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La Pulce e la formica

La Pulce e la formica TUTTO mercato WEB
© foto di Alberto Fornasari
martedì 19 ottobre 2010, 00:002010
di Alessio Calfapietra

"Una barzelletta. Non ci crederei nemmeno se lo vedessi firmare". Ernesto Bronzetti, noto operatore di mercato che conosce la Spagna come le sue tasche, ha così definito le voci che negli ultimi giorni hanno avvicinato Leo Messi all'Inter. Gli fa eco lo stesso Massimo Moratti, che in giornata ha parlato di una semplice battuta sottolineata dai giornalisti per un'operazione che si presenterebbe comunque difficilissima. Immaginare Messi lontano da Barcellona sarebbe come pensare - cambiando sport - ai Chicago Bulls di fine anni novanta che si privassero di Michael Jordan. Semplicemente improponibile. Il miglior giocatore del mondo via da uno dei club piu' competitivi sul pianeta, per quale motivo? Non certo economico, i debiti annunciati dal club blaugrana, e sui quali buona parte della stampa ha edificato dei veri e propri castelli in aria, non vanno intesi come un passivo che la proprietà deve ripianare, in ogni caso il sistema bancario è pronto a fornire un generoso aiuto in tal senso. Causa tecnica? Messi è un fondamentale tassello di un ingranaggio perfetto che ha fatto razzia di titoli e vittorie negli ultimi anni. Questioni ambientali? Leo si trova perfettamente a Barcellona, città dove vive da dieci anni, è ben voluto da tutti e verso la società serba un debito di gratitudine che va al di là del dato sportivo. Il Barcellona ha creduto in lui ed ha contribuito in maniera fondamentale alla sua crescita, fornendogli le cure mediche per superare una forma di nanismo. Oggi tutti ammirano Messi, ma all'epoca nemmeno il Como (episodio ormai noto da tempo) di Preziosi ha voluto scommettere un centesimo sul suo futuro sportivo. C'è un solo modo per portare via l'argentino dal Camp Nou, e cioè pagando la clausola rescissoria di 250 milioni di euro, altrimenti occorre sedersi ad un tavolo con i dirigenti e prepararsi a staccare un assegno da almeno cento milioni, visto che un anno fa Ronaldo al Real Madrid ne è costato 94. Si tratta di ipotesi oltre i limiti della fantascienza, ed ogni paragone con la vicenda Ibrahimovic risulta a dir poco improprio. I propalatori di sogni che abbiamo visto all'opera ultimamente ricordano come anche quella operazione all'inizio fosse definita "impossibile". Ma la questione è assolutamente diversa.

Lo svedese aveva rotto con l'allenatore da mesi ed era ormai chiaro che il suo gioco fosse inconciliabile con quello di Guardiola: è bastato al Milan trovare un accordo economico, seppur laborioso e ricco di inventiva, per riportare Ibra in Italia. Si è trattato di estinguere un rapporto mai realmente consolidato in dodici mesi, non certo di separare un giocatore dalla squadra alla quale deve tutto in termini umani e sportivi. Moratti è letteralmente innamorato di Messi, come lo è qualsiasi persona al mondo che segua il calcio, ma l'unico legame della "Pulce" con Milano resterà sempre e soltanto di tipo commerciale. Moratti vorrebbe vedergli indossare un paio di calzoncini nerazzurri, dovrà accontentarsi di vederlo sfilare con i jeans. Di Marca. Se l'accostamento di Messi all'Inter risulta irrealistico, quello al Napoli, puntuale ad ogni pesce d'Aprile e tirato su da non meglio definiti echi del passato, si trasforma in una favola ormai sbiadita. Anche in questo caso ogni riferimento alla vicenda Maradona è totalmente campato in aria. Nel 1984 il Barcellona voleva cedere il suo numero dieci, dopo un paio di stagioni non all'altezza del genio riconosciutogli, ed in quel caso è stato bravissimo Ferlaino nel procurarsi il denaro necessario a sbaragliare la concorrenza. Una cifra record, ma incomparabile con l'esborso che si richiederebbe oggi. La pausa del campionato è servita anche a far riesumare queste voci e bisbiglii che lasciano il tempo che trovano, e ricordano l'antichissima favola della cicala e della formica, con la stampa nelle vesti della cicala a cantare fantasie e sogni irrealizzabili. Chi impersonerebbe la formica? Troppo banale tirare in ballo il buon Giovinco ed il suo soprannome ormai datato, possiamo dire che la parte della formica spetta al pubblico che in buona parte ha assistito con maturità a questo cicaleccio incontrollato e futile. Tutto sommato non è stato nemmeno il male peggiore di queste settimane, visto che abbiamo aspettato quindici giorni per sorbirci uno scialbo pareggio in Irlanda e sei minuti netti a Genova sotto il ricatto degli ultrà serbi. Una nota finale per Mamma Rai: sarebbe opportuno che i telecronisti ed il loro seguito si documentassero su tutti gli aspetti collegati alla gara che devono commentare in diretta nazionale, così eviterebbero di scambiare il saluto cetnico delle tre dita, rivolto da Stankovic e compagni alla parte piu' calda del proprio tifo, per l'indicazione del tre a zero a tavolino che la squadra avrebbe rischiato di subire. Del resto il servizio pubblico e la nazionale di Prandelli non hanno iniziato nel migliore dei modi il loro sodalizio, basti pensare al goal di Cassano oscurato da uno spot...