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Quando Mancini portò per un mese la fantasia italiana a Leicester

Quando Mancini portò per un mese la fantasia italiana a LeicesterTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
venerdì 12 febbraio 2016, 07:452016
di Marco Conterio

Il 17 gennaio del 2001, Roberto Mancini volò a Filbert Street. Ciuffo ribelle, si alzò dalla panchina della Lazio dove era vice allenatore per firmare un contratto di sei mesi con i Foxes. Una mossa alla Teddy Sheringham, esperienza al servizio di una squadra tosta, dura, ma di poca fantasia. Qualcuno, in terra d'Albione, drizzò subito le antenne. Il Mancio venne accusato d'esser lì come uomo del ct Eriksson, ma le chiacchiere vennero subito spente e bollate come rubbish, spazzatura. Il Telegraph elesse la mossa a "colpo più intelligente di Peter Taylor per il Leicester", visto che nonostante i trentasei anni, Mancini era giocatore sempre abile, arruolabile e d'estrema classe. Eriksson, nel frattempo, amico e di lì a poco collega, disse "è una star e farà grandi cose". Un mese, però, bastò per appendere le scarpette definitivamente al chiodo, quattro partite, di cui la prima contro l'Arsenal e la seconda in FA Cup contro l'Aston Villa. Sfidò pure il Chelsea, dell'amico Gianluca Vialli, che Taylor e Robbie guidarono alla vittoria per 2-1.

Fu il miglior match da giocatore in Inghilterra per il Mancio, l'ultima arriva invece contro l'Everton. E le prestazioni sono pure di qualità, ma il club del Merseyside vince per 2-1. La settimana dopo, l'addio. Direzione Firenze, per allenare la Fiorentina, prima volta da tecnico in carica. Mancini, da subito, chiamò Taylor, scusandosi per non essere a disposizione per la sfida contro il Bristol City. Accadde tutto in un freddo sabato, con Mario Sconcerti, allora dirigente viola, che chiamò Gianluca Vialli che fece da tramite. E quelle quattro partite furono l'unica parentesi italiana del Leicester. Prima che la favola di Claudio Ranieri avesse inizio. Prima che i Foxes diventassero davvero grandi.