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La differenza tra Allegri, Spalletti, Inzaghi ed il guardiolismo sfrenato

La differenza tra Allegri, Spalletti, Inzaghi ed il guardiolismo sfrenatoTUTTO mercato WEB
© foto di Federico Gaetano
lunedì 26 gennaio 2015, 08:002015
di Marco Conterio

Duemilacinquecentottantadue posti. E poche più anime, ad Agliana, paese a due passi da Pistoia. Che ora cerca timida rinascita dalla Prima Categoria, ma che ha visto i vagiti del Massimiliano Allegri allenatore, quasi dodici anni fa. Più di vent'anni fa, invece, Luciano Spalletti vinceva il play-off contro l'Alessandria, evitando all'Empoli l'incubo della C2. Nel 2006, invece, dopo 5 pareggi e 4 sconfitte nelle prime 9 partite, l'Arezzo decide di esonerare Antonio Conte che, una volta richiamato, conquista 24 punti nelle ultime 10 gare. Ruolino di marcia da salvezza piena, non fosse per la pesante penalizzazione ricevuta. Ed è lì, nei campo polverosi, nel calcio che conta sì ma un po' meno, che tre grandi tecnici si sono formati. In Toscana, ma è solo un caso, perché la gavetta è e dovrebbe essere cosa universale, dal Triveneto sino a Ragusa.

C'è però un allenatore che, con i suoi miracoli, ha fatto forse pensare ad un'intera generazione di poter diventare quasi ultraterrena. Difetti del guardiolismo sfrenato, ovvero del pensare di poter trovare un allenatore dal proprio vivaio e amen se ha visto solo grandi palcoscenici e mai campetti polverosi. Il Milan ci riuscì in passato, ma era un altro calcio. Leonardo, Clarence Seedorf, ora Filippo Inzaghi. Silvio Berlusconi ha riprovato il miracolo Sacchi-Capello, pescando tecnici che mai avevano guidato un club importante, che mai soprattutto ne avevano allenato uno dal lignaggio minore, prendendosi bastonate, esoneri, oppure allori e successi. No. Il guardiolismo sfrenato, ha portato il calcio italiano, e nella fattispecie il Milan, a credere che grande giocatore uguale grande allenatore fosse equazione semplicemente ripetibile. Pure se in carriera hai vinto solo un Viareggio.