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TMW

Gravina, Spalletti, e non solo. Tutte le voci dall'evento Sport Human Factor a Roma

Gravina, Spalletti, e non solo. Tutte le voci dall'evento Sport Human Factor a RomaTUTTO mercato WEB
mercoledì 15 maggio 2024, 16:45Serie A
di Tommaso Bonan
fonte dall'inviato, Alessandro Sticozzi

Tra le voci che arrivano dell'evento "Sport Human Factor", in corso di svolgimento a Roma, c'è anche quella di Gabriele Gravina, presidente FIGC. Ecco le parole raccolte da TMW: "Sono giornate intense dove molti eventi si accavallano e devo veramente ringraziare AIC e AIAC per aver dimostrato la forza utile a creare questa sinergia. Oltre il PIL l’attenzione va focalizzata su valutazioni che pongano al centro l’interesse e la tutela della persona. Non si può badare esclusivamente ai conti. I dati statistici che Calcagno mi gira regolarmente mi fanno capire che gli atleti siano impegnatissimi in molti tipi di attività. Bisogna concentrarsi sulla cura del capitale umano, per far sì che ci siano garanzie di sicurezza e di tutela della salute. Oggi il calciatore è considerato il mezzo di produzione di un’industria che produce un evento. Nell’industria tradizionale, che siamo abituati ad immaginare, c’è la rappresentazione di un tornio. Lo “Human Factor” è molto di più e non possiamo paragonare gli umani alle macchine. Gli uomini necessitano cure e centralità di rispetto per la sua dignità. Dobbiamo considerare meno i calciatori come fossero mezzi di produzione e dovremmo ricordarci di umanizzare sempre i campioni che apprezziamo in campo. Il percorso di sensibilizzazione è doveroso”.

Pierre Lanfranchi (Direttore Centro Ricerche SAFF): “Dobbiamo riflettere innanzitutto sulla posizione del calciatore nell’industria calcio nel giorno d’oggi. Ringrazio il Presidente Gravina, che ha parlato della mercificazione dei calciatori, risparmiandomi perciò l’introduzione. La mercificazione crea una fatica personale ed ambientale che da fuori è impossibile immaginare. Da 30 anni mi batto sul fatto che si usino alcune parole odiose nel mondo del calcio. Prego voi giornalisti di usare parole come “comprare” o “vendere” nei confronti di un calciatore. Quando io firmo un contratto universitario nessuno dice che io sono stato “comprato”; io sono un lavoratore che firma un contratto per un progetto di sviluppo futuro. Allo stesso modo il calciatore va inteso come un lavoratore che sottoscrive un contratto”.

