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Capitan Presente

Capitan PresenteTUTTO mercato WEB
© foto di Alberto Fornasari
sabato 7 maggio 2011, 16:302011
di Alessio Calfapietra

In origine questo intervento avrebbe dovuto incentrarsi sul romanista Daniele De Rossi. Ma dedichiamo l'avvio alle recentissime dichiarazioni di Roberto Mancini, secondo il quale il rendimento appena sufficiente da parte del Manchester City va spiegato in questi termini: "E' molto difficile se non si dispone di una grande lista di giocatori: è impossibile andare avanti nella finale di queste coppe e giocare per il titolo". Affermazioni al limite dell'inverosimile, se rivolte allo sceicco Mansour che la scorsa estate ha acquistato David Silva, Yaya Touré, Jerome Boateng, Aleksandar Kolarov, Mario Balotelli e James Milner per la modica spesa di 97 milioni di sterline. A gennaio poi, siccome i citizens singhiozzavano in avanti, è arrivata la manovra correttiva con Edin Dzeko, l'attaccante piu'ambito e costoso in Europa, come gentile omaggio. Altri 30 milioni, e fanno 127, per un totale di 266 investiti (senza considerare il principesco monte ingaggi) da quando il Manchester City ha cambiato proprietà nell'estate 2009. Un esborso addolcito in minima parte dalle cessioni, indirizzate tra l'altro a giocatori assolutamente ai margini della rosa, come Robinho, Ireland, Santa Cruz, Garrido, Bojinov e Adebayor, considerato un acquisto di prestigio sino ad un anno fa, prestato al Real Madrid come fosse l'ultimo prodotto del viviao locale. Probabilmente Mancini è il primo a rendersi conto della sfrontatezza di quanto ha esternato, specialmente se il suo bottino complessivo si limita ad una qualificazione all'Europa League la scorsa stagione, il probabile accesso ai preliminari di Champions e la prematura eliminazione da qualsiasi competizione cui abbia partecipato. A questo punto la finale di FA Cup della prossima settimana, da disputare contro il modesto Stoke City, da ultima spiaggia per evitare il licenziamento si trasforma in un pretesto per reclamare ancora maggiori esborsi da parte della proprietà. Ma l'ex tecnico dell'Inter sa bene che può rivolgersi ad un pozzo senza fondo che ha l'unico difetto di chiedergli in cambio un effettivo contributo dalla panchina per annullare il divario tecnico dalle big storiche del campionato inglese. Cosa che Mancini, ad oggi, non ha neppure minimamente intrapreso. Del resto lui non chiede mica la luna, ma si limita a pretendere direttamente l'intera volta stellata e una parte considerevole di questa galassia.

Daniele De Rossi, un tempo fra i migliori centrocampisti al mondo, da oltre un anno si è ridotto alla triste e nervosa ombra di se stesso. In questa sede eviteremo con il massimo rispetto di addentrarci nelle delicate questioni personali del giocatore, alcune delle quali oltre i limiti della cronaca nera, e affronteremo soltanto l'aspetto tecnico-economico e la questione ambientale di Roma. Dal 2004 ad oggi, inizio dei tempi di magra per la Roma (in precedenza spendacciona quanto le big) che ha dovuto vendere diversi suoi gioielli per potersi autofinanziare, ogni discorso di mercato nei suoi riguardi è stato orgogliosamente cacciato indietro. Tutti i calciatori virtualmente disponibili per salvare la Lupa capitolina, tranne lui ed ovviamente Francesco Totti, il quale però da anni non ha piu' una valutazione di mercato per evidenti motivi. Adesso la realtà è totalmente cambiata e per la prima volta Daniele De Rossi può effettivamente lasciare la squadra dove è cresciuto e che gli ha permesso di diventare per tutti "Capitan Futuro", colui destinato a raccogliere (non prima del 2014) le insegne di capitano da Totti. Dopo l'ubriacatura dei nomi sparati dai giornali, le prime luci sul nascente progetto americano mostrano un piano di investimenti volto a ridurre i costi di gestione del 20/25%, un vigoroso taglio di forbice al quarto monte ingaggi della serie A che dovrà essere compensato dalla bravura di Walter Sabatini, direttore sportivo in pectore dei giallorossi, nello scovare in giro per il globo talenti a prezzi ridotti che possano diventare i campioni del domani. Ve lo abbiamo anticipato ancora prima che il passaggio di proprietà si concretizzasse: gli americani non sono venuti a Roma a buttare i soldi. Non investiranno un euro in piu' del necessario (altro che Mansour o Abramovich) ed in questo senso la prossima introduzione del fair-play finanziario può considerarsi il motivo principale per la discesa in campo di Dibenedetto e soci, giunti nella capitale per "fare business", come è assolutamente legittimo. Del resto, se la Roma fosse stata lasciata al suo destino, come dimostrano gli ultimi dati sul bilancio societario, sarebbe andata incontro al fallimento perchè, dopo tanti anni passati a ripetere che la mastodontica esposizione debitoria riguardasse unicamente la famiglia Sensi, la Roma stessa ha iniziato a produrre debiti, sempre piu' numerosi e con i quali la nuova proprietà deve per sua sfortuna fare i conti, chiedendo a sua volta un ricco prestito ad Unicredit.

