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Perché non lui?

Perché non lui?
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
venerdì 4 novembre 2016, 07:002016
di Francesco Fontana

Perché non lui? Inutile nascondere che a questa Inter, in questo particolare momento storico, servirebbe un vero e proprio 'normalizzatore'. Un uomo che conosca, oltre che ovviamente il calcio italiano, l'ambiente nerazzurro in primis. Un mondo così diverso rispetto a pochi anni fa e che potrebbe ulteriormente mutare dopo l'arrivo di Suning Holdings Group. Una svolta epocale che ha portato una liquidità di primissimo livello nelle casse di Corso Vittorio Emanuele, ma che al contempo ha decretato non poca confusione dal punto di vista societario. Tutto è in evoluzione. Nel bene e nel male. E forse Roberto Mancini qualcosa aveva capito già ad agosto.

Di conseguenza la squadra ne ha risentito, e la scelta estiva di andare su Frank de Boer (un potenziale ottimo allenatore, con idee estremamente brillanti, capitato però in un calcio non suo) si è rivelata un azzardo, pagato a caro prezzo. Soprattutto per il poco, pochissimo tempo concessogli. Al netto di quanto accaduto con l'uomo di Hoorn, perché adesso rischiare con un'ulteriore figura straniera, con tutte le problematiche (più o meno grandi) che ne conseguirebbero? Il riferimento va, oltre che alla lingua, all'adattamento nel campionato italiano. Il più difficile dal punto di vista tattico per un allenatore di un altro Paese.

La proprietà cinese ambisce al profilo di 'nome', con l'obiettivo di recuperare quell'appeal perso clamorosamente negli ultimi anni, mentre la parte tricolore della dirigenza (Piero Auslio, direttore sportivo, e Giovanni Gardini, chief football administrator) puntano su soluzioni italiane. E in questo senso è già stato raggiunto un principio di accordo con l'ex Lazio Stefano Pioli. Un'eventuale scelta azzeccata. E qui si torna al punto iniziale: in questo preciso momento servirebbe proprio questo. Un vero e proprio 'normalizzatore'. Semplicemente. Niente di più, niente di meno.

Il coach di Parma è uomo di campo, estremamente educato e simpatico (dote che in questo mondo non guasta mai, anzi), moderno dal punto di vista tattico e attentissimo alla parte atletica e alla condizione fisica. Potrebbe pertanto essere la giusta 'medicina' per un'Inter ancora alla ricerca di sé stessa, ma dopo la prestazione del 'St Mary's' un certo tipo di analisi sorge quasi spontanea.

Vero, contro il Southampton è arrivata una sconfitta, dettata però anche da errori individuali (vedi il goffo autogol di Nagatomo), ma la squadra per una buona fetta di match ha agito nel modo giusto, con l'obiettivo di 'normalizzarsi'. Ovvero giocare facile con un modulo lineare (un 4-2-3-1 con i due esterni che si sono preoccupati anche della fase difensiva, diventando quindi un chiaro 4-4-1-1), talvolta adattandosi all'avversario, e saper attendere prima di colpire. Purtroppo per l'Inter continuano alcune clamorose amnesie difensive, ma nessuno avrebbe potuto cambiare tutto dall'oggi al domani. Nel calcio la bacchetta magica non è mai esistita e mai esisterà. Perché non pensare alla soluzione interna?

Stefano Vecchi è tecnico di valore. Per chi non lo conoscesse, si tratta di un uomo che sa unire il gruppo, bravissimo a gestire e valorizzare i giovani talenti, altrettanto a rapportarsi con i veterani. Ma soprattutto interista. Di questi tempi una rarità in un club sempre meno italiano e nerazzurro. Il punto della questione, quindi, qual è? Il programma della dirigenza in vista della prossima stagione, ovviamente dal punto di vista della guida tecnica. La scelta delle prossime ore, o dei prossimi giorni, porterà a un semplice 'traghettatore' o a un allenatore sul quale puntare anche nel 2017-1018?

Se la risposta dovesse portare al primo scenario, beh... sarebbe inutile, forse anche rischioso, legarsi contrattualmente a un altro tecnico, soprattutto se quest'ultimo pretendesse (probabilmente in modo lecito) un certo tipo di garanzie in prospettiva. E in tal caso, onde evitare qualsiasi tipo di situazione fastidiosa, sarebbe logico continuare proprio con il classe '71 bergamasco. Un giovane per i giovani. Ma anche per i più esperti. Un interista che, in caso di ritorno immediato in Primavera dopo il match contro il Crotone, saluterebbe la Milano nerazzurra ad annata terminata per misurarsi con il calcio dei 'grandi' dopo aver concluso il proprio ciclo nel settore giovanile. Ma in attesa di un domani ancora da definire e con più di un rebus, perché non andare avanti con lui?