Andrea Sartori (Fondatore e AD Football Benchmark): “Monitoriamo per conto di FIFPRO le prestazioni di oltre 1500 calciatori e 300 calciatrici. Abbiamo sviluppato conoscenza sul carico di lavoro degli atleti e su come impatti sul loro status di salute. Guardando i dati dello scorso anno ci sono stati molti calciatori che hanno giocato oltre 50 partite. Il numero massimo di partite da poter giocare, secondo l’indagine FIFPRO, è di 55. Su casi come Bruno Fernandes del Manchester United, o Lautaro Martinez dell’Inter, o Rodrygo del Real il problema è il “back-to-back”, vale a dire le ‘partite giocate a meno di 5 giorni di distanza l’una dall’altra’. Lautaro lo scorso anno ha giocato tutte e 38 le gare di Serie A ed è arrivato in Finale in tutte le competizioni dove ha giocato. Ha giocato poi tutte le gare di Champions, arrivando in Finale; ha giocato 6 delle 7 gare del Mondiale in Qatar vinto in Argentina. Il 75% delle partite sono state giocate da Lautaro “back-to-back”. L’altro aspetto a cui si fa riferimento è quello delle esigenze televisive e di mettere le gare in orari primari con lo share più alto. Vanno valutati anche gli orari delle partite: 37 di queste 72 partite totali (comprese amichevoli con Inter ed Argentina, ndr) sono state giocate oltre le 20:30. Più della metà di queste gare serali Lautaro le ha giocate in trasferta, con conseguenti spostamenti in orari notturni che tolgono riposo all’atleta. Se guardiamo i dati annuali dell’Inter 2022/2023: 14 giocatori hanno giocato il 90% dei minuti; 12 giocatori il 70% dei minuti; 8 giocatori il 50% dei minuti. Resta un punto fondamentale, guardando questo numero: c’è un numero di giocatori, all’interno di ogni rosa, di cui è difficile fare a meno, sia dal punto di vista tattico che delle pressioni mediatiche. C’è una forte relazione tra carico di lavoro ed infortuni. I parametri che sembrano pesare di più sono i viaggi internazionali - considerati molto stancanti - e il minutaggio in campo. Nella prestazione sul rettangolo verde c’è la possibilità di gestirsi, ma quando si parla di viaggi internazionali, che si giochino 90’ o si faccia da spettatori in panchina, il viaggio i calciatori lo fanno lo stesso, stancandosi indipendentemente dall’impiego. La media di giorni persi per infortunio è 45 giorni. La nostra stima per il Psg 2021/2022, con oltre 90 infortuni, è di una perdita di 125/130 milioni di euro. Se pensiamo al prossimo anno e prendiamo ad esempio Hakimi si potrebbe arrivare tra le 80 e 90 partite: tutto ciò è impossibile da sostenere, in quanto gli impegni non lasciano spazio al tempo di riposo e ricarica. È vero che le rose si sono allargate; è vero che ci sono cinque sostituzioni... ma è evidente come lo spettacolo ne stia risentendo. C’è anche una questione di domanda e offerta: il troppo stroppia e il valore marginale del prodotto calcio sta diminuendo per colpa delle troppe gare. Lo sviluppo di politiche chiare ed applicabili non possa essere ulteriormente ritardato. Visti gli interessi conflittuali degli attori in gioco trovo difficile che si vada incontro a una diminuzione delle partite o a un ripensamento”.

Gianni Grazioli (Direttore Generale AIC): “Siamo consapevoli che le televisioni sono la principale fonte di sostentamento e quindi i discorsi della vendibilità televisiva devono essere improntati in tal senso. In questo contesto di sviluppo non dobbiamo dimenticare gli uomini. Tutte le strategie di incremento dello spettacolo sono incentrate sui calciatori, a cui imponiamo un tempo effettivo sempre più alto, sempre più partite, aumento di trasferte - pure lunghe a cause delle gare internazionali delle rappresentative - con la diminuzione degli slot disponibili per gli allenamenti. Il danno sportivo che si genera va di pari passo con quello sportivo, con l’aumento sensibile degli infortuni che è sotto gli occhi di tutti. L’intasamento dei calendari è un problema e bisogna trovare un punto di incontro tra spettacolo, ricavi e salute dell’atleta. Dalla Finale di Coppa Italia dello scorso anno, dove già rilanciammo l’argomento, abbiamo ricevuto molta sinergia da parte di tanti attori del sistema. Dal convegno dello scorso maggio è emerso il tema della fatica cumulativa: atletica, mentale ed ambientale. Oggi dobbiamo proseguire partendo da quella tappa: il tema del fattore umano nella prestazione dell’atleta è fondamentale, influendo pure sul bilancio del club a livello di risultati. È aumentato il numero di infortuni che hanno subìto molti calciatori, soprattutto quelli che disputano le coppe europee. Le prestazioni dei calciatori migliorano quando riescono ad apprezzare attorno a loro l’ambiente formato da società, compagni, allenatori e tifosi. Tutti sappiamo che è la mente a governare il corpo, pure se sappiamo benissimo come sia la mente a guidare il corpo. Calcoliamo bene gli effetti economici di un infortunio, con costi che vanno dai 20.000€ ai 40.000€ al giorno… ma siamo ancora indietro sulla capacità di calcolare gli effetti umani”.