In tale contesto Daniele De Rossi diventa una pedina sacrificabile, perchè ha il contratto in scadenza fra un anno e le cifre richieste per il rinnovo (si parla di sei milioni a stagione) contrastano con il nuovo corso di Trigoria. Vucinic e Menez sono dati costantemente in partenza (Cassetti e Perrotta hanno invece prolungato), a loro deve aggiungersi appunto De Rossi, ma a differenza del passato, quando le cifre della sua cessione erano un puro esercizio teorico e una sorta di gioco del lotto dove si potevano ipotizzare le somme piu' astronomiche, la valutazione del centrocampista non può superare i venti milioni di euro, in ragione della prossima scadenza contrattuale e soprattutto dell'oggettivo deterioramento delle sue prestazioni. "Capitan Futuro", romano e romanista, diventa così Capitan Presente, se anzi volessimo proseguire nelle metafore dovremmo dire Capitan Assente, visto che De Rossi è puntualmente venuto meno ogni volta che la squadra doveva dare il massimo nella sua fortunosa rincorsa alla Champions. Un giocatore sbiadito, scorretto, pronto ad alzare il gomito in campo e farsi espellere in presenza di un arbitro attento, perchè i due rossi rimediati questa stagione (nove complessivi in carriera) dovrebbero essere almeno tre, in considerazione del fallo di mano contro il Bologna incredibilmente lasciato passare. Infine il rapporto con la tifoseria e la città. Il pubblico dell'Olimpico si è spaccato in due, ma anche tra i favorevoli alla permanenza di De Rossi non manca chi considera sopportabile una sua partenza se il ricavato dal trasferimento fosse debitamente reinvestito. De Rossi si è stancato della città, lo ha fatto presente in piu' occasioni, arrivando addirittura a parlare di papponi che girano intorno all'ambiente, una definizione identica a quella rilasciata dall'ex portiere Artur, riserva con Ranieri e appena balzato in finale di Europa League con lo Sporting Braga, e che ben si accompagna all'ultimo sfogo di un esasperato Menez che ha accostato Roma ad una parola che per educazione qui non ripetiamo. De Rossi - ragazzo comunque dolce e disponibile contrariamente all'apparenza - ha manifestato il suo disagio e le sue parole risultano inequivocabili: "Una volta a Roma ero coccolato. Ora evidentemente è cambiato il vento, c'è qualcosa di diverso (...) E le cose migliori su di me le sento oramai fuori da Roma". Lo stesso Montella ha preso le distanze da lui, definendo ingiustificabile l'espulsione subita contro il Bari.

L'esosa richiesta di rinnovo può leggersi anche in un pretesto per lasciare la squadra dopo nove anni di militanza. De Rossi all'estero può rigenerarsi e ritrovarsi, magari allo stesso Manchester City che come ben sappiamo non si tira indietro quando si tratta di offrire ponti d'oro al campione di turno, al Manchester United o al Real Madrid che deve costruire una cerniera adeguata a centrocampo per controbilanciare il peso offensivo. Senza alcuno sgarbo alla Roma ed ai suoi tifosi: nessun amore è eterno e quando questo finisce può capitare che ognuno trovi comunque la propria strada evitando di voltarsi continuamente indietro. Amici come prima e magari nuovamente insieme fra qualche anno, con finalmente indosso la tanto sospirata fascia da capitano.