La chiesa al centro del villaggio biancoceleste
Da lungo tempo la Roma non scendeva oltre il secondo posto in campionato e ieri è andato in scena il sorpasso. In salsa biancoceleste. E quando è la Lazio a sopravanzare la nemica giallorossa, allora il fatto assume contorni ancor più epici, importanti e ridondanti. La chiesa, adesso, è al centro del villaggio biancoceleste. Otto vittorie di fila, quella della banda Pioli è la più bella storia del campionato nostrano. Partita in sordina, pur con qualche mugugno, coi quattro moschettieri Mauri-Candreva-Felipe Anderson-Klose, ma pure con Keita e prima con Djordjevic, la Lazio è stata capace di sovvertire le gerarchie. L'annata, per Garcia, è andata in calando da quel proclama sin troppo avventato ed azzardato. "Sono certo, vinceremo lo Scudetto". Da lì in poi, la sicumera ha preso il sopravvento sulla qualità. Giocatori di spessore, protagonisti nella scorsa stagione, vivono un lungo periodo di flessione, quasi inspiegabile.
La Lazio, dall'altra parte, è l'antitesi della Roma. Per un Gervinho in crollo, c'è un Felipe Anderson che esplode. Per un Pjanic ombra di sè stesso, al di là di alcuni lampi, c'è un Biglia tra i migliori centrocampisti della A. Per un Maicon desaparecido, c'è un Basta rinato. E così via, sino a Garcia e Pioli. Il francese propone una Roma spesso uguale a sè stessa, divenuta per gli altri prevedibile, mentre i quattro davanti, nella Lazio, regalano champagne come nessun altro in Italia. E la chiesa è al centro del villaggio. Biancoceleste. In attesa dei rintocchi finali del derby.