Vittorio Di Trapani (Presidente FNSI): “Vi ringraziamo, cara AIC, per aver scelto un luogo come questo per tale appuntamento. Questo luogo è di confronto e dibattito. Mi fa piacere che il fattore umano sia sempre al centro. Credo che il nodo sia crescente, non solo nello sport. Nella Costituzione all’articolo33 si ricorda come la promozione del benessere psicofisico dello sport debba essere al centro di ogni nostro lavoro. Il modello crescente vede uno sport come un videogame. Gli sportivi sono sempre più chiusi, con distanze che si sono create. Non va messo in discussione il business, ma mi domando se esso non sia l’unico tipo di racconto possibile. I sacrifici, la crescita personale ed umana, la capacità di rialzarsi dopo le cadute: tutti questi focus devono essere di nuovo centralizzati per creare un esempio. Spero che questo percorso prosegua assieme. Ogniqualvolta vorrete questa sala sarà a vostra e nostra disposizione. Noi dobbiamo - da giornalisti - impegnarci di più a raccontare le persone. Chiediamo allo sport di venirci incontro e di creare un confronto maggiore e meno distante. Mi piacerebbe rilanciare qui un’idea che altre volte era stata confessata: quella di creare una Coverciano del giornalismo, che permetta a noi di conoscere meglio di questo mondo, consentendo contemporaneamente allo sport di farsi conoscere di più, partendo dal racconto dell’atleta come persona. In questo modo, ognuno dal suo lato, possiamod are un concreto contributo”.

Mario Beretta (Consigliere Federale AIAC): “Ringrazio il Presidente Gravina per la presenza, che testimonia la sensibilità verso il tema. Grazie poi a Umberto Calcagno e all’AIC per aver organizzato il convegno. Ho ascoltato molti interventi apprezzabili. Vi porto il saluto di Renzo Ulivieri, che avrebbe voluto essere qui con noi e che presto tornerà ad incontrarci. Lo scorso anno è stato fatto il primo incontro organizzato da AIC ed AIAC sulla salute e benessere dei calciatori. Altri due appuntamenti quest’anno, con quello di Coverciano e l’impegno odierno. Ci sono anche altre problematiche, oltre a quelle che oggi abbiamo evidenziato. L’articolo 32 della Costituzione non può essere messo da parte, dato che la salute dell’atleta non ha ripercussioni sono sotto l’aspetto psicofisico, bensì anche sotto il profilo dei risultati. Riposo, sonno, alimentazione, educazione e rispetto hanno ricadute positive sull’atleta singolo e sulla squadra. Da tecnico sono sempre stato convinto che il fattore umano principale sia l’allenatore. L’indirizzo principale, come dice spesso Renzo (Ulivieri, ndr), è quello di allenare bene le squadre facendo stare bene insieme i giocatori all’interno del gruppo. Un buon ambiente operativo è fondamentale. Non “siamo” gli allenatori… noi “facciamo” gli allenatori e stesso dicasi per i calciatori. Siamo persone anche all’infuori dell’impegno professionale. Chiudo dicendo che sarà sempre più importante dibattere ricordandoci - oltre che della salute dei calciatori - anche della salute dell’allenatore. Lo stress è dato dal grande carico di responsabilità che si ha. Se approfondiremo questi temi miglioreremo anche la salute generale del calcio italiano”.

