Sousa-Della Valle. Quando l'allenatore è imprenditore di se stesso
Stavolta, forse, la proprietà della Fiorentina ha capito. Che l'allenatore, attualmente Paulo Sousa, non è solo dipendente ma nel calcio moderno è pure imprenditore di sè stesso. Non prenditore, chiaro, perché in quel caso il coltello dalla parte del manico societario farebbe bene ad affilarsi ed a farsi esonero pungente. Però gli allenatori non sono, si auspica, Yes Men pronti ad accettare qualsivoglia decisione ed imposizione. Sono scelti per guidare e per questo si aspettano fiducia ma, nel caso ci fossero vedute diverse, allora si aspettano anche un confronto e non un rapporto non paritario proprietario-dipendente. E' il nodo che, da sempre, ha limitato la crescita della Fiorentina. Perché di fatto, ed includiamo nel discorso anche Sinisa Mihajlovic pur non avendo esaltato certo Firenze, con la sola ultima eccezione di Delio Rossi in fase calante, la società viola ha un grande, grandissimo pregio. Saper scegliere gli allenatori. Cesare Prandelli, Vincenzo Montella, sono gli esempi massimi. Due capaci di grandi traguardi e pure di bel gioco, di emozioni e risultati.
Due coi quali, però, è finita male. Dal 'dica che non andrà mai alla Juventus' di Diego Della Valle, la rottura con l'ex ct è stata totale. E con l'Aeroplanino si è arrivati ad un lungo, e strascicato, divorzio negli ultimi mesi. Forse, stavolta, la Fiorentina ha capito. Andrea Della Valle venerdì sarà a Firenze proprio per parlare con Paulo Sousa. Per confrontarsi, per ascoltare i perché degli sfoghi in conferenza del portoghese, dopo un mercato a suo modo di vedere deludente e non rispondente alle sue aspettative ed attese. La proprietà sia abile e capace nel ricucire uno strappo non certo insanabile. Anzi. Perché non ci sia due senza tre. Altrimenti vien da farsi qualche domanda...