzando'. Hanno perso l'allegria. E non vedo nessuno che sia in grado di puntare e saltare l'uomo".

Calcio sempre più un business anche in Brasile?
"Purtroppo sì. E il prodotto è mentiroso, falso. Ed ecco la conseguenza: questa Nazionale. Una volta chi affrontava il Brasile aveva paura perché doveva preoccuparsi di Ronaldo, Kakà, Ronaldinho, Rivaldo. L'undici che scendeva in campo era composto da giocatori uno più forte dell'altro. Ora c'è solo Neymar. E quando manca il Brasile perde il 50%".

Anche il calcio italiano sta vivendo un periodo difficile
"Diciamo che vedo un abbassamento generale del livello calcistico. Del resto oggi si lavora di più sul fisico e meno sulla tecnica. Non si vedono giocatori che ti decidono la partita. Vedo giocatori che rincorrono l'avversario, che si adattano in più ruoli, che lottano sulla palla: ma dov'è il calcio nel senso tecnico del termine? Se guardiamo le varie squadre ci sono 20 specialisti a curare la parte fisica e uno solo a curare la tecnica. Così facendo il calcio finisce".

Segue ancora la Serie A?
"L'Udinese la seguo sempre. Ho tanti amici brasiliani a Udine e soprattutto mio figlio di 17 anni, che gioca con la Primavera bianconera. L'Udinese si conferma club che punta sui giovani. Quest'anno non è partita benissimo e dipende dalle reti di un solo giocatore, che è Totò Di Natale che ormai ha una certa età. Il punto forte è Gino Pozzo, a mio avviso miglior dirigente al mondo. Legge il calcio e il mercato come nessun altro".

Come giudica il declino del Milan?
"Ho avuto modo di stare 10 mesi al Milan e ho giocato poco, nonostante avessi appena vinto il Mondiale per Club col Sao Paulo. Ma allora c'erano grandi campioni e non era facile trovare spazio. Se devo dirla tutta, però, si iniziava a intravedere la fine di un ciclo perché i grandissimi giocatori dell'epoca iniziavano a non essere più giovanissimi. Il Milan in quel momento non si è preparato a trovare i sostituti. Il resto lo ha fatto la crisi economica che ha colpito anche l'Italia e i rossoneri, che non hanno più investito come ai bei tempi".

Il Parma, invece, è ripartito dalla D. Ai suoi tempi era uno dei club più forti al mondo. Che effetto Le fa?
"Mi spiace moltissimo. Anzitutto una città fantastica come Parma non meritava ciò. Purtroppo sono arrivate delle gestioni disgraziate e già con Tanzi era crollato il Parma. Mi spiace davvero perché era un club meraviglioso che era riuscito a entrare tra i grandi del calcio italiano".

C'è ancora il calcio nel suo presente e futuro?
"No, faccio l'imprenditore e mi occupo di edilizia. Ma non ho abbandonato del tutto il calcio perché faccio il commentatore in Brasile per la Champions League, dove posso mettere al servizio la mia esperienza maturata in Europa".

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