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L'evoluzione del numero 10. Da quando Baggio non gioca più

L'evoluzione del numero 10. Da quando Baggio non gioca piùTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
venerdì 6 marzo 2015, 17:392015
di Marco Conterio

L'importanza del dribbling, nel calcio dove il numero supera l'istinto almeno dietro le scrivanie, conta ancora. Mohamed Salah, Jeremy Menez, Felipe Anderson, Diego Perotti. Viva i nuovi dieci, in un'era dove il fantasista inteso in senso baggiofilo non esiste più. Adesso il trequartista è contropiedista, dribblomane, aiuta e fatica. Kakà è stato la versione beta, Anderson in casa Lazio ne pare la netta evoluzione. Perché ora il dieci è quasi più un 11, ma adesso all'esterno del tridente è stato tolto il guinzaglio. 'Va e predica calcio', gli vien detto, ma tutto secondo un Vangelo ben scritto, dove i numeri contano, dove non ci sono più i codini ma c'è sempre la possibilità di sciogliere le briglie. Purosangue un tempo, dove il 10 era uno status quo, un marchio di vita.

10 era ribellione al conformismo del tocco corto. Adesso 10, che diventa 74, 22 e via discorrendo, è anche il passaggio da medianaccio ma pure la corsa da ala, il contrasto da terzino vigoroso ed il senso del gol dell'attaccante rapace. Essere 10, oggi, non vuol dire più essere Baggio ma è una sua evoluzione. Salah è fantasia e velocità, Menez è genialità e ribellione, Felipe Anderson è gioia e forza, Perotti è rapidità ed imprevedibilità. Eppure sono quel che significa essere 10 nel 2015. Non più il tutto, racchiuso in una pennellata. Ma mille pennellate. Che racchiudono tutto.