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Marcare a uomo non è peccatoTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
giovedì 5 maggio 2016, 12:56Archivio
di Claudio Nassi
per Claudionassi.com

Marcare a uomo non è peccato

Il calcio giocato è di una semplicità unica, se non ci si confonde con coloro che si parlano addosso o con gli innamorati dello schema, quasi fosse il basket. Dimenticando che lì il campo è 28 metri x 14 e si gioca con le mani. Detto che gli schemi vanno certamente preparati sulle palle inattive, torno a ripetere cose che molti dovrebbero sapere. Ad esempio, Daniele Cacia, oggi all'Ascoli, dichiara che per un attaccante conta solo segnare, ma dimentica di aggiungere che è un dono di madre natura, perché fare gol è l'unica cosa che non si può insegnare. Se uno legge al lunedì i tabellini di ogni categoria, si accorgerà che sono i soliti a metterla dentro. Ebbene, se Higuain si marca a zona è normale che batta il record di Nordahl, anche se lo svedese veniva marcato, raddoppiato e, quando possibile, picchiato.

Perché non capire l'evidenza? Eppure è così. Quando martedì leggo la rubrica di Sacchi sulla rosea e che "... il problema maggiore del Bayern Monaco è l'atteggiamento di chi in campo non è più disposto a dare la vita per vincere", mi domando se non si offenda l'intelligenza dei calciatori, quasi non sapessero che in quella società, come in altre di vertice, se non vinci si cambia; per cui parlare di "imborghesimento" non sta né in cielo né in terra. Come l'analisi che fa dell'Atletico Madrid. Un panegirico di Simeone, "... un trascinatore, un motivatore straordinario, che pratica un calcio totale, prevalentemente difensivo, che si modella sull'avversario, sfruttando al meglio palle inattive e contrasti". Ma dire che Simeone è un assertore della tanto bistrattata difesa e contropiede non era più semplice? E che per l'argentino conta solo vincere e che se c'è da riproporre il catenaccio non gliene frega niente? I risultati parlano per lui ed è evidente che, se continui a vincere, devi anche giocare un buon calcio. Altrimenti non vinci. E chi si avvicina ai biancorossi del Cholo? Il Leicester di Ranieri che, guarda caso, fa sua per distacco la Premier League. Ma come tutti sanno per battere i più forti ci sono due modi: giocare sopra ritmo e difesa e contropiede. Chi è capace di non avere flessioni, molto spesso, vince. Si può dissertare all'infinito, ma una frase di Béla Guttmann taglia la testa al toro: "Quando sei in possesso del pallone, smarcati; quando, invece, ce l'hanno gli avversari, marca. Il calcio è tutto qui".

Detto che il calcio giocato è semplice, non si deve dimenticare l'aspetto politico. Non sono solito avventurarmi in pronostici, ma quando lo faccio non è mai un giudizio tecnico. Il 29 aprile avevo anticipato che la finale di Champions League avrebbe visto di fronte Real e Bayern Monaco, perché ritenevo i tedeschi avvantaggiati dalla designazione. Il turco Cakir era la conferma. Dopo la punizione vincente di Xabi Alonso il rigore, probabilmente, avrebbe chiuso la gara. L'errore di Muller dal dischetto ha determinato la finale, oltre al gol di Griezmann. E' andata male a Rummenigge e soci ma, e non a caso, sempre Spagna resta.