Luciano Spalletti (Commissario Tecnico Nazionale Italiana FIGC): “Parte tutto dal rapporto da avere col calciatore. Il discorso è di avere una gestione di tantissime cose differenti. Per fare questo ho bisogno che si sappia tutti nell’ambiente che motivare se stesso fa vedere chi sei; saper motivare l’ambiente per essere a disposizione degli atleti fa capire agli altri cosa puoi dare a loro. La scritta “Sarò con te” che stava sulle casacche del Napoli era una di quelle sfumature utili a creare connessione con la gente e contemporaneamente confessarci vicendevolmente che ci saremmo stati l’uno per l’altro. Tutti sono bravi a fare i numeri degli infortuni ma raramente di contestualizzano in una finestra di tempo: la cosa fondamentale da sapere è che gli infortuni aumentano in maniera esponenziale proprio quando i risultati non arrivano. Noi dobbiamo essere in grado di ascoltare le sensazioni dei calciatori: quando loro ti confessano l’inquietudine e tu non li ascolti, probabilmente stai creando lo spazio giusto per far sì che un infortunio avvenga. L’anno scorso avevo Lozano e Politano che giocarono più o meno le stesse gare; ricordo alla Roma quando avevo Szczesny ed Alisson e per tutti avevo fallito con entrambi, dato che tutti sostenevano che dovessero giocare più l’uno dell’altro. Sono stati invece entrambi dei campioni: Szczesny giocava alla grande in Serie A; Alisson faceva grandi cose nelle coppe. Bisognava tutelarli tutti e due. Dobbiamo reclutare tutte le forze intorno per aiutare la squadra. Ci sono tantissime variabili e moltissimi particolari che possono dare la sensazione di stare un pezzettino meglio al calciatore: da un’autista messo a disposizione per le cose familiari a tanto altro. Tutti si identificarono, tornando al Napoli, al “Sarò con Te”: dal nutrizionista, al manutentore del centro sportivo. L’unico modo che ho per mettere a posto tutte le componenti è tenerle molto vicine, provando a curare ogni sfaccettatura. Aspettative della società: se un Presidente di una squadra arrivata settima lo scorso anno vuole Scudetto e Champions League... meglio alzarsi ed andarsene. Ci sono dei club che hanno un nome e un pedigree dove i risultati vanno sempre portati a casa. Anche lì però bisogna stare attentissimi al tipo di pressioni che si mettono addosso ai ragazzi. Ho allenato anche all’estero ed etnie, culture, religioni e tanto altro vanno messe insieme con tantissima pazienza, avendo i calciatori usi e costumi diversissimi tra loro. Ho avuto giocatori che per esempio non mettevano piede sul rettangolo verde se non vedevano la loro famiglia seduta in tribuna a salutarli. L’altra questione fondamentale è come avvicinare i giovani al giocare al calcio, senza mettere loro troppa pressione e senza far sì che una volta non riscontrata la soddisfazione poi loro smettano da presto. La serenità familiare va sempre perseguita, dai genitori quando si è piccoli, alle mogli quando i ragazzi crescono. La gestione delle culture poi è centrale: ai ragazzi che fanno il ramadan mando a casa qualcuno un quarto d’ora prima che faccia giorno a dare loro qualcosa da mangiare entrando in casa del ragazzo“.

Umberto Calcagno (Presidente AIC): “Vi ringrazio per le modalità degli interventi di oggi, che fa capire l’importanza di determinati concetti. Il salto di qualità va fatto da parte di tutti, rimettendo il calciatore al centro del progetto. Avere per la prima volta un documento firmato dalla FIFPRO che viene inviato alla FIFA è un passo fondamentale. L’abbiamo sottoscritto con le leghe per far capire a tutti che questo salto di qualità lo stiamo facendo. Stop alla contrapposizione tra aspetti economici e salute di calciatori e calciatrici. Oggi, finalmente, non si tratta più di una questione sindacale. Lo stare bene della parte apicale del nostro mondo, che crea lo spettacolo migliore, vuol dire preservare anche la parte economica. Oggi il fattore umano è strettamente collegato al fattore economico. Aver sottovalutato il fattore umano ha fatto sottovalutare un altro principio che all’interno dello sport non può mancare, che è quello solidaristico. Le risorse vanno meglio ridistribuite e di questo stiamo parlando con le leghe. L’aver sottovalutato l’aspetto umano del calciatore è andato di pari passo con la sottovalutazione della redistribuzione delle ricchezze, che sarebbe stata fondamentale per avere un calcio più sostenibile oggi. Non possiamo poi pensare esclusivamente al calcio di Serie A e basta, sottovalutando invece tutte le altre leghe che creano passione lungo tutto il territorio. Gli episodi di violenza verbale sui social denota una mancanza cronica di normalità. Riavvicinare il calcio apicale alla passione fa parte di un progetto che deve coinvolgere la base. Siamo una generazione - e parlo della mia - che giocava in strada e aveva l’ambizione di giocare nella squadra di quartiere. Oggi, sia i figli che i genitori, vivono con la prospettiva del “grande calcio”, con l’abbandono che spessissimo avviene in fase adolescenziale. Se non sapremo contrastare questa grande concentrazione di ricchezze, rischiamo di acuire ancor di più queste differenze e di lasciare un mondo peggiore di quel che abbiamo trovato e vissuto“.

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